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Presentazione

 

Ho accettato con gradimento il desiderio dell’amico Preside Gino di accompagnare con una introduzione la rilettura che egli fa del personaggio, del cui nome si fregia la Scuola, la quale ha sentito sua e regge da un quindicennio, spendendovi piena e convinta dedizione.

Egli, di buon senso, anche se con qualche rimpianto, ha deciso di cogliere la maturazione degli anni del riposo, per lasciare ad altri la continuazione dell’ininterrotto fine e stimolo della scuola alla formazione del comportamento e all’arricchimento culturale delle giovani generazioni, che si succedono senza sosta, per i tempi nuovi, che, spinti dal sempre più rapido progresso scientifico, mutano rapidissimamente, rispetto al secolare lento processo di quelli numerosi trascorsi.

E, di sé, alla Scuola, con i docenti, gli alunni e i cittadini, il Preside vuole lasciare a ricordo non peregrino, ma, a continuazione ideale della sua attività, un saggio di riflessioni tratte ripercorrendo la complessa vita dell’uomo e del prete e del professore, il cui nome è sulla bocca di tutti:  -Vado a la Vitale, Ci vedremo a la Vitale, E’ successo vicino a la scuola de la Vitale- .

E Giacomo Vitale è il “modello”, non un modello qualsiasi, ma quello che il Preside Gino, pur non avendolo conosciuto, ha avuto modo di apprezzare da come viene raccontato e rivissuto da suoi ex alunni, e dagli insegnamenti che si colgono dai suoi scritti, lezioni da avere presenti nella quotidianità della delicata opera di docenza, in tempi tristi di deriva educativa presentata dai media invasivi e, di frequente, eversori con ogni sorta di immagini e riprese di vite esasperate e diseducative, senza tenere conto della sensibilità dei giovanissimi, che, spesso, solitari, se ne avvelenano inconsapevolmente.

Riparlare di Giacomo Vitale è sempre e comunque intento meditato, finalizzato alla Scuola, per fare buona scuola. Accettiamo e lodiamo perciò di buon grado l’impegno e la generosità che il preside prof. Gino vi ha profuso.

Che Giacomo Vitale sia stato visto come modello di vita, di studio e di docente viene da lontano.

E la premessa è che non è senza significato, nel tempo, l’interesse di alunni ormai maturi, di ricordare, narrare, e scrivere ricordi anche di vita dei loro docenti, ma, bene inteso, di quelli che lasciano segno di vasta cultura e di slancio passionale, nel senso di piena disponibilità, propensione e inclinazione dominanti ad improntare di sé la propria personalità e professionalità, e che hanno cooperato alla formazione del carattere degli allievi, nonché al loro arricchimento culturale ampio e

specifico, tale da servire all’itinerario degli studi successivi, particolarmente di quelli universitari, di qualsiasi facoltà.

Di Don Giacomo  -il prete e il professore-,  presto, a battesimo del periodico studentesco LUDUS, compare di Aldo Nobile, come il cuore gli detta, il primo vivo e partecipato pro memoria, nel senso lessicale di ricordare a sé o ad altri quanto, per non dimenticare, si deve e si può fare o dire, di vero e di meglio, d’una persona o d’un avvenimento.

Due anni dopo è il titolo temporale della pagina del post-diario, nella quale il giovane Aldo, diciottenne della terza liceale, fa rivivere per sé, per i compagni e per i lettori la forte individualità del Professore, che in classe ammalia gli allievi con la lettura dei classici, dell’uomo prete che è vicino alla gente e si fa elemosiniere per l’Ospedale A.G.P. a lui affidato dai primi mesi del 1944, tempo ancora turbinoso di guerra e di feriti, e di quando, infermo, fa giungere a noi l’eco dello straziante lamento dei giorni estremi, che egli e i compagni odono di Lui, quando, per andare alla Cappella ad assistere alla messa mattutina e a recitare le preghiere vespertine, in punta di piedi, passano davanti alla sua stanza, perennemente in disordine e porta semiaperta, e sbirciano a vederlo, circondato e quasi sommerso dai libri a mucchi.

