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QUADERNI DI CULTURA DEL MUSEO ALIFANO

(n. 3)

 

 

DANTE MARROCCO

 

 

 

IL TITOLO DI CITTA’

A

PIEDIMONTE D'ALIFE

 

 

 

Piedimonte d'Alife

Tip. Alberto Grillo e Figli

1951

 


 

Segno indicatore dell'importanza economica raggiunta da Piedimonte d'Alife nel '700 fu la sua elevazione a città.

Il 23 dicembre 1730, Carlo VI S. R. Imperatore germanico e, fra l'altro - per effetto della guerra di Successione di Spagna -, Re delle Due Sicilie, concedeva questo "titolo onore e dignità", alla terra di Piedimonte.

Perché il cesareo Sovrano si occupava di un non grande borgo? Quali vantaggi reali dava il titolo al paese?

Sta qui la ragione di questo mio breve studio.


Anzitutto dirò che storici locali hanno già parlato del diploma, ma senza vederlo. Ritrovato nel 1916, veniva gentilmente donato al Museo Alifano di Piedimonte dalla Duchessa di Laurenzana, Antonietta Compagna - Gaetani.

Occorre notare che è duplicato.

Il documento, dirò, imperiale, è composto di sedici pagine pergamenate unite da un nastro di seta gialla; è scritto in un corsivo chiarissimo; ha sulla prima pagina il sigillo personale dell'Imperatore, e alla quindicesima la sua firma autografa: "Yo el Rey". Più in basso sono firme di Ministri e di funzionari.

Si aggiunge a questo il secondo documento, vicereale. È formato da dodici pagine pergamenate racchiuse in una copertina.

Il viceré austriaco del Regno di Napoli, Conte Luigi Tommaso de Harrach firma questo secondo documento, scritto con un corsivo stretto e corrente. In una specie d'introduzione egli lo presenta ai Dignitari e agli Ufficiali di Stato, e dopo aver trascritto integralmente il privilegio, conclude affidandolo ai Reggitori e abitanti di Piedimonte perché lo conservino e rispettino. Segue la data della promulgazione, 14 agosto 1731, a Napoli nel Real Palazzo e il numero d'ordine nell'Archivio di Stato "In Privilegiorum 8, fol. 494".

Entrambi i documenti sono nel latino curiale.


II

 

Chiunque, visitando il piccolo Museo di Piedimonte, ha visto il Privilegio di Carlo VI, si è chiesto: Com'è che l'Imperatore si occupava di Piedimonte? Tanta importanza, dunque, aveva?

Proprio così. Nel Regno Piedimonte aveva un'importante funzione industriale. Basta leggerne la storia.

Fra le tante industrie del luogo - carta, cuoio, e rame dal '500, ceramiche dal '600, polveri piriche ecc. - due emergevano: quella dei panni di canapa e di lino e quella della lana.

La lana era lavorata in Piedimonte da secoli, e il Matese ricco di armenti ne favoriva l'industria. I Drengot conti di Alife, avevano fatto venire nella zona i frati dell'Ordine degli Umiliati che avevano diretta e perfezionata tale arte nel sec. XII. Da allora tutte le operazioni, dalla montatura e sgrassamento alla cimatura, tiratura e torcolatura si compivano in Piedimonte. Nel '600, Alfonso Gaetani duca di Laurenzana, che fu signore di Piedimonte dal 1626 al 1645, riunì in sua mano tutti i piccoli opifici locali, li sviluppò, creò in Napoli un grande magazzino di vendita e, lanciando in tutto il Regno il pregiato tessuto piedimontese, l'impose finalmente al mercato. La richiesta fu tale che occorse lavorare anche nei giorni di festa. Un Breve Apostolico di papa Alessandro VII del 4 luglio 1661 permetteva questo.

Le maestranze erano di alcune centinaia di operai.

Relativamente pochi, ma ricchi e privilegiati, i mercanti.

Gli operai si erano riuniti in una fiorente Corporazione con propri Statuti che Alfonso Gaetani rifaceva nel 1630 e Nicola Gaetani nel 1788 in sette capitoli.

Quanta stoffa si produceva?

Ricordo una sola cifra. Nel 1684, furono confezionate duemila canne (metri 5300 circa) di solo strafino rosso. Si pensi ora quant'altro dovesse essere quello di altra qualità.

Tra gli acquirenti troviamo il Governo.

