Luigi Di Cosmo
ANTICHE
FAENZERE DA S. LORENZELLO
(in Annuario ASMV 1997, pp. 61-75)
La ceramica
della valle del Titerno, nota generalmente come cerretese, prodotta agli inizi
del XVIII sec. sia a Cerreto Sannita che a S. Lorenzello, e, successivamente,
in prevalenza nell’area laurentina, è ben nota per le sue peculiari
caratteristiche stilistiche, ormai ben evidenziate da noti studiosi tra cui il
Donatone,[1]
il Vigliotti[2] ed il
Tergolina-Gislanzoni-Brasco.[3]
Dalla ricerca sul territorio sono riuscito, in questi ultimi anni, a
raccogliere scarti provenienti da due fornaci, di cui una andata completamente
distrutta, site nel territorio di S. Lorenzello.[4]
Per la prima volta si è avuta la conferma diretta di alcuni motivi decorativi
attribuiti all’area cerretese, mentre di altri, inediti, siamo venuti a
conoscenza. Tale lavoro ha, inoltre, portato ad effettuare il rilievo delle
“faenzere”, termine con cui sono indicate le fornaci locali. Esse sono ormai
tutte abbandonate tranne una, che è in funzione saltuariamente, e rappresentano
un patrimonio da tutelare ad ogni costo a testimonianza dell’arte minore più
importante del Sannio. In questa nota si presentano le caratteristiche
essenziali di ciascuna “faenzera” con considerazioni, ove possibili, sul
materiale prodotto.
1)
Fornace in località Faenzera-S. Donato
Sita al margine
del banco tufaceo che delimita l’alvo del Titerno ed in prossimità del torrente
Cervillo, fa parte di un edificio costruito in funzione dell’attività figulina.
L’intero complesso si presenta in pessimo stato di conservazione sia per la
vegetazione che lo ricopre in alcune parti che per la precaria stabilità delle
volte. La fornace è, al momento, la parte meglio conservata dell’edificio. Essa
è data da due ambienti rettangolari posti l’uno sull’altro ed aventi una
cubatura quasi identica. In basso c’è la camera di combustione o focolaio. Sita
praticamente sotto il piano di calpestio, vi si accedeva con degli scalini. La
bocca del focolaio o porta di ingresso è larga 40 cm. ed è realizzata con
mattoni nella parte interna e con pietre all’esterno. La camera di combustione
è separata da quella superiore, di cottura, da un piano di cottura o graticola,
che presenta varie aperture per far passare il calore ed il fumo. Questi fori
sono di dimensione variabile ma quasi sempre rettangolari (cm. 15x18; cm.
15x20) e distano tra loro di circa 30 o 40 cm. Una fila di essi è disposta ai
due lati della camera di cottura. Questa, realizzata in tufelli, misura
all’interno m. 2x1,45, con un’altezza di m. 1,75. L’ingresso, largo cm. 65, è
alto m. 1,60 e termina ad arco. Quattro finestrelle di circa 20x20 cm. sono
presenti sul lato interno della fornace, mentre tre fori per lato, posti
all’inizio della volta a botte, sbucano in un ambiente superiore, caratterizzato
da una apertura dal lato interno di cm. 75x160. Tale apertura, che va da sopra
la camera di cottura alla volta a botte dell’edificio, lascia ipotizzare che
fosse utilizzata per immettere legna da essiccare.
Tra il
materiale rinvenuto in loco sono presenti prevalentemente forme aperte con
motivi a festoni sulle tese. I colori sono generalmente il giallo, l’arancione,
il bruno, il verde ed il blu. Alcuni di questi motivi sono già noti a Cerreto e
sono rinvenuti anche in sterri nel centro storico di S. Angelo d’Alife, a
dimostrazione della diffusione di questa ceramica in tutta l’area interna della
Campania.
2)Fornace
Di Lucrezia in via N. Giustiniani.
Nel centro
storico, all’inizio del pendio che porta alla parte alta del paese, è posta
questa fornace che probabilmente operò per breve tempo. Realizzata solo negli
anni 40-50, è ricavata in una abitazione privata. Di anomalo in effetti c’è la
scala sita accanto ad essa e che porta al piano superiore, la presenza di due
camini per il fumo posti nella seconda camera di cottura, realizzati come
quelli dei comuni focolai, partentisi dalla base e non dalla volta, ed uno
strato di intonaco che riveste le pareti di questa. La camera di combustione,
sita al di sotto del piano di calpestio, è attualmente non visibile in quanto
l’accesso è stato murato. La camera di cottura presenta un muro perimetrale di
70 cm. ed una porta di ingresso di cm. 62x190, ad arco appena accennato. Essa
misura all’interno cm. 210x172 ed è alta cm. 190 al centro della volta a botte.
Sul lato destro due fori di 15x17 cm. si portano ad una grotta ricavata nel
banco tufaceo. La griglia o graticola presenta 14 fori di cm. 10x10 o 11x12.
Nella volta sono distribuiti vari fori a formare un’altra griglia. Si ha quindi
una seconda camera di cottura a cui si accede dalla scala laterale e che
presenta una porta di ingresso di 86x138 cm. La camera misura 215x210 cm. ed è
alta 200 cm. I fori del piano di cottura sono della grandezza di quelli della
prima camera ma distribuiti in modo non del tutto simile. Dalla base di questa
seconda camera partono due camini che si portano al piano superiore
dell’abitazione.
