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MAIURI AMEDEO

COLLI AL VOLTURNO – Resti dell’acquedotto di Venafro e cippi terminali

(In Atti della R. Accademia Nazionale dei Lincei – Notizie degli Scavi di antichità – estratto dal vol. II, Serie VI, fascicoli 10°, 11°e 12°, 1926, pp. 434-437)

 

 

 

L’esistenza di un antico acquedotto a Venafro che dalle sorgenti del Volturno del Monte Rocchetta derivava larga copia di acque alla città, con un percorso non inferiore alle 14 miglia, è solennemente attestata da un editto di Augusto (C.I.L., X, 4842) e da una serie di cippi che, rinvenuti in varie epoche lungo l’acquedotto, stabiliscono la zona di rispetto da lasciare ai lati del cunicolo di derivazione (C.I.L., X, 4843). Nel 1925 l’Ente Autonomo del Volturno, eseguendo delle opere di sbarramento e dei muri di terrazzamento per la formazione di un bacino artificiale di raccolta delle sorgenti, s’imbatté in cospicui avanzi di strutture antiche in parte sotto il livello dell’acqua, in parte visibili fuori acqua. Dalle indagini fatte e per il cortese interessamento dell’ingegnere dei lavori, sig. Bailoni Luigi, poté assodarsi che le natiche strutture costituivano nel tratto subacqueo un grosso muro in opera a sacco parte di andamento rettilineo, parte nel tratto più sopraelevato a monte, in curva (f. fig. 1).

Dal lato SE delle sorgenti, costruendosi un nuovo muro di cinta, sarebbe venuto in luce un grande pozzo antico (B) posto nella linea di prolungamento del tratto di muro antico e infine a circa 50 metri a SE del pozzo B, gli operai si sarebbero imbattuti in un cunicolo d’acquedotto (A) a due metri di profondità dal piano di campagna. Non v’ha dubbio che nelle costruzioni segnalate dal Bailoni e indicate nello schizzo a fig. 1, debbano riconoscersi le opere di derivazione dell’acquedotto venafrano dalle sorgenti del Volturno sotto le balze precipiti del M. della Rocchetta. I tratti di muro antico riconosciuti al piede delle sorgenti corrispondono alla funzione di una vera e propria diga di sbarramento per la derivazione di acqua necessaria all’alimentazione dell’acquedotto[1]; il cosidetto pozzo B non è altro che il caput aquae, bacino di raccoglimento e di deposito di limo e di fango; in A infine si ha il primo tratto iniziale dell’acquedotto sotterraneo (rivus). Nelle sue linee generali il percorso dell’acquedotto nel tratto fra Rocchetta al Volturno e Roccaravindola, si può ricostruire secondo lo schizzo offerto a fig. 2.

Aveva cioè il suo caput aquae al piede della balza a picco di M. della Rocchetta (m 548) presso le sorgenti stesse del Volturno; quindi piegava a SE fino alla Taverna Battiloro con un dislivello di m 150 circa: attraversato il Rivolo di Rocchetta su piloni e arcate di sospensione, di cui restano chiari avanzi, lo specus si immetteva nelle pendici di M. Sordo e successivamente di M. Tuono, Montaquila, M. Anguno, raggiungendo presso la linea ferroviaria della Stazione di Roccaravindola la quota di m 250 e costeggiando sempre, fino a quel punto, il lato destro della strada nazionale che da Forlì del Sannio discende a Venafro. Oltre alle tracce dei piloni che attraversavano il Rivolo di Rocchetta, il cunicolo riappare presso le sponde del Rio Chiaro, sulla pendice di Montaquila, dove è stato messo in luce da una frana, e finalmente in una cava di pietra presso la stazione di Roccaravindola, dove lo speco appare tagliato nel vivo della roccia calcarea.

Ai quattro esemplari già noti di cippi riferentisi alla terminazione dell’area di terreno laterale all’acquedotto (C.I.L., X, 4833), possono ora aggiungersene altri due, nessuno dei quali può essere identificato con quelli raccolti dal Mommsen, per le diverse circostanze di ritrovamento e di ubicazione[2]:

  1. Cippo terminale (alt. m 0,50, largo 0,30, spess. 0,25) attualmente murato in località Taverna Battiloro (comune di Rocchetta al Volturno) sul portone della casa di Natalino Agnese.
  2. Cippo terminale in località Ponterotto di Colli al Volturno, incastrato prima in una maceria di pietrame a secco e attualmente in possesso di tal Spaziano Angelo fu Nicola: una scheggiatura alla lin. 6-7, ha fatto sparire le ultime lettere:

 

1.

 

IVSSV.IMP.CAESARIS

AVGUSTI.CIRCA.EVM

RIVOM.QVI.AQVAE

DVCENDAE.CAVSA

FACTVS.EST.OCTONOS

PED.AGER.DEXTRA

SINISTRAQ.VACVVS

RELICTVS.EST

2.

 

IVSSV.IMP.CAESARIS

AVGUSTI.CIRCA.EVM

RIVOM.QVI.AQVAE

DVCENDAE.CAVSA

FACTVS.EST.OCTONOS

PED.AGER.DEX////////////

SINISTRAQ.VAC//////////

RELICTVS.EST

 

L’identica forma dei cippi e dei caratteri epigrafici, la stessa divisione delle linee e delle lettere mediante punteggiatura, mostrano chiaramente che tutti questi cippi dell’acquedotto venafrano vennero eseguiti in un sol momento e da un unico lapicida. La presenza di due cippi nelle due località vicine a Taverna Battiloro e Ponte Rotto, fa vedere che i cippi terminali dell’acquedotto, anche senza essere collocati ad eguale distanza l’uno dall’altro, dovevano essere piuttosto frequenti lungo il percorso e più frequenti là dove maggiore poteva essere il pericolo di sconfinamento da parte di privati[3].

 

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[1] Vedi un tipo di sbarramento a sezione curva in CAGNAT CHAPOT, Manuel d’arch. rom., p. 92, fig. 45.

[2] Sull’editto venafrano e sui cippi terminali dell’acquedotto v. l’ampio commento del MOMMSEN in Zeitsch. für Gesch. d. Rechtswuiss., XV, p. 291 sgg.

[3] Sulla natura e funzione dei cippi terminali degli acquedotti v. DE RUGGIERO, Dizionario, a v. Aquaeductus, p. 542 sg.