Dell’editoriale della prima pagina del periodico dell’anno I° n. 1, domenica 3 aprile 1949, tale la sintesi che Aldo, come d’un esperto columnist, fa della vita del Professore, grande di cuore e di mente. Il quale s’è dedicato, fino alla fine, con la parola, scarsamente con gli scritti, novello Socrate, si licet magna componere parvis, alla formazione di generazioni di giovani. Egli, per le sue lezioni nelle aule, sceglie di leggere e commentare pagine significative e intere opere di grandi autori, per il fine di dare cultura ed istruzione; nella cappella della Madonna delle Grazie, capta l’attenzione e accende il cuore dei fedeli con le non lunghe conversazioni, sempre e solamente alla luce dei Vangeli di Gesù, rinnovando con passione il vigore della parola del Maestro agli apostoli e alle folle; chiude l’incontro serale con la corale commovente recitazione della sua preghiera alla Madre delle Grazie, da lui  -non possibile tale di altri-  composta in un momento di bisogno assoluto di grazia, come, analizzandola, ho potuto trarre col ricordo vivo delle sue letture e commenti in classe, per un triennio. Quella preghiera non manca nel saggio di vita e di pensiero del Professore che il Preside ha voluto ripercorrere.

Ma già primo a leggere il carattere del Professore, a sentirne il fascino della personalità nelle frequenti conversazioni e a vederlo figura ideale di forte ispirazione a incarnare i valori della cultura, della fede e della sofferenza umana, è stato Gaetano Bocchetti, altro grande nella sua arte pittorica. Della quale possiamo godere con la vista appuntata alle animate composizioni, sulle volte delle cupole, delle navate e sugli spazi parietali di chiese della Città e della Diocesi.

La riproduzione grafica del Professore in un affresco sulla volta della Collegiata cittadina A.G.P. e il ritratto a carboncino del suo volto tutto assorto e meditativo, che si può ammirare nell’ufficio del capo d’istituto, operati dal sensibilissimo pittore, sono scelta e dono a Lui, che ha ben conosciuto, ripeto, nell’anima, nel pensiero e nel fisico debole, al Seminario, dove egli coabita per tutto il tempo del suo impegno stretto col Vescovo Luigi Noviello di affrescare i due massimi templi cittadini, la cattedrale di Alife e, a richiesta, cappelle in qualche altra chiesa parrocchiale.

Mentre scrivo, nel cortile del Seminario di quel tempo, quante aiuole tante piante d’aranci, rivedo l’ospite Gaetano presso la vasca circolare che lo decora, ciarliera per lo zampillio luminoso a cascata sullo specchio d’acqua tremolante, un piede sul bordo e gli occhi fissi ai colori riflessi dai raggi solari, e Don Giacomo che vi sta seduto, il capo reclinato sul petto.

Sono là intenti ad amichevole dotto conversare. Non rara quella sorta d’incontro, raramente accennata anche a noi, nell’aula, per una lezione di estetica.

Erano gli anni Novecentotrenta dei miei anni di severi studi ginnasiali di seminarista.

Al cenno dei primi non effimeri segni di riconoscimento al merito esemplare di vita e di docenza innovativa del prof. Don Giacomo, si aggiungono l’intestazione a Lui della Scuola Media di nuova costruzione e un busto in bronzo su colonna nel famedio della villa comunale. Sono riconoscimenti

di doverosa e rispettosa memoria suggeriti dal Direttivo della Associazione Storica del Medio Volturno, su proposta del Presidente e primo attento biografo del Professore, lo storico prof. Dante Bruno Marrocco, scomparso recentemente, meritevole anch’egli degli stessi riconoscimenti.

La biblioteca della Scuola certamente avrà qualche copia in più della biografia da lui dedicatagli, per approfondirne la conoscenza.

La prima commemorazione promossa dalla Scuola, che si propone con il nome “Vitale” quale arra di compostezza e di buon servizio, è caduta nel cinquantenario della morte, 1997.

Con quella, il Preside Gino Tino e il Collegio dei docenti hanno voluto ricordare ed onorare la spiccata personalità del Professore, ispiratore di ottima didattica per buona scuola, con la promozione d’un quaderno a più voci  -non manca quella di Dante Marrocco-  nel quale fare rivivere la sua poliedrica figura di sacerdote, docente, letterato, sociologo, che non parla delle teorie a lui note, ma le rielabora nell’azione, come nelle ore di insegnamento, nei sermoni e nelle conferenze.

