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Antonio Manzo

Dall’etnico safīno ai samnītes

 

in Annuario ASMV 2001, pp. 193-197

2002

 

 

 

In iscrizioni sudpicene[1] del V sec. a.C., come la documentazione archeologica induce a ritenere, provenienti da Penna Sant’Andrea, località del tramano sita su un’altura alla destra della bassa valle del fiume Vomano, l’etnico Safīno-[2] compare in quattro occorrenze.

Mi par giusto anzitutto precisare che il senso e l’importanza di suddetto rinvenimento si poggiano su un presupposto di indubbia esattezza, quello cioè che porta a fissare l’identità dell’italico safīno- con il latino sabīno-, identità fondata essenzialmente, per quanto attiene alla fonetica, sulla quantità della penultima sillaba nell’una e nell’altra base. Con ciò non vorrei tuttavia tralasciare la questione fonetica relativa a italico -f- vs. latino -b-, consonanti cui è affidato il compito di esprimere la continuazione di aspirata sonora indoeuropea nell’interno di parola[3].

Ma, se l’identificazione del sudpiceno safīno- con il latino sabīno- crea problemi di sorta, resta pur sempre da approfondire il complesso rapporto dei suddetti safīno- e sabīno- con tutta la serie onomastica espressa da forme quali osco safinim, aggettivo che si trova in un’iscrizione di Pietrabbondante databile circa la fine del sec. II a.C.[4]. Per altro, saf īnim da etnico si fa coronimo, come testimoniano denari coniati durante il bellum sociale nell’88 a.C.[5] e latino Samnītes, etnico da cui si ebbe il coronimo Samnĭum, è connesso con l’etnico Sabēlli, che non è affatto diminutivo di Sabini, come Strabone ritiene verosimile supporre[6], né si tratta di un “poétisme relativement récent”[7]. Nomi propri, i suddetti, che ci portano a una base comune *sabh-, procedimento tipico dell’indeuropeo, che traeva, da una medesima base mediante una pluralità di suffissi, una pluralità di termini. E questa parrebbe, anche nel caso nostro, la spiegazione più “economica”.

Ho letto interessato e attento il saggio programmatico che Helmut Rix elaborò con intelligente acribia per studiare, tramite saf-/sab-, gli esiti delle sonore aspirate in italico[8]. Presi in esame nomi quale Sabīni, Sabēlli e Samnĭum, il Rix giudica negativamente l’operato di chi ipotizza la derivazione di queste parole da basi diverse, cioè *safo-, *safno- e *safīno-, come suggerisce Lidén, oppure *safio-, *safno- e *safni-, come vuole il nostro Devoto, nel senso che “queste formule matematiche non chiariscono nulla, perché esse non corrispondono alla situazione storica”[9]. Stando al Rix, la focalità della questione consiste nel riconoscere con sicurezza quale sia il rapporto delle forme linguistiche, da cui promanano effetti non solo sul piano linguistico vero e proprio, ma anche su quello storico. In particolare si ha che il sudpiceno safīno- adduce un nuovo elemento di giudizio nell’affrontare la soluzione del problema inerente all’origine del nome dei Sabini e di altri ad esso collegati, come osco Safĭnim e latino Sabēlli, Samnītes, Samnĭum, Sabīni: data per scontata la comune derivazione dalla base *sabh-, la discussione si porta sulla possibilità o meno di qualificare vera un’unica base comune. Fu proprio il Rix che si adoperò per arrivare a un’originaria forma aggettivale *sabhĕno-, che aveva già ruolo di etnico, ma non era certo in grado di dare conto di tutte le altre forme storiche, che potevano ad esso essere riportate, giacché nel ricostruire all’indietro bisogna ricostruire basi, non già nomi (sostantivi o aggettivi). Pertanto questa del Rix fu soluzione che richiedeva, per essere adottata nella prassi, tutta una serie di aggiustamenti scelti appositamente a seconda dei casi[10]. Va altresì ricordato come il Rix[11] consideri Sabelli sinonimo di Samnites, in armonia con quanto già scriveva C. Sonnenschein[12], ma direi che correre dietro ai sinonimi non sempre giova, mentre, nel caso nostro, conviene fissare l’attenzione su quella dinamica onomastica, oltre che storica, che dava modo ai Latini di aver con Sabelli un nome dalla significazione generica, ma idoneo per distinguere le stirpi intermedie, e con Samnites il termine specifico per designare i Pentri, i Caudini, gli Irpini, i Carnicini e i Frentani.

