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Gino Tino

 

LA DISPERSIONE SCOLASTICA

Il fenomeno nell’area matesina

(in Annuario ASMV 1997, pp. 269-279)

 

 

La dispersione scolastica, nel nostro Paese, ha origini remote. Lo sviluppo del sistema scolastico italiano, difatti, è stato accompagnato sin dall’inizio da due connotati negativi: il tasso di analfabetismo e il divario tra Nord e Sud([1]).

Nell’anno 1861 gli analfabeti erano quasi il 75% degli italiani e nel 1863 la scuola dell’obbligo risultava frequentata dai soggetti dai 6 ai 10 anni nella misura del 43%. Queste percentuali costituiscono un pesante bagaglio, che si modifica assai lentamente nel secolo successivo: si registra ancora un tasso di analfabetisino del 12% nel 1951, del 5,22% nel 1971 e del 3% nel 1983([2]). E ciò, nonostante l’Italia avesse conosciuto, tra i primi paesi europei, una scuola elementare gratuita e obbligatoria della durata di quattro anni (legge Casati del 1859 e successiva legge Coppino del 1877).

Fenomeno decisamente complesso nelle sue origini e nelle sue manifestazioni, la “dispersione” è sinonimo di insuccesso, di difficoltà e di svantaggio, che portano all’evasione dell’obbligo scolastico, ad abbandoni di frequenza, a ripetenze, a ritardi rispetto all’età.

Le cause sono molteplici e vanno individuate sia nei noti condizionamenti socio-economici e culturali dell’ambiente di provenienza degli allievi, sia nella stessa scuola; ossia possono essere “esterne” e “interne”. Le prime si concretizzano nello scarso impegno degli Enti locali per la realizzazione del diritto allo studio, nell’assenza di forme aggregative di socializzazione extrascolastica ed extrafamiliare dei preadolescenti, nel degrado ambientale e sociale; le seconde sono da ricercare all’interno della stessa scuola, che non sempre riesce a motivare adeguatamente gli allievi, che reagiscono con atti di insofferenza, se non di ribellione alla “routine” delle attività didattiche.

Di qui la necessità di tenere sotto controllo l’insieme dei fattori condizionanti per poter mettere a fuoco strategie di intervento adeguate che non possono che essere di rete, poiché richiedono un’azione sinergica di più agenzie, oltre e assieme alla stessa scuola.

A tal proposito, verso la fine degli anni ‘80, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione è stata promossa una politica integrata tra Scuola, Regioni ed Enti locali, in collaborazione con i Ministeri più direttamente interessati, quali quello dell’Interno, di Grazia e Giustizia, degli Affari Sociali e della Sanità, mirante ad attuare “esperienze-pilota” nelle zone dove più grave appariva il fenomeno “dispersivo”.

Considerati i dislivelli qualitativi e le sperequazioni territoriali ancora rilevanti tra regione e regione, tra città e campagna, tra Nord e Sud, si è posta la necessità di un superamento della concezione “giuridico-formale-assistenziale” del diritto allo studio (risposte uguali a bisogni diversi), richiedendo una politica scolastica e sociale basata sul principio della “discriminazione positiva” (dare di più a chi ha di meno), sia ai fini della prevenzione che della progettazione di interventi di recupero([3]). L’efficacia di questi interventi, in verità, è stata spesso condizionata dalla scarsa integrazione delle Istituzioni competenti (Stato - Regioni - Comuni) e dalla distribuzione non mirata degli interventi stessi.

La scuola spesso è rimasta sola nel portare avanti un progetto educativo-didattico complesso, teso a migliorare la qualità del servizio scolastico e quindi il processo educativo.

A livello interistituzionale, è risultato molto problematico finalizzare le risorse esistenti, attraverso un’azione sinergica di competenze per la realizzazione del “diritto allo studio”, sancito dall’art. 34 della Costituzione repubblicana.

 

Difficoltoso il raccordo tra operatori della scuola ed amministratori locali, operatori dei servizi socio-sanitari, associazioni, forze sociali.

