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   Lo storico delle scienze ( Giovanni Petella )

 

Lo studioso comune, che studia forzatamente solo per ottenere il diploma, non spazia oltre il programma assegnatogli, fosse pur quello dell’Università.

Sintomo di pensiero non ristretto, non dimensionato, è invece, fra l’altro, l’indagine spontanea, su ciò che ci si propone, e su quel che ne è la causa. Ne deriva la visione storica dei fatti, senza di che la cultura non è completa.

Gli studi medico-oculistici del Petella trovano il completamento in quelli di storia della medicina, e sono la prova della sua ampiezza mentale.

Guardiamoli brevemente.

 

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Prima figura di oculista avant-lettre, che interessò molto Don Giovanni, fu Papa Giovanni XXI. Ne studiò l’opera, e risalì alla persona, dato che c’erano dei dubbi d’identificazione.

I versi di Dante: “…e Pietro Ispano – lo qual giù luce in dodici libelli” (Paradiso XII, 135), ci introducono alla questione. Questo illustre portoghese, da Salimbene e da Tolomeo da Lucca è discusso variamente. Morì a Viterbo, dopo otto mesi di pontificato, sotto le macerie della sua camera crollata.

Su Janus (Archives internationales pour l’histoire de la Médicine et la Géographie médicale) di Amsterdam, fin dal ’97 Don Giovanni scrisse : Les connaissances oculistiques d’un médicin philosophe devenue pape. Il giudizio sul valore medico di Pietro Ispano è strettamente obbiettivo, in quanto è figlio del tempo. Pierre d’Espagne eu tous les defauts de l’age médical dans lequel il a véçut, se servant de la méthode sillogistique pour discuter en matière de sciences naturelles”. Due anni dopo scrisse : Sull’identità di Pietro Ispano medico di Siena e papa col filosofo dantesco (Bollettino senese di storia patria). L’autore delle Summulae logicales in 12 libretti, del Thesaurus pauperum (ricettario ad uso dei poveri) e di 21 opere mediche, magister Petrus de Hispania, proveniente dallo studio di Parigi, clericus generalis  (dotto in tutto), et precipue in medicinis, è proprio il papa che Dante colloca nello splendore del sole. Ancora nel ’99 tornò sull’argomento con la Recensione sul Liber de oculo di Pietro Ispano edito in Baviera (Annali di Oftalmologia), e vi compì una precisa indagine sulle varie compilazioni dell’opera, e ancora vi insistette nel ’22 con Un medico filosofo del secolo XIII divenuto papa (Il Policlinico).

 

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Benvenuto Gradeo da Jerusalem del sec. XII, fu un altro oculista che attrasse il Petella.

Su di lui iniziò recensendo l’edizione critica del codice Ampliniano di Erfurt sull’opera di Benvenuto: Practica oculorum, e sul Collyrium Hyerosolimitanum nella Pratica oculare (Policlinico 1899), e nel ’23 stampò Le malattie e le cure oculari nella Pratica di Benvenuto (Annali). Particolare interesse ha l’analisi e la cura della cataratta. La patologia di Benvenuto si basa sulla teoria degli umori di Ippocrate, ed è serena e obbiettiva. Nella storia dell’Oculistica Benvenuto ci appare “come quegli che oggi diremmo un galantuomo”.

Fece seguire un approfondimento della questione con Un oculista del sec. XII alla scuola medica di Salerno (Annali di Oftalmologia 1925). Benvenuto non è arabista, deriva da Ippocrate e Galeno. Sono acute le sue analisi dell’occhio e dei colori, le teorie sulla visione, la cura della cataratta, “scabbia oculare” (tracoma), caligine oculare, “ungula in oculo” (prerigio), apostema (ascesso), fungo (caruncula lagrimale) e vari traumi.

 

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Terza personalità medica medioevale studiata dal prof. Petella è stato Taddeo Alderotti di Firenze.

In Les consultations oculistiques d’un maitre italien du XIII siecle (Janus 1901) dimostra che i libri commentati da lui (sono elencati nel testamento) testimoniano la strana “rétinite par ébluouissement”, abbagliamento durante il giorno, emeralopia. Il fondo del suo sapere è nella scuola medica salernitana. Istruttivi i 180 argomenti trattati in Consilia medicalia e in De debilitate visus.