Coi trattati di Utrecht (1713) e Rastadt (1714) l'Imperatore acquistava fra l'altro il Regno di Napoli, e dal 1713 al 1738 vi manteneva naturalmente un esercito. Proprio per questo esercito, come già sotto la Spagna per le ciurme delle regie galee, il Governo acquistava a Piedimonte una grande quantità di stoffa.

Dunque Piedimonte con la sua produzione aveva allora un'importanza politica oltreché semplicemente economica.

Da ciò l'interesse del Governo a privilegiarla.


III

 

Esaminiamo ora l'altra domanda.

Quali vantaggi reali procurò a Piedimonte il privilegio imperiale?

Occorre ricordare anzitutto che i Normanni, in Inghilterra come in Sicilia, lasciarono una loro caratteristica impronta politico - sociale. Essi seppero riunire due istituzioni che ai moderni sembrerebbero contrastanti: feudalesimo e parlamentarismo.

Oltre i Comuni soggetti immediatamente alla Corona se ne svilupparono altri soggetti a feudatari. E tutte le baronie di una certa entità accanto al Baglivo nominato dal signore videro sergere l'Università.

Le Università o Comuni esistono fin da Roberto Guiscardo. Per tutta la durata delle dinastie Altavilla, Svevia e Angiò non fanno che stabilizzarsi, che immedesimarsi nella fisionomia stessa del Regno di Napoli e Sicilia.

Anche Piedimonte ebbe la sua Università. Essa, indipendentemente dal proprio signore, già nel 1270 se la dibatteva con l'altra di Alife per questioni di confini, come risulta dal fol. 20 del Registro Angioino.

Il "Parlamento" si riuniva nel Sedile (a Piazzetta). Dal '400 alla metà del '700 era formato da ventiquattro Decurioni e due Sindaci.

Al Baglivo subentrò un Governatore fin dal '400 e così, praticamente, il feudo, la "grossa terra di Piedimonte" si riduceva a una specie di piccola Monarchia costituzionale, in cui i "Magnifici del Reggimento" amministravano in base a quegli antichi Statuti che Onorato Gaetani conte di Fondi e signore di Piedimonte, emendava e sanzionava nel 1481.

Ora, nel 1730, il Privilegio carolino trovava Piedimonte in tale situazione che lasciava intatta.

Posso perciò rispondere che il Privilegio non aggiunse altro che un certo splendore e decoro alla "Città di Piedimonte", e non tolse che centocinquantacinque fiorini d'oro al duca Nicolò Gaetani che tanto lavorò per averlo.

Esso non fu che un abbellimento. Nulla in fondo il paese ne ebbe. Fu solo un riconoscimento pomposo di quanto già era stato fatto; descrisse a che punto aveva saputo pervenire Piedimonte, ma il paese aveva fatto e continuò a fare senza di esso. Dò perciò il testo del privilegio, e la sua traduzione in italiano, unicamente per far constatare lo stato del paese nel 1730.

 

 

CAROLUS DIVINA FAVENTE CLEMENTIA ROMANORUM IMPERATOR SEMPER AUGUSTUS, ET HISPANIARUM REX, ECC.

D. Aloysius Thomas Comes de Harrach, Eques Insignis Ordinis Aurei Velleris, Intimus Consiliarius Status, et Conferentiae Finantiarum S. C. et C. M. Secescalcus Maior, hereditarius Provinciarum Austriae Inferioris, et Superioris, Marescalcus, et Tribunus Generalis Militum Austriae Inferioris, ac in praesenti Regno Vicerex; Locumtenens, et Capitaneus Generalis, ecc.