Ma seppure nell’ottica settoriale e della frammentazione degli interventi, va detto che l’azione comunque è partita, dando risultati abbastanza soddisfacenti, anche se non sempre rispondenti alle aspettative desiderate.

Nell’anno scolastico 1989/90 le esperienze-pilota risultano avviate in 10 regioni, 28 province, 106 aree comprendenti 128 scuole elementari, 139 scuole medie e le scuole materne presenti sul territorio.

Le province sono state individuate tenendo conto delle mappe elaborate dal CENSIS, per una ricerca commissionata nel 1984 dal M.P.I. sulla base della correlazione dei dati dell’insuccesso scolastico, riferiti al 1981-82, con alcuni indici di disagio scolastico e di rischio educativo([4]).

Sono stati presi in considerazione i dati più recenti relativi all’edilizia scolastica e quelli sul tasso di ripetenza per l’anno scolastico 1983-84 (fonte ISTAT) e sul tasso di bocciatura per l’anno scolastico 1985-86 (fonte M.P.I.): il confronto tra i dati delle ripetenze e delle bocciature conferma che la situazione di insuccesso scolastico si ripresenta in linea di massima nelle stesse province individuate per l’alto rischio educativo e il disagio scolastico([5]).

Si riportano qui di seguito le regioni e le province dove sono stati avviati gli interventi, desunte dagli “Annali della P.I.” del 1990 - n. 2:

area sud-isole

Campania (Napoli, Caserta, Avellino, Benevento, Salerno)

Basilicata (Potenza)

Puglia (Bari, Foggia, Taranto)

Calabria (Cosenza, Catanzaro, Reggio C.)

Sicilia (Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Trapani,

Catania, Ragusa, Siracusa)

Sardegna (Cagliari, Nuoro, Sassari)

 

area centro-nord

Lazio (Roma)

Lombardia (Milano)

Piemonte (Torino)

Toscana (Grosseto)

In ognuna delle province indicate, tra le quali figura anche la provincia di Caserta, sono state individuate delle “aree” che coincidono con comunità montane o interi comuni: esse risultano caratterizzate da situazioni di deprivazione socio-culturale e/o da problematiche socio-economiche([6]).

Per raccogliere dati quantitativi e qualitativi sulla dispersione scolastica sia delle “aree” che delle singole scuole, anche non coinvolte nei progetti DI.SCO., sono stati istituiti nelle province interessate gli Osservatori provinciali permanenti, con il compito di fornire consulenza e indicazioni agli Uffici Studi e Programmazione dei Provveditorati agli Studi, nonchè i Comitati d’area nelle relative “aree”, con il compito di promuovere e favorire le informazioni e i raccordi tra le scuole, il Provveditorato agli Studi e l’extrascuola.

Nella nostra provincia i Comitati d’area e l’Osservatorio provinciale sono stati costituiti con decreti provveditoriali n. 10621/USBP, rispettivamente del 18/1/94 e 25/1/94, qui appresso sintetizzati([7]).

Il primo decreto individua le seguenti aree: Atellana, Regi Lagni, Galatina, Aversana e Matesina.

Il coordinamento di ciascuna area è affidato ad un Capo di istituto, che convoca e presiede il Comitato d’area, costituito dai Direttori e Presidi delle scuole esistenti nell’area, dagli operatori psicopedagogici e tecnologici, da un docente di ogni scuola e dal Sindaco di ogni Comune compresi nell’area, da un rappresentante dell’ASL, dall’assistente sociale e da un rappresentante di associazioni di volontariato dell’area medesima.

Il coordinamento di area realizza e promuove attività di ricerca e di indagine, di verifica e di valutazione sul fenomeno della dispersione scolastica, favorendo il collegamento tra le varie istituzioni operanti sul territorio, tenute ad assicurare i servizi previsti dalle norme vigenti. Inoltre, promuove e realizza l’istituzione dell’anagrafe scolastica e si adopera affinché anche le scuole dell’area non ancora impegnate sul progetto per la lotta alla dispersione scolastica, siano coinvolte in tale progetto.