 

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Sulla celebre scuola meridionale scrisse parecchio. La scuola medica di Salerno (Policlinico 1922) e La sede dello studio e la vita scolastica dell’almo collegio medico di Salerno (Annali 1922). L’istituto, soppresso nel 1812, er prope templum cathedralis sancti Mathei, nella cappella superiore di S. Caterina. Ci appare l’organizzazione del Corpo accademico, e le cerimonie della professione di fede e del conferimento delle lauree.

 

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Da qualche notizia di Svetonio si ricavò che Nerone era miope. Guardava da “…parvis foraminibus” per il vantaggio che il foro stenopeico arreca alla miopia, riducendo i circoli di diffusione. Fra tanti, anche il nostro studioso si ferma sulla notizia interpretandola. Ne parò in Sulla pretesa miopia di Nerone e sul suo smeraldo (Annali 1901, e su Atene e Roma – Bollettino della Società di studi classici 1901, su Annali di Oftalmia e Clinica oculistica 1927, e anche sul Giornale d’Italia, 27 Marzo ’28). Analizzando il testo “ad prope admota hebetes” di vista debole per le cose vicine, Nerone era ipermetrope, e abitualmente ammiccava “palpebras contrahebat”. Quanto allo smeraldo che usava, era forse uno specchio piano conservativo che fungeva d lente ottica concava?…

 

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E sugli occhiali?

L’oculista Petella ci ha meditato assai. Quando sono stati inventati? Per lui le ricerche polarizzano sul Salvino degli Armati di Firenze, del primo ‘300 (Sull’invenzione degli occhiali, Annali 1901), più sicuro di Rogero Bacone e di el Alhazen, e forse del domenicano Alessandro della Spina. Sulla sua rivista (Annali ’22) ritornò sull’argomento: Chi è l’inventore degli occhiali? Con tutte le notizie riguardanti Salvino e della Spina. Per queste ricerche il Gen. Rho gli scrisse (16 Dicembre ’33): “Nella storiografia dell’invenzione degli occhiali tu brilli come stella di prima grandezza”.

 

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Ma la sua indagine storico-scientifica non si fermò al Medio Evo medico.

Si spinse dall’800 alla preistoria.

In La découverte du centre visuel cortical revendiquéè pour un anatomiste italien (Janus 1901), dice di B. Panizza dell’Università di Pavia †1867, “le premier qui ait dècouvert, par ses admirabiles recherches, sur les origines centrales du nerf aptique, les relations qui passent entre la vision d’un oeil et le lobe occipital d’un autre coté ”. Opere straniere attibuivano ad altri la scoperta, ma la comunicazione del Panizza all’Istituto lombardo è del 19 Aprile 1855.

La spedizione archeologica in Egitto, voluta dal Granduca di Toscana nel 1828-29, è vanto della scienza italiana. Il Petella la ricordò con gusto in Su e giù per i Nilo in compagnia di Rosellini (Annali 1927).

Né l’indagine sulla medicina attraverso i tempi sosta al Rinascimento, su Telesio: Note su di un libro di Biologia (Annali 1923), essa raggiunge Omero: La sanità militare in Omero e la medicina egea (Annali 1927). Vi sono tutti i passi di Omero in cui si accenna a medicina e chirurgia, che all’alba della civiltà sapevano di miracoloso.

 

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Ecco quanto il Petella, lasciando il laboratorio per la biblioteca, ha pubblicato dei suoi studi di storia della medicina. Come tutti i veri studiosi, egli non si fermò a un certo programma, alla conoscenza scientifica attuale, quella che materialmente serve. Egli risalì alle cause, volle vedere influenze e derivazioni, volle spontaneamente approfondire qualsiasi studio. Volle riflettere sul mutare della cultura umana attraverso i millenni, per giustificare il presente, e per penetrare la natura mentale dell’uomo nel suo evolversi. Una mente filosofica, dunque.

 

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