Lavorazione dei vimini ( Raviscanina )
(tratto da M.
Nassa, Rilevazione del patrimonio culturale: l’artigianato, 1989)
Elemento indispensabile per ottenere tale produzione
è il vimine (detto localmente vinciu, credo dal latino vincio =
io lego) virgulto novello di varie specie vegetali le quali è bene conoscere
per poter meglio apprezzare il prodotto finito.
Il vincio migliore è quello prelevato dai
salici e particolarmente dal Salix viminalis capitozzato, tagliato cioè
all’altezza desiderata, in modo che emetta i preziosi polloni. Dette piante o vesche,
l’insieme delle quali è detto vincere, crescono principalmente lungo il
corso del fiume ed è lì quindi che avviene la prima operazione di questa
meravigliosa “catena di montaggio” che dalla raccolta della materia prima,
attraverso varie e ben distinte fasi di cui si parlerà in seguito, porta alla
composizione dei più svariati modelli di quest’arte antica.
Ugualmente importanti, ma usati in massima parte
come legamenti nella potatura delle viti, sono i vimini che si ricavano dalle
varietà di Salix alba, meno apprezzati ma altrettanto importanti sono
quelli che ci provengono dall’olmo (Ulmus campester), dal ligustro (Ligustrum
vulgare) dalla sanguinella (Cornus sanguinea), dal nocciolo (Corylus
avellana), dall’acero (Acer campester), dal maggiociondolo, (Laburnum
anagroides), dall’orniello (Fraxinus ornus), dall’olivo (Olea
europaea), dalle ginestre (Spartium junceum e Sarotamnus
scoparius) e da quant’altro ancora di flessibile e giunchiforme la natura
mette a disposizione…
Per gli oggetti di uso
domestico e per quelli destinati come contenitori nella raccolta delle ulive,
delle ghiande etc., vengono intrecciati vimini in alcun modo trattati; invece,
per i lavori pregiati, una volta raccolti e affastellati, i vimini vengono
trasportati in paese dove vengono mondati e sottoposti a scortecciamento. Tutto
il vicinato è coinvolto in quest’opera di pulizzìa e scurzatùra e gli
strumenti impiegati sono ‘u curtiégliu e la scròcca, e cioè il
coltello e la scorzatrice, arnese di legno tradizionale predisposto a tale uso.
Tolta la corteccia i vimini vengono selezionati in base alla lunghezza, alla
qualità e all’impiego a cui sono destinati; si espongono quindi al sole per
essiccarli e riuniti, naturalmente per categorie omogenee, si conservano per
l’uso futuro.
Siamo giunti alla fase della lavorazione e i vimini
che, presumibilmente, basteranno per realizzare il lavoro giornaliero, se
méttunu a spugnà, vengono cioè reidratati in modo che diventino duttili
come se fossero appena recisi.
Arrivati a questo punto, per dirla in modo
scherzoso, ci manca ‘u funnu e chéllu attuornu,proverbio locale che
ammonisce sul fatto che nulla di artisticamente visibile è sotto i nostri
occhi, perché deficita di quelle caratteristiche proprie che fanno l’oggetto
tale: la base e l’intreccio che gli dà forma.
Pazienza dunque e ancora lavoro affinché dalle mani
degli esperti canestrari vengano alla luce mirabili cesti, cestini, panieri,
formelle per il pane, graticci etc.