Ill.bus Spect.bus Mag.cis Nobilibusque Viris huius Regni Prothonotario, Magno Cam.rio Magistro Iustitiario eorumque Locatenentibus, Deputatis in S. R. C. Praesidentibus, et Rationalibus Regiae Camerae Summariae, Regenti, et Iudicibus M. C. Vicariae Scribae portionum, Thesaurio Generali seu id officium Regenti, Advocatis quoque, et Procuratoribus Fiscalibus, coeterisque demum Universis, et singulis Officiliabus et Subditis Regijs Maioribus, et Minoribus, quocumque nomine nuncupatis titulo, Officio, Authoritate, et potestate fungentibus praesentibus; et futuris ad quos, seu quem presentes pervenerint spectabunt vel fuerint quomodo libet praesentate, Regijs, Fidelibus dilectis Gratiam Regiam, et bonam voluntatem. Sane pro parte Regiminis, er Incolarum Terrae vulgo d.ae Piedemonte fuit Nobis praesentatum infrascriptum Regium Originale Privilegium S. C., et C. M. omniqua decet solemnitate vallatum et roboratum tenoris seguentis. V. D. Carolus VI Divina Favente Clementia Romanorum Imperator semper Augustus, Rex Germaniae, Castellae, Aragonum, Legionis, Utriusque Siciliae, Hierusalem, Hungariae, Bohemiae, Dalmatiae, Croatiae, Navarrae, Granatae, Toleti, Valentiae, Galletiae, Maioricarum, Hispalis, Sardiniae, Corudubae, Corsicae, Murtiae, Giennis, Algarbis, Algeriae, Gibraltaris, Insularum Canariae, nec non Indiarum Orientalium, et Occidentalium Insularum, ac Terrae firmae, Maris Oceani, Archidux Austriae, Dux Burgundiae, Brabantia, Mediolani, Stiriae, Carintiae, Carniolae, Luxemburgi, Wirtemberg, superioris, et Inferioris, Silesiae, Athenarum, et Neopatrie. - Princeps Sveviae, Marchio S. R. I. Burgoviae, Moraviae, Superioris et Inferioris, Lusatiae, Comes Absurgij, Flandriae, Tiloris, Barchinonae, Ferreti, Kiburgi, Goritiae, Rossilionis, et Ceritaniae, Landgravius Alsatiae, Marchio Oristani, et Comes Goveani, Dominus Marchae Sclavoniae, Portus Naonis, Vizcayae, Molinae, Salinorum Tripolis, et Merchliniae, etc. Recognoscimus, et notum facimus tenore praesentium, universis, cum principum sit proprium munificientiam, et liberalitem erga benemeritos, ac expertos subditos protendere, praemijs, Titulis, ac favoribus illos cohonestando, ut servata omnibus in suis partibus Iustitiae distributivae proportione coeteri ad amorem, et fidelitatem eo magis incitentur. Hinc est quod cum Nobis ex Parte Regininis, et Incolarum Terrae vulgo nuncupatae Piedemonte humiliter supplicatum fuerit, ut eandem in Civitatem erigere dignaremur, Nos considerantes amorem, fidelitatemque suam erga Augustissimam Domum Nostram Austricam constanter omni tempore testatam, et scientes ex testimonio fidedignarum Personarum, Terram praedictam de Piedimonte in nostro citerioris Siciliae Regno sitam ex tribus amplissimis Angulis sive Qarterijs vulgo nuncupatis Vallata, Castello, et Piedimonte (unde nomen assumit) compositam, nec non a duodecim millibus incolis circiter habitatam esse, omnesque habere qualitates propter quas in Civitatem erigi possit, in ea namque numerantur multi Iuris periti, Medicae facultatis Doctores, et Regij Notarij, ejusdemque Terrae naturalis, et directus Dominus Don Nicolaus Cajetanus del Aguila de Aragon Dux de Laurenzano, qui per spatium quatuor nempe saeculorm dictam Terram Titulo, ac dignitate Principis, antiquitateque secundi Principatus inter titulatos, ac Barones praefati citerioris nostri Siciliae Regni possidet, singulisque annis ad rectam justitiae administrationem quemdam creat ipse Gubernatorem, callentem, Iuris, prudentiam, et quidem a Regia Iuncta fidelissimae Civitatis nostre Neapolis approbatum, ac ibidem videntur erecta octo Monasteria Caustralium Monachorum, quorum sex mendicantium Institutionis, alia vero duo Ordinis Sancti Celestini, et Minorium sunt Regolarum Clericorum, cum duobus quoque Manesterius Virginum Benedictinarum, et novum quodam conservaturium ad usum pauperum Puellarum Virginum, nec non duo Xenodochia, quorum unum ad peregrinantium pauperum Commodum, alterum vero ad civium aegroturum, et advenarum beneficium constructum, et quodam seminarium ad omnes Dioecesianos Alumnos educandos, ac similiter duo Montes Pijt, quorum Gubernatores Pauperibus pecunias, absque nullo interesse commodant: Non minus considerantes quod in praefata Terra de Piedimonte duo praesint Syndici, qui sub Iudicium nomine in quatuor annuis Nundinibus, quae suis certis temporibus ibidem celebrantur amplissima Iudicandi Iurisdictione in causis, tam civilibus, quam Criminalibus induti sunt, atque Tribunal quodam compositum, ad finem scilicet, ut dictam Lanam, cujus ope non exigua affertur praedictae terrae opulentia, Artifices (quibus abundat) absque minima fraude laborent, ac bene, obrimeque suam in artem perficiantur, et jam ob dicti Tribunalis curam, atque vigilantiam, eadem per totam Italiam celebris laudabilisque fama per acta est, etenim frabricantur omnium colorum panni consilimes, ijsque correspondentes, qui ex Anglia et Hollanda, proveniunt, et precipue coccinei coloris, quibus Legiones nostre Caesareae in prefato citerioris nostri Siciliae Regno existentes, nec non Naturales ejusdem una cum exteris Gentibus non solum ob ejus texturae bonitatem, sed etiam praetii commodi causa, libenter utuntur; Adest quoque albae papirij selectae conditionis Manufactura, et Territoium in quo relata Terra di