In merito al secondo decreto, relativo all’Osservatorio provinciale permanente, va detto che esso è convocato e presieduto dal Provveditore agli Studi ed è costituito, oltre che dal Presidente, dal Coordinatore  provinciale per la dispersione scolastica, dal Coordinatore dell’Ufficio SBP del Provveditorato agli Studi, dal Responsabile provinciale del progetto DI.SCO., dai singoli Coordinatori d’area, nonché dai rappresentanti del Centro servizi culturali delle Regione Campania, dell’Amministrazione provinciale, del Tribunale Minorenni di Napoli, del Centro di Rieducazione “Angiulli” di S. Maria C.V., del Consiglio scolastico provinciale, dell’IRRSAE Campania, dei Sindacati, delle AA.SS.LL., dell’Associazione volontariato e da un funzionario della Questura e della Prefettura.

L’Osservatorio provinciale raccoglie i dati quantitativi e qualitativi sulla dispersione scolastica, sia tramite i coordinamenti d’area che delle singole scuole, anche non coinvolte nel progetto, e costituisce l’anagrafe scolastica provinciale.

Inoltre, favorisce e coordina - sia in sede provinciale che di coordinamento d’area - le iniziative volte all’integrazione delle competenze dei vari soggetti istituzionali referenti per l’effettivo esercizio del diritto allo studio (famiglia, scuola, distretti scolastici, enti locali, AA.SS.LL., Associazioni di volontariato, ecc.).

Promuove e organizza, altresì, forme di ricerca, di studio, di aggiornamento e di formazione in servizio del personale scolastico e non scolastico; definisce e coordina i compiti del personale assegnato sul progetto DI.SCO., elaborando strumenti di verifica e di valutazione degli interventi realizzati.

L’Osservatorio si riunisce presso i locali dell’Ufficio Scolastico Provinciale, ogni qualvolta il Presidente ne ravvisa la necessità o su richiesta del Coordinatore provinciale del progetto DI.SCO. o dei 2/3 dei componenti.

La convocazione dell’Osservatorio provinciale permanente è a cura dell’Ufficio Studi, Bilancio e Programmazione del Provveditorato agli Studi, su disposizione del Presidente.

Tra le “aree” a rischio del territorio provinciale, innanzi menzionate, figura anche l’area matesina, coordinata dallo scrivente preside della scuola media “G. Vitale” di Piedimonte Matese.

Per economia di spazio, non ci soffermeremo sui singoli decreti provveditoriali di utilizzazione e sui relativi laboratori attivati dai docenti presso la suddetta scuola, limitandoci a segnalarne il funzionamento ininterrotto sin dall’anno scolastico 1992/93([8]).

Non va sottaciuta, invece, la soddisfazione dello scrivente e dei suoi docenti collaboratori impegnati nei vari progetti per la DI.SCO. e l’ex art. 14 della L. 270/82, per i positivi risultati conseguiti.

L’evasione scolastica, nella nostra “area”, si è ridotta solo a qualche unità; le frequenze saltuarie, come le ripetenze, sono state contenute in un numero molto esiguo, almeno nelle scuole della fascia dell’obbligo. Ciò grazie alla messa in atto di attività didattico-educative complementari che hanno vivamente interessato gli allievi, specie quelli che mostravano maggiori disagi nel seguire le cosiddette attività curriculari.

Assecondando tendenze, attitudini ed interessi e, soprattutto, privilegiando l’operatività, si è riusciti a motivare chi a scuola veniva mal volentieri.

Il Coordinatore d’Area, collaborato validamente dal docente coordinatore di rete prof. Langellotti, ha promosso continui contatti con le istituzioni territoriali, tenute ad assicurare i servizi di cui alle disposizioni vigenti, coinvolgendo tutte le scuole cittadine, dalla materna agli istituti secondari superiori, in un progetto di rete triennale (1996/99), dal titolo “Tempo scolastico e tempo extrascolastico”. Ci si è preoccupati, altresì, di curare la circolarità delle informazioni tra operatori scolastici, famiglie, enti pubblici e privati, interessati alla problematica in parola.