Il Rix[13] ha fatto bene ad insistere sull’antichità del nome Sabelli, mentre il Salmon[14] vede in Sabelli un nome, la cui formazione non è verosimilmente anteriore a Varrone. Il quale, nel fr. 17[15] della menippea Age modo[16], fa sapere che un tempo, quando la terra, divisa in porzioni, fu assegnata agli uomini, “il Samnio toccò ai Sabelli (Samnium Sabellis)”; ed è notevole che altrettanto si legge in Strabone[17] e in Plinio[18]. Per di più il grande Reatino ci informa che Casinum[19], dove egli possedeva una villa sontuosa[20], era abitata dai Sanniti, che erano discendenti dai Sabini (ab Sabinis orti Samnites)[21]. In questo torno di idee meritano la nostra attenzione anche i debiti, che Virgilio ha con Varrone: i giovani sabini sono denominati pubes Sabella e i Volsci sono detti veruti, armati di veru[22]. E il veru Sabellum, la corta lancia somigliante allo spiedo in uso presso gli antichi Italici, compare nell’Eneide, segnatamente nel catalogo delle gentes latine scese in campo contro Enea, insieme con le altre armi attribuite ai guerrieri di Aventino[23]. Perciò Varrone e Virgilio si oppongono, sotto il profilo semantico, all’affermazione che Sabellus “non ha niente a che fare con Sabini[24]; e per quanto riguarda l’etimologia, mi precisava accortamente l’amico Walter Belardi, sembra difficile ricostruire due distinte e diverse basi *sabh-.

Le fotni greche, che registrano l’etnico dei Sanniti, Saunîtai, non siano anteriori alla prima metà del sec. IV a.C., epoca in cui fiorì lo storico siracusano Filisteo, che ricorda i Saunîtai nell’undicesimo libro dei suoi Sikelikà[25]. Anche in uno scritto geografico, il Periplo del mare dell’Europa abitata e dell’Asia e della Libia, opera di uno scrittore ignoto del sec. IV a.C., che va sotto il nome di Pseudo-Scìlace, si parla dei Saunîtai, che sono detti “confinanti con i Campani”[26].

Poiché a quel tempo i Greci ignoravano il suono f, che essi pronunciavano facendo sentire tanto la labiale tenue p quanto l’aspirazione, si ebbe l’adattamento Saunîtai, col suffisso derivativo del tutto greco. Per altro, in latino, dicendo Samnites si mantenne la finale greca, solo apparentemente scomparsa al singolare Samnīs da *samnit(ī)s, caso di ossitonia procurata da riduzione fonetica posteriore alla fissazione dell’accento, mentre -mn- rispecchia la norma per cui ogni specie di occlusiva si convertì in nasale sotto l’azione di una -n- che la segue[27].

Mi avvio a concludere ricordando come dall’etnico Samnites si sia verosimilmente formato il coronimo Samnium precisando come questo nome sia stato spiegato in modi diversi. Se il greco Saùnion può essere inteso quale esito di dissimilazione di un tema Samn- e il successivo Sàmniom costituisce la trascrizione greca del coronimo latino, L. Cornelio Scipione Barbato, ci dà la più antica attestazione del Samnium, scritto però Samnio, con l’omissione della labionasale -m[28]. Da ultimo, è stato tirato in ballo *cis-sabnio-, nome locale del Samnium, forma da cui D. Silvestri[29] fa derivare Cisauna(m), aggettivo qualificativo di Taurasia(m), centro abitato sannitico sottomesso ai Romani nel 298 a.C., come si legge nel suddetto elogio sepolcrale. Ma se col prefisso cis-, che in latino significa ‘di qua da’ si indica o si fa riferimento a posizione geografica o astronomica, va da sé che tale prefisso venga usato per designare la linea ideale di qua da un dato luogo di riferimento, non già un territorio[30].

