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La guerra nel Medio Volturno nel 1943

Parte Prima - Capitolo IV

Le operazioni di guerra

 

 

   La battaglia del Volturno

 

12 Ottobre: la notte scese sul Volturno. Una notte di luna piena che inargentava meravigliosamente la fertile vallata, in una visione di pace e di sogno. Ma era guerra; la calma era apparente, e tradiva l’ansia per qualcosa di imminente. Le pattuglie americane che sotto tanto chiarore venivano scoperte, davano occasione a mitragliamenti localizzati, e a segnalazioni di fiamme colorate, come tutte le notti…

Ma dietro le colline tifatine, nei bivacchi americani tutto un movimento di truppe, di motori, di attrezzature, studi di traiettorie di tiri… e lunghe colonne di uomini in marcia… Sull’altra sponda, silenzio! I Tedeschi erano lì invisibili, appostati e decisi.

Alle 24, ora zero stabilita da Clark, all’improvviso, l’impressionante silenzio divenne un Inferno! Seicento cannoni tuonarono insieme su tutto il fronte! Alle cannonate tonanti fecero eco le esplosioni dei mortai e centinaia di crepitanti mitragliatrici che da monte Tifata sputarono fuoco su Triflisco.

Subito, sorretto dalle compagnie ed armi pesanti del 30° Fanteria, il 1° Battaglione del 15° Fanteria sotto la via statale 87, cominciò ad attuare l’ordine del colonnello Rogers di fare con forza, demonstrate vigorously, la finta dimostrazione di assalto sul fianco sinistro della Divisione.

Un’ora dopo, alle 01,00 la 3° Divisione apriva il fuoco sulla riva Nord. Si tirava sui bersagli identificati nei giorni prima. Una pioggia di proiettili che durò un’ora. All’1,55 la nuvolaglia nera delle bombe fumogene nascose i posti da attaccare. Cinque minuti dopo, alle 02,00 cominciò l’assalto.

Il 7° Fanteria tentò l’attraversamento accosto alla penisoletta che forma la piega a uncino, haipin-chaved loop. Il 1° Battaglione sotto corrente, il 2° e il 3° Battaglione controcorrente più in alto.

Alle 24 era cominciata la diversione a sinistra, in base alla quale il 1° e il 3° Battaglione stavano occupando un’area avanzata, nascosta in un profondo fossato sul fianco Nord di monte Tifata, nei pressi della masseria Mazzarella; il 2° Battaglione e il posto di comando del reggimento, finora nascosti nella valle fra monte San Leucio e monte Tifata, si muovevano su una traccia di via ampliata negli ultimi giorni dal 10° Battaglione Genio per farci passare carri armati e pezzi anticarro.

Il 1° Battaglione uscì dal suo campo alle 00,45. Gli uomini portavano cordami per far da guida, pontoni di gomma e zattere.

Mentre i reparti carreggiati si travagliavano per far scendere sulla riva battelli di gomma e zattere pesanti, i reparti di assalto passavano a guado o a nuoto la corrente fredda e violenta per fissare le corde su appigli della riva opposta.

La riva Nord è alta. Cessato il formidabile cannoneggiamento, e prevedendo l’assalto, i Tedeschi iniziarono un violento tiro di mitragliatrici che doveva colpire sull’altra riva. Apparivano strisce di fumo rosso a incrocio, a criss-cross, a qualche metro sopra la testa degli audaci che ormai assicurati, vollero strafare. Ma i canotti, tutti insieme erano troppi, e si urtavano; e ci voleva una fatica tremenda a tenerli, dato che la corrente li portava via. Gli alberi quasi in bilico sulla ripa, ai quali furono attaccate le funi, se ne vennero giù; le zattere venivano calate in acqua una per una… Si profilava un disastro!

Senonché, oscurità e fumo da una parte, l’altezza della ripa dall’altra, salvarono gli Americani. I mitraglieri tedeschi sparavano troppo alto. Sì, però le ore volavano. Con la luce del giorno il fuoco tedesco si sarebbe aggiustato, a parte i corpi scelti, le masse di uomini restate sulla riva Sud erano esposte al massacro. Ma non era tempo di riflettere.