Piedimonte sita est adeo opulens atque faecundam frugibus, ut non solum suis Incolis ad victum omnia necessaria supediret, sed etiam exteris Civitatibus, et praesertim sitis in Provincia Terrae Laboris copiose frumento subministrat, cujus ob causam duo in haebdomada peraguntur mercatus. Nec non praetermittendum, terram praedictam praeminentiam Camerae reservatae, et Sede Episcopis Alifensis gaudere, illiusque Civitatis destructionis causam ejusdemque in dicta terra de Piedimonte commodi, Episcopus, namque praefatus numerosum Clericorum coetum ibidem gubernat, et sub ejus jurisdictione multiplices Parrochiales, ac Collegiata Ecclesiae dictae Terrae de Piedimonte subjacent: Ea propter, et non immemores Munificentiae, liberalitatisque nostrae erga fideles, dilectosque Subditos nostros, supplicationi praememoratae Terrae de Piedimonte Clementissime modo quo infra annuere decrevimus. Quare tenore praesentium ex certa scientia, Regiaque authoritate nostra deliberate, et Consulto, ac ex gratia speciali, nostraque Regiae potestatis plenitudine, motuque proprio, et Sacri nostri supremi Hispaniarum Consilij accedente deliberatione, praememoratam Terram de Piedimonte in Civitatem, et civitatis titulum, honorem et dignitatem Erigimus, promovemus, insignimus, extollimus, decoramus, et perpetuo illustramus; ita ut deinceps per omnes, et quascumque, personas cujuscumque, status, gradus, qualitatis, praehemintiae, et conditionis existentes, tam voce quam  scripturis publicis, et privatis, etalias, Civitas de Piedimonte nominetur et appelletur, ac intituletur; gaudeatque, et gaudere possit, et valeat in perpetuum facultatibus illis, dignitatibus, praeminentijs, favoribus, immunitatibus, libertatibus, atque praerrogativis, quibus aliae Civitates nostrae in praefato nostri citerioris Siciliae Regno de jure, usu, consuetudine, et alias quovis modo potiuntur, et gaudent potirique, et gaudere consueverunt, debuerunt, et potuerunt usquequaque. Illustribus vero spectabilibus, Nobilibus, Magnificis, Dilectis Consiliarijs et fidelibus nostris, Proregi, Locumthenenti, et Capitaneo generali, nostro Magno Camerario, Prothonotario, Magisto Iustitiario eorumque locumthenentibus, et Rationalibus Camerae nostrae Summariae, Regenti, et Iudicibus Magnae Curiae Vicariae, scribae portionum, Thesaurario nostro Generali, seu id officium Regenti et Iudicibus, Advocatis quoque, et Procuratoribus fiscalibus, et praesertim Principibus, Ducibus, Marchionibus, Comitibus, et Baronibus Nobilibus, et militibus, et Generosis Personis coeterisque demum universis, et singulis officialibus, et subditis, nostri majoribus, et minoribus, quocumque nomine nuncupatis titulo, officio, authoritate, et potestate fungentibus, praesentibus, et futuris tam dicti nostri citerioris  Siciliae Regni quam alterius ex Regni nostri dicimus, et stricte percipiendo mandamus ad incursum nostrae Caesareae Regiae indignationis, et irae, poeneque Ducatorum quinque mille a bonis secus agentis irremissibiliter exigendorum, et nostris Regiis inferendorum Aerarijs, quatenus huiusmidi nostrum Privilegium gratiam, et concessionem, et omnia, et singula superius contenta teneant firmiter, et in perpetuum obserbent, tenerique, et inviolabiliter, observari faciant, per quos deceat, contrarium nullatenus tentaturi ratione aliqua, sive causa, si officiales proedicti, et subditi nostri praefatam nostram gratiam charam habere vellint, ac praeter irae, et indignationis nostrae incursum paenam praepositam evitare cupiant. In cujus rei testimonium praesentes fieri jussimus nostro Regio Communi praefati nostri Citerioris Siciliae Regno nogotiorum sigillo impendenti munitas, et Dedimus in nostre Civitate Residentiae Viennae die vigesima tertia mensis Decembris anno a Christi nativitate millesimo, septingentesimo Trigesimo, Imperij nostri Romani vigesimo, Regnorum autem nostrorum, videlicet Castellae, Aragonum, etc. vigesimo Octavo, Hungariae, vero et Bohemiae pariter vigesimo. - Yo el Rey - Vidit Marchio de Villasor Consiliarus. Vidit Positanus Regens. Vidit Comes a Perlas Consiliarus. Vidit de Esmandia Regens. Dominus Rex mandaviti mihi Paulo Bermudez de la Torre Secretario. Solvit pro sigillo centum quinquaginta quinque florenos. Ad sunt summarium et sigillum. Supplicatu propterea Nobis extitit proparte supradictorum Regiminis, et Incolarum Terrae vulgo  di Piedemonte, quatenus de praeinserto R. Privilegio. - Regias Exequatoriales Litteras sibi expediri facere benignius dignaremur. Nos itaque volentes, ut tenemur Regijs obedire mandatis, tenore praesentium praecipimus, et mandamus omnibus supradictis et eorum quilibet insolidum, quatenus attentis per eos forma, et tenore d.i praeinserti Regij Privilegij, illam, et illum praedictis Regimini, et Incolis Terrae de Pedimonte, ad unquem et inviolabiliter observent, et exquantur, ac exequi, et observari faciant per quos deceat, iuxta illius Seriem, continentiam, et tenorem, et contrarium non faciant, pro quanto gratiam praedictae Majestatis Charam habent, poenamque indicto praeinserto Regio Privilegio praepositam cupiunt evitare. In quorum fidem has praesentes fieri Iussimus Magno praedictae Majestatis Sigillo pendenti munitas. Datum Neapoli In Regio Palatio Die 14 mensis Augusti millesimo Septingentesimo trigesimo primo 1731.

