nella Chiesa di A. G. P. di Piedimonte d’Alife
Di
Giovan Filippo Criscuolo, da Gaeta, fiorito nel XVI secolo, abbiamo una
pregevole tavola, senza firma, nella Chiesa di A.G.P. di Piedimonte
d’Alife. Nessun documento si è potuto rintracciare per stabilire
l’autenticità e la provenienza di essa, ma lo stile e la maniera con cui
è trattata non lasciano dubbio che sia opera del pittore di Gaeta.
Discostandosi
alquanto dal maestro, Andrea da Salerno, egli vi si rivela per il disegno e per
la leggiadria del colorito che gli sono propri, come per la padronanza della
tecnica e dell’unità della composizione, analoga in tutte le sue opere,
oltre che per alcuni caratteristici particolari dinotanti, appunto,
l’impronta del suo pennello. Il soggetto che questa pregevole pittura
rappresenta è l’Annunciazione.
La
Vergine, vestita di rosso, con mantello verde-scuro, ben panneggiato, è
genuflessa innanzi ad un leggio, con la mano sinistra sul petto, ascoltando
l’alato messaggero. L’Angelo le sta di fronte, in piedi. Nella mano
sinistra egli reca lo stelo dei gigli fioriti, che l’arte del Trecento
aveva posto nella sua mano in sostituzione del bastone viatorio dell’arte
cristiana antica, dello scettro regale dei Bizantini, e della palma, che gli
aveva dato Dante, simbolo della vittoria sulla morte.
«Bene
stij, o favorita: il Signore sia teco: benedetta sij tu fra le donne» annuncia
il messaggero divino. E poiché la Vergine, vedendo l’Angelo, è turbata
dalle sue parole, discorrendo in se stessa qual fosse questo saluto, dà modo al
messaggero alato di seguitare: «Non temere Maria: perciocché tu hai trovata
grazia appo Iddio. Ed ecco, tu concepirai nel ventre, e partorirai un
figliuolo, egli porrai nome Gesù. Esso sarà grande e sarà chiamato Figliuolo
dell’Altissimo: e ‘l Signore Iddio gli darà il trono di David, suo
padre. Ed egli regnerà sopra la casa di Jacob in eterno: e ‘l suo regno
non avrà mai fine».
Naturalmente
Maria risponde a sua volta: «Come avverrà questo, poi ch’io non conosco
uomo?» E l’Angelo di rincontro: «Lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la
virtù dell’Altissimo t’adombrerà: per tanto ancora ciò che nascerà
da te santo, sarà chiamato Figliuolo di Dio. Ed ecco, Elisabet, tua cugnina, ha
eziandio conceputo un figliuolo nella sua vecchiezza; e questo è il sesto mese
a lei ch’era chiamata sterile. Conciosiacosaché nulla sia impossibile
appi Iddio».
Maria
risponde: «Ecco la serva del Signore; siami fatto secondo le tue parole».
Ciò
va detto per l’uso di segnare le parole dell’Angelo, e talvolta
anche le risposte di Maria, che si fece quando l’arte nostra, rifiorita
sulle soglie del XIV secolo, si provò ad indicare il sacro mistero senza forme
simboliche e senza i particolari desunti dal protoevangelo di Giacomo, e quasi
si accorgesse di non rendere ad evidenza l’espressione delle figure, vi
stampò le parole.
A
proposito di questi episodi dell’Annunciazione, è interessante
seguire lo sviluppo del tema della salutazione evangelica nell’arte
bizantina: l’atteggiamento dell’Angelo si è animato di secolo in
secolo, seguendo una progressione regolare, che non si accelera punto prima dei
tempi dei Comneni. Fino al secolo XI il messaggero divino si presenta in un
atteggiamento grave, immobile come una statua, poi a poco a poco la statua si
mette in movimento: l’Angelo fa un passo. La sua andatura, fissata dal
pittore, diviene sempre più rapida fino a che nel XIII secolo l’Angelo
entra bruscamente nella camera della Vergine con moto così rapido che le sue
vesti volano dietro di lui, che ha grandi ali aperte.
Ma
un particolare ancora notato in molte delle scene dell’Annunciazione,
apparso già di frequente nel VI secolo in un avorio della Biblioteca Nazionale
di Parigi, è quello della fantesca che s’intromette nell’episodio o
filando, come nelle opere del XIII secolo, o origliando alla porta, come in
quelle del XIV.
Nell’Annunciazione
di Leonardo non troviamo la fantesca, ed è la Vergine, invece, che fila la
porpora per il velo del Tempio.
Nel
dipinto del Criscuolo la fantesca neppure appare, ed il velo lo troviamo, anzi,
già bello e filato, disteso sopra un ciscinetto posto entro una canestra di
vimini. Questo particolare del velo, già filato, sembra del tutto nuovo nei
dipinti dell’Annunciazione.
L’Angelo,
poi, nel quadro di Piedimonte, è movimentato e fa il suo passo in avanti; e
poiché la porta dietro di lui è chiusa, vuol dire che egli è entrato nella
camera della Vergine volando dal Cielo. Per la rapidità con cui è entrato, la
veste gli si apre sulla coscia sinistra, nuda, e svolazza verso la gamba destra
con movimento e panneggio leggiadramente eseguiti.
La
Vergine, in questa tavola del Criscuolo, ha un atteggiamento che molo le
addice: la sua testa è alquanto inclinata a destra, ed il volto è soffuso di un
incarnato, che dimostra bene l’interno turbamento. Ha una bellissima ed
indovinata espressione, e se il volto non fosse di un secco pittorico,
apparirebbe ancora più bello e naturale, quantunque sereno ed ingenuo nel tempo
istesso, specie nello sguardo rivolto all’Angelo maestoso e bello
anch’esso.
In
alto a questo quadro, ed in mezzo ad una nuvola, innanzi alla quale vi è lo Spirito
Santo effigiato da una colomba, Dio, in gloria d’angeli, è in atto di
guardare la scena.
Il
tutto, poi, è ben trattato, con correttezza di disegno nei dettagli e nelle
forme, con verità d’ambiente e con effetti di colorito indovinato, da
lasciare ben apparire l’episodio, assai semplice, nel quale il Criscuolo
ha trasfuso tutta la potenza del suo pennello.
R. Marrocco