Attraversata l’acqua, gli Americani trovarono un altro vantaggio. Stringendosi sotto la ripa, mossero in colonna contro corrente su una striscia di “limata” come diciamo nel nostro dialetto, la sabbia di fiume[1]. C’era qualche mina, e qualcuno saltò in aria, altre furono spostate.

Ed ecco, forse inaspettata, la soluzione. Il grosso del battaglione arrivò ad un piccolo rivo che dalle colline attraverso i campi entra nel fiume in un fossato[2]. Escludendo il rivo San Giovanni che viene da sinistra, il “creek” s’identifica col rivo Pisciaréllo. Il fosso è profondo sì e no due metri, ma era quanto bastava a circa 500 uomini audaci, per avanzare through wich, attraverso esso, per diffondersi inosservati nei campi dietro le prime linee dei loro nemici. Ora, o fosse stato il caso o perché previsto nel piano di assalto, l’inserimento nel terreno tenuto dai Tedeschi fu attuato proprio col microscopio. Pisciaréllo, e sfruttato subito. Parte del battaglione si diresse immediatamente verso i campi. Arrivò intanto l’ordine di mantenere queste posizioni per proteggere il fianco sinistro del reggimento. Il 2° Battaglione, seguito dal 3°, attraversava ad Ovest della curva a uncino. Gli uomini si tenevano afferrati alle funi e alle strisce bianche sotto gli zaini con la sinistra, per non farsi portare via dalla corrente, e tenevano alzato sopra la testa il braccio destro col fucile.

Oscurità e ardimento li portarono oltre le fox-holes, le “tane di volpe”, da dove crepitavano le mitragliatrici. I Tedeschi sparavano sempre, e non se ne accorsero. Ancora nella tarda mattina i loro franchi tiratori facevano fuoco lungo il fiume.

Senza curarsi di spazzare queste sacche di resistenza, gli Americani si diressero verso monte Maiùlo, seguendo il rivo Pisciaréllo. La sorpresa aveva vinto! Alle 8, elementi avanzati del 2° Battaglione erano arrivati alla collina. Il 3° Battaglione invece, sotto un fuoco pesante di artiglieria, avanzava lentamente.

 

***

Con la luce del giorno la battagli divenne più intensa, e il fuoco tedesco più preciso e micidiale.

Ma anche la 3° Divisione diresse meglio il fuoco sui cannoni e carri armati degli avversari. Si aggiunga che i cannoni anticarro del 60 Battaglione anticarro si scatenarono coi loro proiettili micidiali ad alta velocità, concentrando il fuoco tra la via e il fiume. Dalla Compagnia K sei carri furono colpiti. Di fronte a questa tempesta di colpi, i carri armati tedeschi ripiegarono a Nord in alcune “cupe”; vie incassate, fra monte Grande e monte Maiùlo. Si ritirarono in ordine, combattendo. Il contrattacco si era spinto fino 50 yarde dal fianco sinistro del 3° Battaglione.

Gli Americani, per l’esattezza i loro corpi scelti, avanzavano, ma lontanamente pensavano che la ritirata tedesca fosse strategica, cioè prestabilita. Alle 10,12, un ufficiale inglese di informazione porta un messaggio al comando: il 3° Battaglione Panzer è pronto al contrattacco. Subito, ordine al 75° Battaglione Carri di lanciare i carri della compagnia A attraverso il fiume. Tanks anfibi per acque profonde e anticarro attraversarono il Volturno di pieno giorno. Il “fustigatore”, bulldozer, si accostò alla riva per sfondare, ma fu respinto dall’artiglieria e dalle mitragliatrici tedesche. Gli spalatori della compagnia A del 10 Battaglione Genio fecero la scarpata con picconi e pale, proprio al di sotto dell’ansa a uncino, e alle 11 vi saliva il primo carro amato. Nel pomeriggio erano 15 i carri saliti, e 3 gli anticarro. Essi e l’artiglieria avevano fermato il contrattacco tedesco. La lotta si esauriva ormai in quel settore. La persistenza nello sfruttare le conquiste fatte, e l’ordine alle forze germaniche di resistere solo per ritardare la marcia nemica, avevano dato la vittoria, certamente travagliata, agli Americani.

