(testo tratto da
P. Odorico Tempesta, La “Gemma di Pietravairano”, 1988, pp.
19-24)
La
parte montagnosa di Pietravariano è coperta di querceti, olmi, faggi e
d’altre piante d’alto fusto. Non mancano frange d’ortaggi e
frutteti; vigneti dall’ottimo vino frizzante da tavola dal profumo di
fragola, e il rosso-nero da taglio di rispettabile gradazione.
La parte in pianura è formata da una grande conca,
ricca di frumenti, foraggi e parchi di allevamento ovino e bovino.
Appezzamenti di terreno, sparsi a zona, sono
riservati alla coltura dell’olivo, che cresce bene e produce ottimo olio
profumato in quantità sufficiente per la popolazione, anzi da essere esportato.
Non mancano riquadri di suolo coltivato a piante di nocelline, pere, mele,
dalla specialità annurca; anche il ciliegio, dal fusto gigante, è molto
produttivo. Si notano piante d’agrumi.
Tutta la zona, oltre ad essere sorgente di vita e di
benessere, è oggetto di meraviglia per lo spettacolo che offre.
A sud della cittadina, a circa
Sulla destra e di fronte a S. Felice
Pietravairano si apre alla pianura sudata e operosa; sulla sinistra, invece, a
meno di
A dare, però, al quadro la meravigliosa visione
d’assieme e la sua completezza, sono le distinte catene di colline e
monti, che disposte quasi simmetricamente l’una dietro l’altra, a
graduali altezze, dai 700 ai 1000 e più metri d’altezza, la circondano
d’ogni lato, svettanti verso il cielo purissimo di monte Miletto,
richiamo di turisti di ogni parte d’Italia e d’altri Paesi, che si
recano, in ogni stagione, a visitare l’incomparabile spettacolo con la
stupenda Campitello (m 1429).
Nella serie delle montagne del massiccio Matese, che
dominano e circondano Piedimonte, svetta Monte Muto, nel cui cuore, come perla,
è incastonato l’Eremo francescano: S. Pasquale, fondato
dall’apostolo della Regalità S. Berardino da Siena e reso glorioso e
affascinante dalla vita di S. Giangiuseppe della Croce.
Monte Muto, che potrebbe chiamarsi: “Alvernia
del Matese!” senza voler diminuire o nulla togliere al sacro monte, che intra
Tevere ed Arno, rivide i fulgori del Tabor e l’ebbrezza del Calvario
nella mistica crocifissione di Francesco d’Assisi, il cui spirito rivisse
su Monte Muto nell’immolazione intima, tutta serafica, del suo figlio fra
Giangiuseppe.
Di primavera, come di autunno, tutta la zona attorno
a Pietravairano si riveste di luce e di colori, sfumati, evanescenti, vaporosi.
La campagna circostante si adorna di fiori spontanei e si inonda di profumi
difficili a definirsi: fiori di pesche e di agrumi, di cespugli e di rosmarino,
di rose e garofani; di biancospini dall’acre odore intrecciati con
asparagi e di pungitopo dalle rosse bacche, di mullanghere dal colore
giallo-oro, mentre lungo i bordi dei sentieri campestri e sulle zone non
coltivate si stendono tappeti di trifoglio e camomilla e tra le siepi fanno
bella esposizione le stelline delle cicorie in fiore, qualche orchidea
selvatica e steli di millefoglio con i bianche fiori disposti a corimbo e
mughetti candidi.
Sui ridossi del monte Cajevola o dall’antico
nome di Catreola dalle escrescenze dolomitiche, e lungo le
discese verso il piano, dal calpestio di piantine ed erba, si eleva un profumo
di finocchietti selvatici, di agresti ciclamini e margheritine, di asseti,
sedano selvatico e di origano piccante, nonché di una particolare salvia e di
tante altre erbette e piantine di difficile denominazione, appartenenti alla
numerosa famiglia della graminacee e degli asfodeli dai colori, che vanno dal
bianco-giglio al rosso vivo, dal verde olivastro allo smeriglio.
Grande e indefinibile fascino di questa campagna e,
in particolare di questi monti che circondano Pietravairano: distinti, lineari,
intervallati, ovattati di nebbiolina bianchissima nelle prime luci dopo
l’alba, in primavera, o avvolti da lingue, come di fuoco, che si vaporizzano
in aloni di porpora, quando, subito dopo il tramonto, in estate e in autunno,
l’astro del giorno si tuffa alle loro spalle ad occidente.
Non è difficile, per uno che ama la montagna,
distinguere, oltre le colline della famosa Abbazia la Ferrara (m 170) e
alle spalle del Cajevola, monte Urlano (m 531), monte Fossa (m 291), monte
Monaco (m 441), monte Costa (m 404), monte Fosco (m 252), i monti Celli (m
345-231), monte Madonna Pizzo Marta (m 959)… e poi monte Melito (m 865) e
di fronte monte Maggiore, che si eleva fra tutti e si distingue per la
peculiarità della sua formazione e per la sua vetta che s’innalza a
spirale per
Sulla sinistra, poi, spicca, distinguendosi fra
tutti il sistema montuoso di Roccamonfina con Fontanafredda (m 615) e il
Santuario di S. Maria dei Làttani, (m 765) e il monte Santa Croce con i
suoi
La pianura un tempo era attraversata da diversi
ruscelli, ora del tutto a secco; di alcuni ne ricordiamo il nome: rio delle
Starre, rio Pacciano, rio del Pontano, rio Parata, S. Felice, S. Marco, Lunate,
Pisciarello… attorno e lungo i quali sono sorte e si sono sviluppate
grandi e storiche Masserie, fonti di ricchezza e benessere per tutta la zona;
cosi: la Masseria Gumentereccia, della Pertosa, di Picciano, Monnito,
Palombara, della Madonna della Libera, dei Cinque Piedi, di Castagneto, dei
Tomoli, S. Pasquale, dei Calai, di Corte, S. Francesco, Lagoscello, Palazzone,
Cesola, Papa, Agapito, S. Elena, Ceraso…
La zona di Pietravairano, da oriente ad occidente e
al nord è incuneata tra le province di Latina, Frosinone, Isernia, Campobasso e
parte della provincia di Benevento.