Luis Conde de Harrach - Vidit Giovene Regens. Vidit Peyria. Vidit Ulloa Regens. Vidit Castello Regens. Exc. Dominus Prorex mandavit mihi Don Nicolao Fraggianni a Secretis. Solvit tarenos duos. Desantis taxator. Solvit ducator quator Rossetti Joannes Antonius Atanasius Regiis a mandatis scriba. In Privilegiorum 8, fol. 494. Imparatus. Exequtoria di regal Privilegio, col quale S. M. C. e C. (Dio guardi) fa mercede alla Terra di Piedemonte nel Ragno di Napoli, di eriggerla in Città. In forma Regiae Cancellerariae.

 

***

 

Carlo VI per favore della divina clemenza Imperatore sempre augusto dei Romani, Re di Germania, Castiglia, Aragona, Legioni, Due Sicilie, Gerusalemme, Ungheria, Boemia, Dalmazia, Croazia, Navarra, Granada, Toledo, Valenza, Galizia, Maiorca, Siviglia, Sardegna, Cordova, Corsica, Murcia, Jaen, Algarve, Algesiras, Gibilterra, Isole Canarie, nonché delle Indie orientali, Isole e Terraferma dell'Occidente, del Mare Oceano, Arciduca d'Austria, Duca di Borgogna, Brabante, Milaro, Stiria, Carinzia, Carniola, Lussemburgo, Wurtemberg, Alta e Bassa Slesia, Atene, Neopatria, Principe di Svevia, Marchese del S. R. Impero, Burgovia, Moravia, Alta e Bassa Lusazia, Conte di Asburgo, Fiandre, Tirolo, Barcellona, Ferret, Kiburg, Gorizia, Rossiglione, Ceritania, Langravio di Alsazia, Marchese di Oristano e Conte di Gocciano, Signore della Marca di Schiavonia, Porto Naone, Vizcaya, Molina, Saline di Tripoli e Mechlin etc.