 

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[1] Fra le varie parole, usate per designare le iscrizioni pertinenti a questo ambito epigrafico dell’Italia antica, si preferisce l’aggettivo sudpiceno, il più recente in ordine di tempo e forse anche il più idoneo. Cf. A. Marinetti, Il sudpiceno come italico (e sabino), “Studi Etr.” 49, 1981, pp. 113-158; Ead., Le iscrizioni sudpicene, I: Testi (Lingue e iscrizioni dell’Italia antica, 5), Firenze 1985.

[2] L’argomento fu trattato con acume e dottrina da A. L. Prosdocimi, I Safini delle iscrizioni sudpicene, nel corso del Convegno di studi su “Preistoria, storia e civiltà dei Sabini” (Rieti, ottobre 1982), Rieti 1985, pp. 35-55. Per altro cf. C. De Simone, Sudpiceno safīno- / lat. sabīno-: il nome dei Sabīnī,”Ann. Or. Nap.” 14, 1992, pp. 223-239. Per tutta questa materia, ed altro, informa il lavoro di G. Tagliamonte, I Sanniti, Milano 1997.

[3] Cf. M. Lejeune, Notes de linguistique italique, XXI : Les notations de f dans l’Italie ancienne, "Rev. Étud. Lat." 44, 1966, pp. 141-181; A. Manzo, Trascrizioni del suono F in antichi toponimi nella regione del Medio Volturno, in “Annuario 1971 Associazione Storica Sannio Alifano”, Piedimonte Matese 1971, pp. 146-154.

[4] Cf. E. Vetter, Handbuch der italischen Dialekte, Heidelberg 1953, n. 149. Circa la quantità della penultima sillaba di safinim c’è da dire che, se è breve, si accorda con Samnium da *Sa-(ĭ)nio-, ma non con Sabini, la cui penultima è lunga.

[5] Cf. E. Vetter, op. cit., n. 200; per altro, cf. R. Cantilena, La moneta tra campani e Sanniti nel IV e III secolo a.C., in AA. VV., Studi sull’Italia dei Sanniti, Roma 2000, pp. 82-89.

[6] Strab. 5, 4, 12, p. 250.

[7] Strabon. Geographica 3 (1. V-VI), texte établi et traduit par F. Lasser, Paris 1967, p. 217.

[8] H. Rix, Sabini, Sabelli, Samnium. Ein Beitrag zur Lautgeschichte der Sprachen Altitalies, « Beiträge zur Namenforschung” 8, 1957, pp. 127-143. Al prof. Helmut Rix, “figura di assoluto rilievo” nell’ambito degli studi sulla lingua etrusca e sull’osco-umbro, è stato assegnato il XL Premio Internazionale “Galileo Galilei” dei Rotare Club Italiani, dedicato, per l’anno 2001, all’Archeologia ed Etruscologia.

[9] H. Rix, art. cit., p. 127.

[10] Cf. A. L. Prosdocimi, I Safini delle iscrizioni sudpicene, cit., p. 47.

[11] H. Rix, art. cit., p. 129.

[12] C. Sonnenschein, “Sabellus”: Sabine or Samnite?, « Class. Rev. » 11, 1897, pp. 339 s.

[13] H. Rix, art. cit., pp. 130-132.

[14] E. T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, ed. ital., Torino 1985, pp. 35 s.

[15] Il frammento è stato conservato da Filargirio a commento di Verg., georg. 2, 167 e si esprime in questi termini: Terra culturae causa attribuita olim particulatim hominibus, ut Etruria Tuscis, Samnium Sabellis.