La collaborazione con gli Enti locali è risultata, purtroppo, abbastanza problematica; buona, invece, l’intesa con l’assistente sociale del Comune di Piedimonte e con l’ufficio di stato civile e anagrafe, di cui ci si è giovato per l’elaborazione dell’anagrafe scolastica. Le stesse famiglie interessate non sempre hanno dato la loro disponibilità, fornita invece dai due Circoli didattici e dalle scuole medie locali.

Per le esposte difficoltà di cooperazione tra scuola ed ente locale, tra scuola ed extrascuola, è risultato finora impossibile definire i cosiddetti “accordi di programma” - previsti dalle leggi n. 142 e n. 241 del ‘90 - volti a disciplinare interventi sinergici per traguardi comuni.

Un grazie sentito agli Ispettori tecnici A.Genovese e G. Esposito, coordinatori provinciali per la DI.SCO., rispettivamente per la scuola elementare e la scuola media, che con i loro preziosi suggerimenti hanno facilitato l’ardua opera formativa, portata avanti da docenti qualificati e profondamente motivati([9]).

 

 

 

COMUNE DI PIEDIMONTE MATESE

DISPERSIONE TERRITORIALE

SCUOLA MEDIA

 

Anno Scolastico

Iscritti

Ripetenze

Evasioni

Tot. Dispersione

1990-91

651

23

17

40

1991-92

672

29

9

38

1992-93

653

12

5

17

1993-94

627

25

3

28

1994-95

571

6

1

7

1995-96

522

16

0

16

1996-97

533

13

0

13

1997-98

579

12

0

12

 

 

P.S. Se per le “ripetenze” i dati sono alquanto altalenanti, per motivi complessi e di difficile lettura, la voce “evasione” è andata gradualmente riducendosi, fino a scomparire del tutto alla scuola media.

 

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[1] “Annali della Pubblica Istruzione”, n. 4, Luglio-Agosto 1990, Le Monnier, pag. 391.

[2] Ibidem, pagg. 391-392.

[3] Vedi “linee di analisi e proposte per l’avvio di un piano nazionale di intervento sul fenomeno della dispersione scolastica nella scuola dell’obbligo”. Documento per l’avvio di esperienze-pilota, a cura di Raffaele Tortora, A. Maria Cetorelli e Rosa Tignanelli - Ufficio Studi e Programmazione M.P.I., in “Annali della Pubblica Istruzione”, n. 2, Marzo-Aprile 1990, Le Monnier, pag. 197.

[4] “Annali della Pubblica Istruzione”, documento cit., pag. 206.

[5] Ibidem, pag. 206.

[6] Tra le “aree” risulta anche quella matesina, avente come scuola-pilota la scuola media “G. Vitale” di Piedimonte Matese.

[7] Nelle zone a rischio, il passaggio da una società originariamente agricola ad una società industriale e, poi, ad una società privata (sviluppo dei servizi in funzione dell’industria) è stato molto brusco ed è avvenuto con conseguente mutamento della fisionomia dei centri urbani, con la creazione, nelle fasi della recessione economica, di sacche di emarginazione e di disoccupazione, che hanno accentuato il fenomeno della dispersione scolastica.

[8] Le attività laboratoriali pomeridiane proseguono tuttora (a. s. 98/99), con indubbio successo, grazie alla disponibilità di risorse umane aggiuntive.

Di tali laboratori si riportano alcune foto, a conclusione di questo lavoro.

[9] Il punto di riferimento normativo essenziale in materia rimane la C. M. n. 257/94, con il quale il Ministero della P. I. ha dato indicazioni significative sul diffuso fenomeno degli “insuccessi scolastici”. Tale circolare si configura come un utile strumento pedagogico e metodologico per l’individuazione di risorse e di attività dei bisogni formativi degli alunni, nell’ambito della progettazione educativa e del percorso didattico.