Dichiariamo e notifichiamo pubblicamente a tenore del presente (decreto), essendo proprio dei Principi mostrare beneficenza e liberalità verso i sudditi benemeriti e meritevoli onorandoli di premi, titoli e favori in modo che, serbata la proporzione della giustizia distributiva in tutte le sue parti, anche gli altri siano più facilmente stimolati all'amore e alla fedeltà; essendo state umiliate a Noi delle suppliche da parte del governo degli abitanti della Terra chiamata comunemente Piedimonte che ci fossimo degnati di elevare la medesima alla dignità di Città. Noi considerando l'amore e la fedeltà mostrata costantemente in ogni tempo verso l'Augustissima Nostra Casa d'Austria, e sapendo per testimonianze di persone degne di fede che la predetta terra di Piedimonte situata nel nostro Regno della Sicilia di qua dal faro sia formata di tre casali molto vasti, ossia di quartieri chiamati comunemente Vallata, Castello e Piedimonte da cui deriva il nome, sia abitata da circa dodicimila anime[1], e che ha tutti i requisiti per i quali può essere elevata al grado di Città poiché in essa si contano molti giurisperiti, dottori della Facoltà medica e Regi Notai[2], e (che sia) nativo e diretto signore della stessa terra il Signore Don Nicolò Gaetani Dell'Aquila d'Aragona[3] Duca di Laurenzana il quale per lo spazio di quattro secoli[4] possiede detta terra con titolo e dignità di Principe e con l'anzianità di secondo Principe fra i titolati e i baroni del predetto nostro Regno della Sicilia di qua dal faro; e che egli stesso ogni anno, per la retta amministrazione della Giustizia, crea un Governatore versato nella Giurisprudenza ed approvato dalla Regia Giunta della fedelissima Città di Napoli; e che ivi sono eretti otto monasteri di monaci claustrali dei quali sei di istituti mendicanti, gli altri due dell'Ordine di San Celestino, e chierici regolari minori, e inoltre due monasteri di vergini Benedettine[5], e un Conservatorio ad uso di fanciulle povere, nonché due ospedali, uno per comodo dei poveri pellegrini e l'altro costruito a beneficio dei cittadini e dei forestieri, e un Seminario per l'educazione di tutti gli alunni diocesani, e parimenti due Monti di Pietà i cui amministratori mutuano il denaro ai poveri senza interesse; considerando non meno il fatto che alla predetta terra di Piedimonte siano a capo due Sindaci, che sotto il nome di Giudici sono rivestiti - durante quattro fiere annuali che vi si celebrano nei tempi stabiliti[6] della più ampia giurisdizione di giudicare cause sia civili che penali, ed un Tribunale indipendente, formato da quatto Consoli[7] che con fine giudizio valutano ciò che rifletta l'arte meccanica della lana, affinché gli operai[8] di cui vi è gran numero senza alcuna frode lavorino detta lana (dalla cui non certo scarsa quantità deriva la già proclamata ricchezza della Terra) e si perfezionino nel miglior modo nella loro arte, e per la cura e la vigilanza di detto Tribunale si è diffusa per tutta l'Italia una fama grande e onorevole poiché vi si fabbricano panni di tutti i colori simili e identici a quelli che s'importano dall'Inghilterra e dall'Olanda, e specialmente di colore scarlatto di cui usano largamente le Nostre Legioni Cesaree esistenti nel citato Regno Nostro della Sicilia di qua dal faro ed anche i civili nativi di esso e popoli stranieri non solo per la bontà della tessitura ma anche per la modicità del prezzo.

Vi è anche una manifattura di carta bianca[9] di qualità scelta e il territorio in cui si trova la citata terra di Piedimonte è così ricco e fecondo di cereali che non solo fornisce ai suoi abitanti tutto ciò che è necessario al vitto ma anche a Città forestiere diverse, e principalmente (a quelle) situate nella Provincia di Terra di Lavoro, e perciò vi si tengono due mercati per settimana[10].

E non bisogna omettere che la predetta terra gode della preminenza di una Camera riservata[11] e della residenza del Vescovo di Alife a causa della distruzione di quella Città e per comodo del medesimo nella detta terra di Piedimonte[12], poiché il citato Vescovo ivi governa un numeroso ceto di Ecclesiastici e sotto la sua giurisdizione, nella detta terra di Piedimonte, stanno molte Chiese Parrocchiali e Collegiate[13].

Per questo e non immemori della munificenza e della liberalità Nostra verso i fedeli e diletti Nostri sudditi, abbiamo decretato di annuire con clemenza, nel modo come segue, alla supplica della già ricordata terra di Piedimonte.