La rievocazione del professore Vitale, per quel che più conta, in ogni occasione, anche in quest’ultima che ha deciso il preside Gino a commiato dalla Scuola nelle sue componenti, vale a ribadire di Lui l’esempio di retto comportamento per tutti, di incitamento ai docenti di buon insegnamento per il migliore apprendimento degli allievi e di sollecitazione con l’esempio a sapere e a scoprire altro, che si apprende, giorno dopo giorno, non tanto dallo schermo d’un televisore, quanto dai libri sulle cui pagine si può riflettere, sottolineare e annotare, o di rigoderne altre già lette per studio o per piacere.

Di libri per nutrire la sua mente, ne aveva la stanza stracolma il Professore; alcuni me li portava a sfogliare: allora, dalle tipografie dove si componevano con i caratteri mobili di stampa, i bordi restavano intonsi.

Il Professore non avrebbe lasciato il libro chiuso, per incantarsi allo schermo, che non conobbe.

E Giacomo Vitale, docente eccellente che impartisce lezione non improvvisata né frammentata, non abitudinaria né priva di comunicazione animata e partecipata, con linguaggio che tutti intendono, è esempio che si impone a stimolare ciascun insegnante a ritrovare la via del “fare scuola”, via lungo la quale l’erba non è più verde: si ricopre di rovi e di fossi.

Che i docenti, nel tempo presente, non si sentano stimolati nel loro delicato insostituibile lavoro tanto quanto quello del tempo che fu, non è una constatazione recente: ne facevo relazione al Ministero, anche se molto probabilmente alcuno mai l’ha letta, già oltre trent’anni fa, sottolineando che i docenti avvertivano sensi di frustrazione. Oggi? L’insoddisfazione è maggiore, forse per i tentativi di innovazione che non innovano e di programmi che si assottigliano paurosamente, oltre che per la scarsa attenzione, anche remunerativa, per la funzione docente. Si rileggano e si pongano a confronto i programmi del ministro Giovanni Gentile con quelli dei riformatori d’oggi. Da quelli, in tempi di libertà negata e di indottrinamento imposto, c’era pure modo di evadere, per perseguire una formazione di ideali da perseguire con la scelta di autori da leggere e da studiare, che divenivano patrimonio culturale che accompagnava poi la vita e la rendeva degna di essere vissuta in una riconquistata libertà.

Gli scrittori del Risorgimento, esemplarmente, avevano lasciato ricca eredità di pagine sulle libertà da recuperare e difendere e codificare. Ad inculcare l’amore del vero, del bello e della libertà di parola e di espressione, contemporaneamente perseguendo insieme l’obbiettivo di fare apprendere il buono ed efficace uso della lingua, il nostro Professore Vitale, pretendeva un diario giornaliero a tema libero, anche per dire peste e corna dei professori e dei superiori, se non bene li sentivano nel rispetto che gli si doveva.

L’ho compreso dopo, quando ho letto che altri professori di licei statali, in quei tempi, sceglievamo

particolari pagine anche di classici latini e greci per soffermarsi sulle idee e sugli episodi utili messaggi a formare l’uomo- cittadino libero, per uno Stato libero.

Ma l’educazione del carattere e la formazione culturale e sociale del civis inizia e si sviluppa per tutto il percorso scolastico. Il quale può essere ben guidato solamente da docenti interessati, gelosi della loro personalità e professionalità, e di animo generoso.

Simbolo e modello per tutti, che si rinnova, è Giacomo Vitale: buon prete pei fedeli, ottimo docente per suoi alunni, cittadino difensore dei suoi diritti, pronto ai suoi doveri, sensibile all’assistenza e alla difesa dei deboli, affamato di cultura; molto per gli altri, poco per sé.

A noi conviene averlo presente come modello del suo metodo di insegnamento del meglio per una buona nostra scuola, in un tempo nel quale, a mio sentire, tutta la Scuola, da quella della prima infanzia alla universitaria e agli istituti di ricerca, sembra essere una nave che si trovi a traghettare per un fiume di acque non tranquille, guidata da nocchieri inesperti.

L’augurio di non lontano rapido miglioramento, nel nome di Giacomo Vitale.

 

Domenico Loffreda

 

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