Anche dal comando tedesco ci fu il riconoscimento che lo sforzo degli avversari era riuscito. Dagli Inglesi fu intercettato un secondo radiomessaggio e mandato alla 3° Divisione. Portava questo commento: “La (divisione) H. Göring pensa che la vostra gente stia operando troppo bene in quel settore”[3].

Mentre il 7° Fanteria iniziava l’avanzata in pianura, i soldati del 15° Fanteria (meno il 1° Battaglione) attuavano una diversione. Dalla valle ove sorgono le fazioni di Castelmorrone, si arrampicava su monte Castellone, di fronte a Piana di Caiazzo. Raggiungere questo abitato attraversando il fiume e occupando gli avamposti tedeschi su Mesurìnola, costò ore di combattimento e gravi perdite.

Il 15° Fanteria varcò il fiume poggiando su un’isoletta. Le sue compagnie conversero su Monticello ove ci fu sosta. Una cava di pietra sul lato Sud servì al comando. Fra le 2 e le 3 di notte, il 2° Battaglione aveva subìto gravi perdite, e dalla cava di pietra i feriti venivano portati al fiume, e traghettati su canotti di gomma.

Il 3° Battaglione rimontando la corrente verso l’isoletta, venne avanti senza reparti carreggiati (che non potevano salire sul Castellone), e le sue compagnie L e K passarono a guado la corrente, e i soldati, aiutandosi l’un l’altro, salirono sulla riva opposta. La lotta contro la linea avanzata nemica fu breve. I Tedeschi si ritirarono, e gli Americani attaccarono Mesurìnola. Un vero aggiramento!

La compagnia L attaccò da sinistra, la compagnia K da destra, un plotone di riserva l’aggirò da dietro. Le pendici sono erte, ma furono scalate. E quasi tutti i Tedeschi furono fatti prigionieri, e i pochi che sfuggirono si ritirarono a Nord della via. Ma la loro artiglieria concentrò il fuoco sulle due collinette abbandonate, e carri armati, e cannoni semoventi tennero sotto il fuoco tutta la valle. Ci rimase sotto proprio il 2° Battaglione che ebbe forti perdite, e avanzò lentamente, strisciando a terra.

Anche i Tedeschi ebbero fuori combattimento un primo carro armato. Il servente saltò fuori, e si rifugiò in una casa presto bruciata da colpi di mortaio. Un altro carro veniva da Caiazzo, e incappò nel blocco stradale tenuto da un plotone anticarro del 3° Battaglione. Gli furono tirati tre copi di bazooka, e un sergente beccò l’equipaggio.

Era una giornata intera di lotta. Nel pomeriggio 2° e 3° Battaglione avanzarono sulle colline dietro Piana di Caiazzo. Ma il paese era stato lasciato, e quando la compagnia L occupò Piana, vi trovò un solo tedesco che si arrese. Due postazioni di mitragliatrici sul fianco di monte S. Croce, furono ridotte al silenzio, con granate e fucilate, e in quel settore finì la resistenza tedesca.

Intanto il 2° Battaglione attaccava dalle piccole valli, il monte Caruso al centro fra il Maiùlo e S. Croce.

Queste cime erano assai utili. Chi le teneva dominava la vallata a Sud. Occupandole gli Americani, i Tedeschi dovevano ritirarsi subito o a Strangolagalli e Cisterna, o a Caiazzo. Fra Cisterna e S. Croce c’è solo una via vecchia, e i Tedeschi si ritirarono verso Caiazzo, dove potevano disporre della statale 158 verso Alvignano. Nel pomeriggio del 13 il 7° e il 15° Fanteria dominavano la vallata da Nord.

