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■ La Vergine
L’idea di raffigurare Maria Theotokos anche se realizzata abbastanza tardi sulla monetazione bizantina (con l’imperatore Leone VI agli inizi del novecento) diverrà con il tempo una dei temi iconografici più ricorrenti. L’appellativo “Madre di Dio”, sarà utile ricordarlo, era stato solennemente proclamato dai padri conciliari riuniti ad Efeso nell’anno 431 per confutare e condannare gli insegnamenti eretici del patriarca di Costantinopoli Nestorio.
La Vergine orante o Blachernitissa, quella per
intenderci affrescata sul monte Muto a Piedimonte Matese, è uno dei tipi più
usati all’inizio e deriva dall’icona venerata nel monastero di
Blacherne a Costantinopoli. Altri modelli iconografici prendono ispirazione dai
più svariati titoli acclamativi. Permanente è l’invocazione
all’Ausiliatrice, in greco detta Boetheia.
In occidente è, tuttavia, l’Annunciazione il
tema di esordio che partendo dalla Francia si diffonde poi in tutti gli altri
paesi. Vista la corposità della materia, necessariamente occorrerà in questo
caso più che altrove essere concisi. Per il Regno di Napoli ricordiamo,
efficacemente, il Saluto d’oro e d’argento di Carlo I d’Angiò
(1266-1285) con al rovescio l’angelo Gabriele che la riverisce con la
celebre frase Ave Gratia Plena Dominus Tecum.
La plurisecolare lotta contro le tesi riformatrici
delle chiese protestanti e l’insorgenza, poi, del razionalismo ateo
moltiplica nei territori a vocazione cattolica le acclamazioni monetali
all’Immacolata Vergine Deipara. Città e nazioni si pongono sotto il suo
materno presidio. La Sancta Dei Genetrix è regolarmente rappresentata
col Pargoletto in braccio. Nell’esempio qui proposto
(un’appariscente nominale mariano bavarese battuto nel 1643), è detta clipeus
ossia scudo protettivo per tutti coloro che sperano in lei.
In conclusione, ritorniamo per un attimo
all’Immacolata Concezione dogma cattolico relativamente recente, essendo
stato definito e proclamato da Pio IX l’8 dicembre 1854, ma espressione
di fede più antica riscontrabile nella numismatica europea per lo meno dal XV
secolo in incisioni didascaliche richiamanti il famoso versetto del Cantico dei
Cantici (4,7): Tutta bella sei, amica mia, in te nessuna macchia.
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