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Vairano Patenora

 

Badia della Ferrara

 

(testo tratto da Guido Di Muccio, Storia di Vairano Patenora, 1990, pp. 142-146)

 

 

Sappiamo che essa fu costruita verso il 1171 nella località Ferrara a nord di Vairano sulle falde della collina Castellone ove si trova il bosco comunale Verdesca. Oggi percorrendo la strada provinciale che da Vairano va verso il vicino Comune di Ailano, a circa 2 km da Vairano si incontra a destra una strada inghiaiata, che porta alla diga costruita nel 1961 sul fiume Volturno. A circa 1km su questa seconda strada si diparte un viottolo che porta proprio davanti all’antica Badia della Ferrara. Attualmente di tale Badia restano solo poche mura ed una piccola cappella, nella quale si trova miracolosamente conservato un affresco del 1200, relativo alla morte del frate Magerio Sorello, di cui parleremo.

Se ci rechiamo a visitare i resti di tale Badia, abbiamo subito l’impressione che tale cenobio dovesse essere importante.

A sinistra di chi entra vi era la chiesa principale della Badia, la quale doveva essere a tre navate, di cui una centrale più larga e due laterali divise da quella centrale da due colonnati. In fondo vi era una cupola a semicerchio chiusa in alto da una volta che esiste ancora, ma ricoperta dall’edera che tra i suoi robusti rami lascia intravedere una campanella che può essere suonata tirando la corda che scende nell’edera fino al suolo. Abbiamo detto viene ancora suonata, ma ci riferiamo al 1960, ultimo anno in cui ricordiamo di aver ammirato quei ruderi, intorno ai quali il lunedì in albis la gente di Vairano si riuniva prima a sentire la santa Messa e poi per festeggiare la pasquetta con lauti pranzi sull’erba della primavera. La messa si poteva ancora celebrare in una piccola cappella attigua alla chiesa.

Ora la cappella è interdetta. In fondo a sinistra di tale chiesa principale si trova una piccola cappella, che forse doveva essere la sagrestia della chiesa stessa. In questa cappellina vi è un altarino di legno. A destra di chi entra in questa cappellina, sotto ad un arco ricavato nel muro vi è il famoso affresco del 1200.

Sul fianco destro della chiesa si ergeva maestosa la Badia vera e propria ossia i locali nei quali vivevano i frati.

La pianta della Badia doveva essere di forma quadrilaterale con un cortile all’intorno. Sui quattro lati del cortile vi erano le colonne che sorreggevano una specie di corridoio al primo piano, dal quale corridoio si accedeva alle varie celle dei frati. Al piano terreno vi erano i vani sottostanti al primo piano che forse erano adibiti ai servizi della comunità religiosa (locali di riunione dei frati, cucina, refettorio, magazzini ecc.).

Ad oriente del fabbricato si trova ancora una fontana, le cui acque sgorgano dalla montagna soprastante. Tali acque, dopo essere state raccolte in una vasca, venivano convogliate in un canaletto fino al convento stesso, ove erano raccolte in una cisterna, da cui venivano diramate nei vari locali. Esiste ancora la sorgente, la vasca di raccolta, il canale che porta al convento ed è ancora visibile ala cisterna di raccolta.

Da tutto ciò che resta ancora nella antica Badia si deva arguire che il corpo di fabbrica era imponente e doveva ospitare forse una cinquantina di frati. La Badia della Ferrara di Vairano era uno dei conventi più belli dell’ordine dei Cistercensi, fondato dal monaco Giovanni De Ferrari su un fondo donatogli da Riccardo, Conte di Sangro, sopra un’amena collina a poca distanza dal Volturno. Aveva una chiesa grande con numerosi altari ed un campanile con tre campane. Ebbe periodi di grandezza e di splendore e sin dai primi anni fu arricchita da concessioni e dotazioni regali e papali. Nel 1189 appena dieci anni dopo la sua erezione il Re normanno Guglielmo II dotò la Badia della Ferrara di tutto il vasto e fertile territorio dell’agro vairanese detto Starza di Corigliano. Nel 1201 il Papa Innocenzo III confermò alla stessa Badia non solo i territori vairanesi, ma anche quelli posseduti altrove. Federico II di Svevia in un diploma del 1222 confermò alla Badia i possedimenti di Corigliano, di Pantanella e Particella e tali possessi furono sempre riconosciuti e rispettati durante i secoli dai Baroni di Vairano e dai Re di Napoli.

 

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