 

***

Passiamo ora alla lunga collina che si prolunga a Nord-Ovest, fino ai contrafforti di monte Majuri. Essa sovrastava al fianco sinistro della 3° Divisione, e sappiamo che qui doveva operare un battaglione del 30° Fanteria, con un battaglione del 15°, e con tre scopi precisi:

Disperdere le forze tedesche concentrandole qui, facendo credere che a Triflisco sarebbe esploso l’attacco principale, allo strong-point, il punto di forza;

Neutralizzare i posti di osservazione, e le postazioni che vi erano, di cui una micidiale, a quota 200, proprio sopra Triflisco;

Occupare la lunga linea di vetta.

Non c’era da scherzare. L’impresa non era facile. A Capua, gli Inglesi non riuscivano ad attraversare il fiume. Solo se riuscivano, i Tedeschi che fossero rimasti fra Triflisco e Bellona, ‘ncoppa ‘o Salemme, sulla collina di Gerusalemme, si sarebbero trovati tra due fuochi.

 

***

Nella mattinata del 13 arriva l’ordine al 3° e al 1° Battaglione del 30° Fanteria, che lasciassero il loro bivacco nella valle a Nord-Ovest di Caserta per monte Castellone, ove avrebbero seguito il 15° Fanteria nel varco.

Intanto, a mezzogiorno, il Generale Truscott ordina al 2° Battaglione di disporsi a Triflisco mandando avanti una compagnia, e facendo seguire a questa il battaglione. Tutto inizia bene.

Alle 13,40 il tenente colonnello Bernard comunica che l’operazione procede bene. Ma da quota 200, punto Sud della collina Gerusalemme, raffiche di mitraglia respingono i primi plotoni. Cannonate americane su quella posizione, dove i Tedeschi avevano piazzati otto cannoni semoventi da 105 mm. Secondo assalto. Niente. Gli Americani sono inchiodati al suolo con perdite gravi. L’assalto è rimandato alla notte.

Intanto il 1° Battaglione che s’era avviato, viene rispedito in soccorso del 2°. Ma, visto che l’assalto a Triflisco era fallito due volte, e quello alla penisoletta era riuscito, gli fu ordinato di attraversare dov’erano passati i carri armati, di convergere sul fianco sinistro, e attaccare la collina Gerusalemme da Est[4]. Il passaggio del 30° Fanteria doveva essere coordinato con quello della 56° Divisione inglese. Lasciati i carriaggi al bivio, all’inizio della salita di San Leucio, i soldati si accostarono al fiume. Quando si è fortunati! Era pronta la passerella fatta dai genieri, e varcarono il Volturno a piedi asciutti.

Alle 01,00 si disposero per l’attacco. Alle 3,30 veniva segnalato che la posizione era presa.

I Tedeschi, appena scesa la notte, s’erano ritirati da quota 200, la punta estrema della lunga collina, in conseguenza dell’avanzata del 7° Fanteria. Intanto, alle 4,45, il 2° Battaglione varcava il Volturno, e all’alba del 14 fu seguito dal 1°, e dal 15° Fanteria.

La battaglia per il primo attraversamento del Volturno era durata trenta ore[5]

 

***

Diamo uno sguardo al Basso Volturno.

Presso il mare la 46 Divisione aveva attaccato con successo all’alba del 13, con operazione anfibia. L’attraversamento del fiume era stato attuato da squadroni di fanteria e carri armati e, il 14, la 139 Brigade aveva stabilito una salda testa di ponte.

La 7° Divisione corazzata, nell’attacco a Grazzanise aveva incontrato forte opposizione. Le truppe d’assalto raggiunsero il fiume appena calata la notte. Gl’Inglesi stavano per lanciare un carro armato attraverso il fiume, ma un contrattacco tedesco li respinse. Alle 2, secondo tentativo con battelli, lungo un cavo. Seconda ritirata. Fecero un terzo tentativo, e riuscì. All’alba del 13, gl’Inglesi s’eran fatto un po’ di posto sulla riva opposta, e durante il giorno cominciarono ad avanzare verso Nord.