Per cui a tenore del presente, (decreto) per precisa conoscenza e per la Regina Nostra Autorità deliberatamente e pensatamente e per grazia speciale, nella pienezza della Regia Podestà, con motuproprio e con la deliberazione aggiunta del nostro Sacro Supremo Consiglio delle Spagne, erigiamo, promoviamo, insigniamo, eleviamo, decoriamo, e per sempre illustriamo la già ricordata Terra di Piedimonte in Città e nel grado, nell'onore e nella dignità di Città, di guisa che d'ora in poi da ogni qualsivoglia persona di qualunque classe, grado, qualità preminenza e condizione provenga, sia a voce che nelle scritture pubbliche e private e in ogni circostanza, sia denominata, chiamata e intitolata Città di Piedimonte; e goda e possa godere e valersi sempre di quelle facoltà, dignità, preminenze, favori, immunità, libertà e prerogative delle quali per diritto, per uso, per consuetudine e per altre ragioni in qualsiasi modo sono fornite e godono, e furono solite, dovettero e poterono usare e godere finora le altre Nostre Città nel già citato Regno nostro della Sicilia di qua dal faro.

Ed ora agli Illustri, Spettabili, Nobili, Magnifici, Diletti e fedeli nostri Consiglieri, al Viceré, Luogotenente e Capitano Generale nostro, al Gran Camerario, al Protonotario, al Mastro di giustizia e ai loro luogotenenti, e ai Razionali della nostra Camera Sommaria, al Reggente e ai Giudici della Gran Corte della Vicaria, al Segretario delle Divisioni, al nostro Tesoriere generale oppure a chi regge tale ufficio e agli Avvocati e Procuratori fiscali, e principalmente ai Principi, Duchi, Marchesi, Conti e Nobili Baroni, ai Cavalieri e Nobiluomini, e infine a tutti i singoli Ufficiali e sudditi nostri maggiori e minori conosciuti sotto qualsiasi nome, titolo, ufficio, autorità e potere che abbiamo, presenti e futuri, non solo del detto nostro Regno della Sicilia di qua dal faro ma anche dell'altro[14] dei Nostri Regni affermiamo e ordiniamo sotto stretta osservanza incorrendo nella Nostra Cesarea Regia indignazione ed ira, e nella pena di cinquemila ducati da esigersi irremissibilmente contro chi agisce altrimenti e da versarsi nei Nostri Regi Erari, fermamente mantengano ed osservino perpetuamente tale Nostro Privilegio, grazia e concessione, e tutte e singole le cose superiormente enumerate, e lo facciano mantenere e inviolabilmente osservare a chi spetta, in nessun caso tentando il contrario per qualsiasi ragione o causa i predetti Ufficiali e sudditi nostri, ove vogliono aver cara la citata Nostra grazia e desiderino evitare d'incorrere nella Nostra ira ed indignazione e nella pena disposta.

A testimonianza di ciò abbiamo ordinato che la presente (venga) munita del Sigillo degli affari adoperato nel nostro Regio Comune del nominato (Regno) della Sicilia di qua dal faro e l'abbiamo emessa a Vienna, Città di Nostra residenza, il giorno ventitré del mese di Dicembre, nell'anno millesettecentotrenta dalla nascita di Cristo, ventesimo del Nostro Impero Romano, ventottesimo poi dei nostri Regni di Castiglia, Aragona etc. ventesimo invero di Ungheria e ugualmente di Boemia.

Segue la firma: Yo el Rey[15] (Io il Re).

 

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[1] Bisogna comprendervi anche al popolazione di S. Gregorio e San Potito Sannitico che poi si distaccarono nel 1748 e 1749.

[2] Ricciardi Raffaele Alfonso "Piedimonte d'Alife nel 1754" in Archivio storico del Sannio Alifano, settembre 1916. È un magistrale studio che fa rivivere la vita del paese di due secoli or sono, in tutti i suoi aspetti. Dal Catasto Onciario ordinato da Carlo III di Borbone nel 1754 egli ricava che in Piedimonte vi erano allora diciassette avvocati, otto medici e sei regi notai.

[3] Nacque a Piedimonte il 30 Marzo 1663. Fece una brillante carriera militare e raggiunse il grado di Tenente generale nell'Esercito di Carlo II di Spagna. Carlo VI d'Austria poi lo volle Grande di Spagna per ricognizione austriaca. Tornato nel Regno fu Giustiziere di Terra di Lavoro e Consigliere di Stato e si dette quindi agli studi. Pubblicò tra l'altro: "Avvertenze intorno alle passioni dell'anima" (1732), e "La disciplina del Cavalier giovane". Morì nel 1741.

[4] I Gaetani possedevano in feudo Piedimonte dal 1380 per il matrimonio di Giacomo Gaetani di Fondi con Sveva Sanseverino vedova di Enrico II della Leonessa.