3)
Faenzera di via Giustiniani (bottega del 1775)
Tale fornace è
di eccezionale importanza per l’ottimo stato di conservazione. La camera di
combustione è seminterrata. Si accede alla bocca del forno che misura cm.
85x130 scendendo per alcuni scalini. Costruita direttamente sul banco tufaceo,
presenta una volta molto irregolare. La camera di cottura, alta circa 180 cm.
presenta una porta di ingresso di cm. 62x160 ed uno spioncino di 15x20 cm.
Elemento interessante è la presenza di una seconda camera di cottura, al di
sopra di essa, alta circa 180 cm. e con porta di ingresso di 60x140 cm. Tra le
due camere sono presenti quattro corsie-guida in cui veniva immessa della legna
per aumentare la temperatura nella seconda camera. Il camino è all’esterno
della fornace, in alto, ove affluiva il fumo che usciva dalla camera di
combustione e che si raccoglieva nell’ambiente. La seconda camera di cottura
termina alla volta a botte dell’intero ambiente in cui è posta la fornace. Al
piano superiore probabilmente era un’ulteriore camera con camino.
Per quanto
riguarda il materiale prodotto da questa fornace si rimanda alla ricerca
citata.[5]
Si ricorda che i motivi decorativi sulle forme chiuse possono essere suddivisi
in due gruppi. L’uno, più elaborato, è dato da putti alati tra vegetazione o da
fiori sormontanti motivi fitomorfi, e, l’altro, sinora inedito, che è tipico
per i fiori resi con circonferenze concentriche e pochi tratti di colore. Le
forme aperte, in genere piatti, presentano motivi decorativi fitomorfi già noti
oppure circonferenze policrome con reticolo in bruno. I colori sono il blu, il
giallo, l’arancione, il bruno manganese ed il verde ramina. Nel materiale fu
rinvenuta anche una moneta del 1613 che attesta la sicura presenza
dell’edificio all’epoca. La mancanza di materiale fittile seicentesco, almeno
per ora, conferma che la data d’inizio dell’attività è quella della riggiola,
decorata in bruno e posta all’ingresso della bottega, datata al 1775. L’area
era nel Settecento denominata “Abbascio a la Terra”o “Piè della Terra”ed era
nota per la presenza della bottega di Anastasio Festa,[6]
costituita da sei stanze con fornace e da altre due stanze ,poste accanto,
affittate a Simone Giustiniano,[7]
come si rileva dal catasto onciario del 1754. La bottega di cui trattiamo
dovrebbe essere quindi stata aperta il 4/1/1775 come ricordato dalla riggiola
suddetta, constatato anche l’assenza di citazione nel catasto.
4) Resti di fornace in località S. Donato
In seguito a
lavori di ampliamento della piazza antistante la Chiesa di S. Donato, vennero
alla luce nel luglio 1989 resti di una fornace. Si trattava dell’ingresso ad
una camera di cottura dalle misure di circa 75x175 cm., realizzata anch’essa in
tufelli locali, ben squadrati, disposti radialmente nella volta. L’interno
della costruzione era completamente ripieno di scarti di fornace. Purtroppo
attualmente tali resti non sono più visibili in quanto indovati nel muro di
sostruzione realizzato per contenere il terreno a monte della piazza. Per il
materiale rinvenuto si rinvia a quanto già da me pubblicato.[8]
Si ricorda in questa sede che nel materiale furono rinvenute molte caselle
cilindriche, alte, con fori in cui erano posti dei chiodi o coni di argilla per
sorreggere i piatti, frammenti di forme aperte smaltate, decorate ma non
sottoposte alla seconda cottura, e frammenti di piatti con decorazione
fitomorfa che ricorda quella presente nel lavabo della sacrestia della vicina
chiesetta di S. Donato. Interessante è stato sottoporre a seconda cottura i
frammenti ancora non cotti mettendo in evidenza un motivo zoomorfo su fondo di
piatto ed uno a linee ondulate in bruno tra fasce in arancio e verde su tesa...
[1] G. DONATONE, La ceramica di Cerreto Sannita, Benevento, 1968;
IDEM, Maiolica popolare campana, Cava dei Tirreni, 1976.
[2] N. VIGLIOTTI, I Giustiniano e la ceramica cerretese, Telese, 1991;
IDEM, S. Lorenzello e la valle del Titerno, Napoli, 1984;
[3] U. TERGOLINA-GISLANZONI-BRASCO, I vasi da farmacia di Cerreto Sannita, in “Faenza”, LIV, 1968.
[4] L. DI COSMO, Scarti di fornaci settecentesche di S. Lorenzello, Piedimonte Matese, 1990, p. 7 e sg.
[5] L. DI COSMO. Scarti di fornaci settecentesche di S. Lorenzello, Piedimonte Matese, 1990, p. 7 e sg.
[6] CATASTO ONCIARIO di S. Lorenzello, 1754, n. 19, Archivio di Stato, Napoli.
[7] CATASTO ONCIARIO, cit., n. 212.
[8] L. DI COSMO, cit., p. 15 e sg.