[16] Cf. J. P., Cèbe, Varron, Satires Ménippées, I Rome 1972, pp. 73-80.

[17] Strab. 5, 4, 12, p. 250.

[18] Plin. nat. hist. 3, 12, 107.

[19] Per Strabone (5, 3, 9, p. 237) Casinum è una “città importante”, i cui resti sono ancora visibili poco a sud dell’odierna Cassino FR.

[20] Cf. Varr. de re rust. 3, 5, 8.

[21] Varr. de ling. Lat. 7, 29. Cf. F. Della Corte, Varrone ‘il terzo gran lume romano’, Firenze 1970 (II ed.), pp. 36 s., che sottolineò che Varrone credeva la derivazione dagli Oschi di vocaboli dissueti nella lingua latina. Per altro, G. Tagliamonte, op, cit., p. 11.

[22] Cf. Verg. georg. 2, 167 s.

[23] Cf. Verg. Aen. 7, 664 s. Esauriente M. Malavolta, s. v. veru, in Encicl. Virg. V*, 1990, pp. 511 s.

[24] G. Devoto, Gli Antichi Italici, Firenze 1967 (III ed.), p. 104.

[25] Cf. Fr. Graec. Hist. di F. Jacoby (Leiden 1957), dove Filisto occupa il n. 70 della raccolta. Sarà un geografo, ma noi sappiamo bene fino a qual segno il geografo antico sia debitore allo storico, Strabone, che riserva alla etnografia e alla storia dei Sanniti la sezione più lunga in confronto alla descrizione degli altri popoli dell’Italia meridionale (5, 4, 11-12, pp. 249-250). Circa le origini sabine dei Sanniti abbiamo incontrato Varrone (cf. n. 21), pensiero che egli riprende, come leggiamo in Gell. 11, 1, 5 affermando che “il nome multa non è latino, ma sabino; e sostiene che al tempo suo multa era un nome rimasto nella lingua dei Sanniti, che discendono dai Sabini” (Gellio cita dalle varroniane Antichità umane: 21, fr. 1 Mirsch=fr. 119 Funaioli). La migrazione di Paul. Fest. 437, 1-3, che scrive: Samnites ab hastis appellati sunt, quas Greci saùnia appellant; sive a colle Samnio, ubi ex Sabinis adventantes consederunt ed. Lindsay, si legge in nota nell’edizione del Mueller (Lipsiae 1880, rist. 1975, p. 327): Veriloquium hoc a Graecis inventum esse, qui Samnitas Saunìtas dixerant, manifestum esse. Non tralascerei G. Semerano, Le origini della cultura europea, II, Firenze 1984, pp. 517 s.; 814 s.

[26] [26] Così leggiamo nei Geographi Greci minores, I. Paris 1885, p. 19, § 11, a cura di K. Müller, a p. 24 § 15 l’Autore torna sui Sanniti, se Daunìtai si corregge in Saunîtai, precisando che il loro èthnos si estendeva dal mar Tirreno all’Adriatico.

[27] Cf. M. Niedermann, Phonétique historique du latin, Paris 1945, pp. 190 s.

[28] La -m finale è di regola soppressa nelle iscrizioni arcaiche, perché il suo suono è debole; stando a Prisciano m obscurum in extremitate dictionum sonat (Gramm. Lat. 2, p. 29, 15 Keil). Cf. M. Niedermann, op. cit., p. 147.

[29] D. Silvestri, Taurasia Cisauna e il nome antico del Sannio, “Par. Pas.” 33, 1978, pp. 167-180. Per altro cf. K. D. Fabian, Taurasia, in Oleine Pauly 5, col. 540; E. Innocenti, Sull’elogio di Scipione Barbato, “Ann. Ist. Stor.” 2, 1980-1 (Fac. di Magistero Firenze), pp. 13-23.

[30] Cf. A. R. Prosdocimi, Preistoria, storia e civiltà dei Sabini, cit., p. 46.