La 56° Divisione, a Capua, fu la sola unità che il 13 Ottobre non fece alcun progresso. Ma nel frattempo la 3° Divisione americana (che era sul limite di demarcazione fra i due corpi d’armata) procedeva così rapidamente che, avanzando da sola, poteva ricevere danno sul fianco sinistro. Il giorno seguente si trovò una soluzione: la demarcazione fra X e VI Corpo d’Armata fu spostata ad Est, per dare alla 56° libertà di azione fino alla lunga collina che da Triflisco va verso Teano. Così nel “territorio”, nell’area di movimento della 56° Divisione inglese, venne a trovarsi il ponte da 30 tonnellate, fatto dagli Americani, sul quale essa passò.

 

***

Abbiamo seguito l’azione delle truppe combattenti della 3° Divisione. Ora che quelle necessariamente sostavano, da Triflisco a Mesurìnola, ricordiamo brevemente anche l’attività del Genio.

I reparti del Genio Pontieri, la mattina del 13 spinsero le loro attrezzature verso il fiume.

Prima del tramonto, un ponte per jeeps, e un ponte a prova di veicoli da 8 tonnellate erano pronti. Quello per jeeps si mostrava a una voltata del fiume, non lontano dal greto del torrentello che scende da Castel Morrone. I genieri vi usarono una miscela trovata in un cantiere di costruzione presso Caserta: acciaio a stuoia, progettato per vie di campi di aviazione. Scorrevano su pesanti galleggianti, prestati dalla compagnia B del 18° Genio corazzato. Doveva sopportare tutto il traffico della Divisione. A sera, ripulito il viottolo fangoso (quello presso il rivo San Giovanni) dalle mine, le jeeps correvano sulla Statale 87, cariche di munizioni e soccorsi.

Un ponte da 8 tonnellate fu costruito a piedi di monte Castellone dalla compagnia B del 10° Battaglione Genio. I Tedeschi avevano azzerato i loro cannoni per centrarlo. E le schegge dei proiettili avevano portato danni al materiale, e provocato la morte di 13 uomini. Bisognava gonfiare subito coi compressori i canotti lacerati da falle, ad evitare che crollasse tutto. Una fatica enorme, comunque alle 22 era pronto.

Ma ebbe otto ore di funzionamento. Al mattino del 14, l’aviazione tedesca vi lanciò bombe, e subito si dové rimpiazzare quattro pontoni. Ci fu un’esplosione terrificante quando, un veicolo carico di obici, urtò mine sommerse. Sul posto si formò un cratere: 2 muli e 8 uomini lanciati in aria finirono a brandelli. Incidenti che non riuscirono a troncare il traffico al mattinodel 14.

Un terzo ponte da 30 tonnellate, a Triflisco, non fu potuto ultimare il 13. Venuta la notte, e lanciate bombe fumogene si lavorò senza tregua. Lo portò a termine, dopo sei ore di lavoro, la compagnia B del 16° Battaglione Genio corazzato. Ma solo il ponte non bastava. Ci volle una specie di massicciata fino alla via, per non affondare nel fango.

L’Air Force e la R.A.F., Royal Air Force, erano in netta superiorità sulla Luftwaffe che non poté impedire l’attraversamento.

 

***

Le immediate conseguenze della battaglia stavano ora nel superament della barriera fluviale per quell’obbiettivo assegnato alla Quinta Armata del generale Alexander: la linea Sessa-Venafro-Isernia, ancora 25 miglia distante.

Per questa seconda fase dell’avanzata, il generale Clark, il 14 Ottobre, aveva rettificato, come già sappiamo, la demarcazione fra i due corpi d’armata, la 56° Divisione inglese, sfruttando la passerella americana, ebbe due vantaggi: non perdette più tempo, e aggirò i reparti tedeschi che ancora resistevano risolutamente sulla destra del fiume.