Motivo questo per spiegare il clima delle stagioni:
mite d’autunno, caldo nei mesi estivi e freddo secco-temperato
nell’inverno, per la vicinanza, in particolare, della catena del
massiccio agglomerato del Matese meridionale, che va dal monte Caruso (m 1128),
presso Monteruduni (IS) a monte Mutria (m1822) e a monte Pastonico (m 1646).
Sia con la neve, sia senza, Pietravairano esercita
un fascino tutto suo.
Spettacolo di sempre! Spettacolo che riempie di
meraviglia e d’incanto le pupille e lo spirito di chi per la prima volta
e di chi saltuariamente o abitualmente si reca a Pietravairano e assiste al
sorgere e al reclinare del sole, salutato dal canto degli uccelli, tra cui primeggia
quello del merlo, stazionario, abitatore di questa terra, e dai piccoli stuoli
di rondinelle in festa; che si posano sui fili elettrici come tante note, di
una sinfonia di Rossini dal richiamo degli orioli e delle allegre allodole;
mentre, di notte, in primavera si sente il cadenzato e inconfondibile ritmo
dell’assiuolo, solitario abitatore di casupole abbandonate e ruderi e più
lontano a valle il melodioso fraseggio dell’usignuolo che, con
l’inoltrarsi dell’oscurità, si va spegnendo in note staccate in
gorgheggi più frammentari, ma sempre stupendi e belli.
Sarebbe da interrogarsi o da supporre – senza
voler esagerare – che, forse, Raffaello avrà conosciuto questa campagna e
concepito gli sfondi riposanti, pieni di morbidezza, dai riflessi meravigliosi
di luminosità e dai colori di arcobaleno, evanescenti e vaporosi, che
contraddistinguono i suoi quadri, in particolare le sue Madonne, come la
Madonna con il bambino e il S. Giovannino, ossia della Bella
Giardiniera (Museo Louvre Parigi), che è di una perfezione unica, nella
quale si vedono riflessi la naturale bellezza dei prati, dei colli e il cielo
di Pietravairano!
Ogni descrizione, fatta o da farsi di o su
Pietravairano, non potrà esprimere quanto essa racchiude dentro le sue mura e
nelle sue case.
Le descrizioni abbelliscono la storia, ma non sono
la storia, né costituiscono la storia: spingono, però, lo studioso,
l’interessato a conoscere, scoprire, studiare per far rivivere la storia.
Pietravairano è attaccata al monte Cajevola come una
conchiglia marina allo scoglio che la contiene. Chi dalla Taverna sale a
piedi, è costretto a soffermarsi ogni tanto per prendere ampi e ossigenati
respiri e riprendere a salire, salire sempre, percorrendo stradette e stradine,
che salgono a gradoni di pietra – oggi poco più di duecento, dai venti e
più centimetri di alzata e dalla piedata di uno, due e più metri
– per raggiungere la piccola e ariosa piazza cittadina delimitata dalla
Chiesa Matrice S. Eraclio (1129 c.), dal nuovo Palazzo Comunale e dalla
ringhiera del belvedere. Di qua l’occhio spazia e ammira lo spettacolo
della sterminata pianura e vede l’espandersi ininterrotto della nuova
Pietravairano – il Vecchio Borgo – che sempre più si estende nei
quattro lati, sia in civili abitazioni, sia con edifici a livello commerciale e
industriale. È ancora in corso di costruzione la nuova chiesa parrocchiale con
le annesse opere, dedicata a S. Giovanni Evangelista.
Anche dall’alto il paesaggio cambia di
continuo, suggestivo sempre.
Per chi scende detto spettacolo si ripete e si
rinnova a ogni termine di strada, ad ogni viuzza, ad ogni arco.
Da tutte le finestre, da ogni pianerottolo, che si
affaccia sulla pianura, il panorama è sempre meraviglioso e i paesaggi cambiano
ad ogni passo!
I terrazzi sono pochi, quasi inesistenti per la
particolare posizione in cui viene a trovarsi la cittadina, che nel periodo
invernale si copre di una coltre di neve.
Davanti a tutte le abitazioni, sulle soglie e sui
balconcini vi sono vasi di fiori: garofani, rose, gerani, buchenville, che scendono
a grappoli e fanno mostra dei loro colori e riempiono l’aria di spore
profumate.
Dalle case, è inutile ricordare, che in certe ore si
elevano profumini della gustosa e genuina culinaria locale, resa appetibile,
perché fatta unicamente con prodotti locali, con salsette di scelte erbette,
condite di olio vero di olive vere!