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L’ulivo nella poesia locale del Novecento

 

 

Secondo una leggenda greca, l’ulivo, dono agli uomini della dea Minerva, è legato alla fondazione della città di Atene. La dea elargitrice di tale dono, nelle monete dell’antichità (tra le quali anche il didramma della nostra Alife) ha l’elmo ornato da un ramoscello di questa pianta.

Il prodotto oleoso, derivante dalla spremitura delle drupe, pare che fosse già noto ai Sumeri ed agli Egiziani intorno alla metà del III millennio a. C., ma adoperato in cosmesi.

Nella Bibbia il nostro albero esordisce nel libro della Genesi (VIII, 11), quando si narra di una colomba che, dopo il diluvio universale, a sera, ritorna da Noè con in bocca un ramoscello d’ulivo; ma se ne accenna anche in altri libri tra i quali il Deuteronomio, l’Ecclesiastico ed i Salmi. Tra i profeti mi piace ricordare Gioele (II, 19) “Ed il Signore ha risposto al suo popolo: Ecco che io manderò a voi grano e vino e olio, e ne avrete in abbondanza”.

Di Gesù, infine, è detto nel Vangelo (Mc., 14, 26-27 e 14, 35-37) che, recatosi “in montem olivarum” nell’orto chiamato Gethsemani, «si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passare da lui quell’ora. E diceva “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”».

E’ evidente che all’agonia che precedette il sacrificio supremo furono testimoni alcuni apostoli che non riuscivano, loro malgrado, a stare svegli ed una moltitudine di ulivi i quali vegliavano, forse da secoli, in quel fondo “trans torrentem Cedron”.

L’ulivo, simbolo di pace e di amore fraterno, è significativamente presente anche negli scritti di studiosi e nei versi dei poeti del Medio Volturno. Eccone qualche esempio limitatamente alla sola poesia del secolo XX.

Nel 1924 il canonico dell’Annunziata di Piedimonte prof. Michele Di Muccio, in un’alcaica dal titolo “Omaggio a Maria SS. delle Grazie” proferisce con enfasi:

Tutta soffusa di pace eterea

mèta de’ cuori vaghi di grazie,

tra chiome d’ulivi virenti,

te, romita Chiesina, saluto

la stessa quartina chiude il componimento.

Nel 1949 il prof. Dante B. Marrocco rivive poeticamente “La partenza dei Crociati” Piedimontesi i quali, salutati dal popolo riunito sull’alta muraglia del piccolo borgo, vanno a liberare il S. Sepolcro ben sapendo

di non più vedere

quel Torano che a valle si stende,

quelle case, quei ripidi clivi,

la pianura fiorita di verde,

Piedimonte ammantata di ulivi

E un singhiozzo nell’aria si perde.

Il dottor Adriano Bucci, nativo di Alife ma da tempo residente in provincia di Padova “voce di oggi” nell’Antologia ASMV del 1981 con “Epitaffio per il Sannio” rievoca l’olocausto del popolo sannitico perpetrato dalle armi romane. Così canta il poeta ad un certo punto:

Verrà il crepuscolo

greve fra gli ulivi,

avranno guizzi d’argento le foglie

e ombre fluttueranno

tra i sepolcri, …

chiudendo con:

E’ la mia voce

palpito d’ala nel silenzio.

Il mio lamento

è vento che geme basso

nell’uliveto.

Non posso in questa sintesi, ovviamente riportare tutti i riferimenti raccolti nei versi ad esempio di Emma Giardina Cassella e Marco Pasquale Fetto entrambi di Cusano Mutri, dei Cerretesi Francesco Bello e Lucia Ciarleglio Brunelli, di Angelo Raffaele Scetta di Castelvenere e di tanti altri, ma concludo riportando per intero due composizioni: una in vernacolo di Benedetto Pistocco, originario di Prata Sannita, e l’altra di Giuland, pseudonimo di padre Giuseppe Lando del Santuario dell’Assunta di Guardia Sanframondi.

Dèsèrtu

Portu cu mmé gliù ramu re ll’auliva,

ma è come stésse ‘mmiézu a ‘nu dèsèrtu,

addò chi l’acqua tè ne ‘nte rà a béve,

pèrciò me sèntu sèmpe sulu e spèrzu.

Stéss’a lla casa mia sarrìa divèrzu:

la séte me levasse cu ddui mani

chius’a jummèlla sott’a ‘na cannèlla

r’acqua cchiù chiara e fresca, a lla funtana.

 

Abbraccio solidale (l’Ulivo e la Vite)

 
Arrampicata

su pei rami

di un giovane Ulivo

coi suoi tralci

avvolgenti,

tra la bicolore chioma,

come braccia

che stringono l’amato,

la verde Vite

bisbiglia

parole suadenti.

L’Ulivo gagliardo,

comprensivo, generoso,

ascolta

interessato,

orgoglioso

di dare sostegno

all’intrigante Vite.

Il dialogo entusiasmante

pone in evidenza

il maturar di drupe

e di racémi

al calore del Sole,

tra tristezze e gioie,

dicendo:

“La nostra sorte

è uguale:

La màcina stritola le drupe;

i piedi ovver le pigiatrici

spremono i racémi.

Lo stesso

è il nostro vanto:

effetto del martirio

dei nostri frutti …

La lode e la gloria

a noi comuni sono,

perché, con l’Olio biondo

- Olio di Letizia -

sono unti

Re e Sacerdoti,

temprati gli Atleti,

alimentate le lampade,

condito il nutrimento …

Il generoso vino,

“che rallegra

dell’Uomo il cuore”

si tramuta pure

in mistico Sangue

dell’Unto del Signore! …

Toccante conclusione! …

“Io, forte e perenne,

Ulivo

e Tu, agile e caduca, Vite,

restiamo uniti

con questo connubio

nell’abbraccio

fraterno

e solidale”.

 

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