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La Storia (del
Sannio)
¾ I SANNITI
(Brano tratto da Domenico
Caiazza, Archeologia e storia antica
del mandamento di Pietramelara e del Monte Maggiore, I Preistoria ed età
sannitica, 1986, pp. 98-100)
“... I Sanniti
appartenevano al ceppo delle popolazioni indoeuropee calate in Italia (prima
del X secolo a.C.). Particolarmente affini ai Sabini ed ai Lucani, ed ancor più
agli Oschi, occupavano la vasta area dell’Appennino Meridionale gravitando sui
versanti tirrenico ed adriatico.
L’aspro ambiente in cui
vivevano li condizionò alla vita seminomade di pastori e ne forgiò le
caratteristiche di popolo rude e guerriero, orgoglioso e tenace difensore della
propria libertà.
Occorre però evitare il
luogo comune, frutto della partigiana storiografia romana, che essi fossero
solo dei grezzi montanari, incolti, retrogradi e bellicosi.
Cicerone nel Cato Maior ricorda un dialogo in Taranto
tra Platone, Archita e il sannita Ponzio Erennio, padre del vincitore delle Forche
Caudine e ciò costituisce un chiaro indizio del ragguardevole livello culturale
delle classi egemoni del Sannio.
Ampliavano il loro
territorio, anche a rimedio dell’incremento demografico, con migrazioni delle
nuove generazioni (dette ver sacrum o
Primavere Sacre) consacrate ad una divinità e guidate da un animale totemico.
In seguito divennero
famosi soldati mercenari, e non dovettero essere alieni dal vivere di scorrerie
e guerre, anche se le fonti antiche non sono certo imparziali nel definirli belligerum genus.
Non conobbero l’istituto
monarchico e persino nel momento in cui raggiunsero la maggiore potenza e la
massima aggregazione politica (IV sec. a.C.) essi non costituirono mai una
compagine unitaria, ma piuttosto uno stato federale organizzato sull’unione
delle minori strutture politiche (tribù e città) che obbedivano a un magistrato
supremo chiamato meddis o meddix.
Quando erano ancora
nomadi e dunque non avevano ancora un territorio “nazionale” erano organizzati
in touta sinonimo di assemblea o popolo
e «gli uomini facevano lo stato dovunque si trovassero». Occupate sedi stabili
il territorio che, con la popolazione entrò a costituire lo Stato, fu con
questo identificato nella trifu. È lo
stesso che pagus e cioè un piccolo
territorio sovrano con la popolazione relativa.
Ogni tribù era divisa,
pare, in due classi principali: i giovani (i soldati) e gli anziani (con pieni
diritti politici) mentre probabilmente
l’organizzazione interna, militare ed amministrativa, doveva poggiare su una
ripartizione in decuvie, gruppi di
dieci persone. Unità fondamentale della società era la familia del tipo di quella romana.
La forma repubblicana
dello stato prevedeva che il potere del popolo fosse esercitato dal meddix (= iudex, pretor), magistrato annuale, capo politico, giudiziario,
militare, da cui prendeva nome l’anno.
Ve ne erano due come i
consoli, ma forse con diverso grado, mentre il comando militare unitario in
guerra dell’esercito, formato dagli armati delle varie tribù, competeva al meddix touticus o federale. Vi erano
inoltre funzioni di keenstur,
(censore, incaricato di verificare le condizioni economiche ed i
diritti-doveri, civili e militari, dei cittadini), ed altresì i kuaisstur, (quaestores) magistrati addetti alle finanze, e gli aidíl (aediles).
Avevano un Senato, un
assemblea popolare (kùmbennio, kumparakio),
delle particolari associazioni di giovani le verehias che costituivano forse anche la cavalleria. Un’area
apposita per le assemblee era forse a Trebula,
ed uno spiazzo apicale è in quasi tutti i centri fortificati.
Poco sappiamo del diritto
privato: in zona osca vi erano giudizi arbitrali, era ammessa la prova per
testi, esisteva l’istituto testamentario.
Veneravano Ercole, Giove,
Marte e alcune divinità femminili, cui dedicavano santuari, spesso isolati
nelle campagne, cui convergeva la devozione di più tribù. Dedicavano al culto
della Dea Mefite le sorgenti, specie di acque solfuree e minerali...”