Dalla rettifica del piano di avanzata derivarono due conseguenze:

L’intero VI corpo d’armata operava ora nel Medio Volturno;

L’azione della 3° e della 34° Divisione affrettando l’avanzata (frontale per la 3°, e in parte aggirante per la 34°) riponeva sul tappeto una questione strategica che la natura delle nostre terre presenta ai generali, e che è accennata nella presentazione di questo libro: le operazioni militari nel Medio Volturno affrettano o ritardano quelle del basso corso del fiume? Quelle da Federico II in poi, imperniate su Capua, fortezza di prima classe (di terra) dell’antico reame?…

Stavolta, sia pur di qualche giorno, era la valle periferica a premere sulla pianura.

E ancora un’altra domanda. Perché questo maggior spostamento di forze dal Basso al Medio Volturno? Solo per restringere un fronte troppo esteso? Forse che il generale Clark ritenne che la “linea Barbara” sul monte Massico era insormontabile per gl’Inglesi? E perciò, concentrando forze americane sulle minori forze tedesche nella quasi sguarnita vallata (vi si ritirava la 3° Divisione Panzer Grenadieren), si poteva attaccare quella linea a destra, in un punto vulnerabile che, sfondato, avrebbe deciso l’arretramento tedesco sul Garigliano?…

 

***

Un giudizio?

Chi scrive non è un uomo d’arme, e non presume di avanzare giudizi personali che non potrebbero essere tecnici. Riferendo quelli dei competenti, distinguiamo il metodo con cui fu condotta dallo scopo che ci si proponeva con essa.

Riguardo al modo il miglior giudizio è quello del generale tedesco Von Vietinghof: (l’attacco americano) “molto ben studiato, ed energicamente attuato”. La 3° Divisione aveva svolto un’azione-chiave nel Medio Volturno avendo annientato il fianco sinistro della H. Göring Panzer Division, e assicurata una testa di ponte profonda (sulle colline fra Caiazzo e Campagnano), fino a chilometri 6,5.

Ma subito si passa all’altro aspetto: che scopo aveva la resistenza tedesca sul Volturno?

Già sappiamo che nei piani del generale Kesselring, questa linea avanzata non doveva essere quella che per Von Senger fu Cassino: resistenza totale nello spazio e nel tempo. Il 14, i Tedeschi s’erano ritirati non sconfitti su posizioni dove già sapevano di andare. Finiamo nell’eccesso opposto: una “battaglia” da parata?… Neanche. Non bisogna ridimensionare l’efficacia della pressione americana. Le forti perdite, 400 morti, da sole bastano a dimostrare che si faceva sul serio. Ma si potrebbe ancora obbiettare che le forti perdite possono essere anche effetto di incapacità… Ed è vero. Ma c’è un ultimo elemento, fondamentale per chi conosce ed ammira la mentalità spartana dei Tedeschi.

Il generale Kesselring aveva chiesto alla superba e patriottica divisione H. Göring, come alla 3° Divisione Granatieri corazzati, di resistere sul Volturno fino al 15, ma gli Americani avevano occupato le posizioni nemiche un giorno prima. Perciò la battaglia del 13-14 ottobre ’43 lungo il Volturno, fu una vera battaglia, lotta intelligente e sanguinosa, non una marcia da parata.

Sì, ma se l’ordine era non di ritardare, ma di fermare il nemico?…

 

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[1] Clark, o. c. 224-226: “…sand bar under the cover of the north, or German river…”; e From the Volturno etc.,  29.

[2] From the Volturno, 30, lo chiama “small stream” piccola corrente, e Clark o. c., dice “moved upstream to a small creed”, un torrentello.

[3] Hermann Göring, thinks you people are doing too well in that sector.

[4] È la diversione di cui parla Clark (o.c., 225).

[5] La descrizione di Dieckoff non differisce molto da quella americana, o. c., 285.