[5] Erano: Domenicani (fondati nel 1414 da Sveva Sanseverino), Carmelitani (fondati nel 1538 da Giov. Ant. Messere e altri), Cappuccini (fondati nel 1577 dalla duchessa di Laurenzana Cassandra de Capua), Alcantarini (1674) con altro Convento più piccolo "Solitudine" (1678), Agostiniani scalzi (a Castello princ. '700), l'abbazia dei Celestini (1660). Si ignora l'altro monastero celestino. Chierici regolari minori fondati nel 1711 da Aurora Sanseverino duchessa di Laurenzana. Monastero del SS. Salvatore (fondato l'anno 770 dalle longobarde beneventane Pencrituda, Gansona e Geriberga su donazione di Arechi II Duca di Benevento; nel 1654 trasferito ove si trova oggi dalla Badessa D. Caterina Paterno, che affidò al celebre Cosimo Fanzago la costruzione della nuova chiesa e Monastero S. Benedetto (fondato nel 1646 da Porzia Carafa Duchessa di Laurenzana.

[6] Erano: 2° domenica di settembre (di San Bartolomeo) a Sepicciano; 4 ottobre (detta di S. Gennaro); 10 novembre e segg. (di San Martino) e forse - benché non ancora istituita ufficialmente - il 1° giugno e segg. (di San Marcellino Patrono).

[7] L'informazione non è esatta. Dal Catasto del 1754 ricavo che i Consoli erano due (in quell'anno Franc. De Angelis e Marcellino Iannitelli). Forse vi congloba anche i due Consoli dell'arte dei panni.

[8] Sempre nel 1754 appartenevano alla Corporazione: 181 cardalani, 43 azzimatori, 20 valcaturari (gualchierai), 1 stracciapezze, 43 tessitori, 13 tintoti. In complesso 311 iscritti. Come si sa nelle antiche Corporazioni non erano però ammessi i più umili lavoratori che pure vivevano per essa in qualche modo. Non vi calcolo infine 20 filatori e 41 filatrici di lana, sempre perché non iscritti.

[9] Esisteva dal '500 e produceva diciotto qualità di ottima carta. Era presso il ponte del Carmine ove oggi è la fabbrica di sapone.

[10] Il lunedì e il giovedì, a Piazzetta. Durante il '700 fu sistemata una esistente "starza" (piazzale erboso) tra il convento del Carmine (anche oggi Piazza Carmine) e la Crocevia (Piazza Ercole d'Agnese), e vi furono trasferiti fiere e mercati tanto che vi è rimasto il nome (Piazza Mercato).

[11] Era "Camera riservata" la città franca di pagamento per alloggi militari. Piedimonte lo era dal 1614.

[12] Alife fu distrutta nel 1561 e il vescovo Jacopo de Nogueras si trasferì a Piedimonte abitando nel palazzo De Clavellis al Rivo (via Cila). Nel 1611 il vescovo Valerio Seta comprò una casa e costruì l'attuale Episcopio spendendo duemila ducati, di cui 1100 datigli dal Comune dietro impegno a restare a Piedimonte con la residenza.

[13] Erano: La Collegiata di S. Maria Maggiore, la Collegiata di S. Giovanni, la Collegiata della SS. Annunziata e la Collegiata di S. Croce (Castello) ognuna con sei canonici. Ordinate il 25 febbraio 1417 da Angelo Sanfelice vescovo di Alife, furono riconosciute da Callisto III il 3 giugno 1455 e da Sisto IV il 29 marzo 1474. S. Maria Maggiore - creata "Insigne" dalla Congregazione dei Riti il 9 luglio 1650 e confermata tale da Alessandro VII il 3 giugno 1660 (esisteva pare, già dal VI secolo), riunì durante il '500 i canonici di San Giovanni ai suoi, e così fu officiata da dodici canonici con rocchetto e mozzetta, e l'ufficiatura settimanale. Il 22 dicembre 1581 Giov. Batt. Santoro vescovo di Alife vi fece istituire da Gregorio XIII la Dignità di Arciprete, di nomina pontificia.

La SS. Annunziata ebbe altri sei canonici raggiungendo nel 1719 il numero degli officianti nell'altra, ed ebbe a capo un Decano, di nomina vescovile.

 

[14] Il Regno di là dal faro di Messina, l'isola.

[15] La ragione della firma in lingua Spagnuola deve ricercarsi nel fatto che il Regno di Napoli era stato unito alla Spagna e Carlo VI, che aveva subito in fondo la pace del 1713 e 1714, si considerava sempre pretendente a quei domini. Lo dimostrano i titoli a principio.