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    Un po’ di anamnesi familiare.

La storia documentata dell’illustre famiglia de Franchis, durante quasi un millennio può essere distinta in tre periodi passati a Capua, a Piedimonte e a Napoli.

 

Le origini sono “franche”, è a dire normanne. A Capua primeggiavano fra le quattro principali famiglie. Granata e Ughelli scrivono[1] che tenevano la loro cappella al seggio dei cavalieri, e ad essa era annesso il beneficio di s. Maria dei Franchi. Gli Eletti dell’amministrazione cittadina vi ascoltavano la messa prima di cominciare le adunanze. In S. Domenico di Capua possedevano la cappella gentilizia col sepolcreto. Quando si trasferirono a Piedimonte, l’ipogeo restò abbandonato. Poi fu restaurato nel 1618, da Giacomo de Franchis marchese di Taviano.

Durante il regno di Federico II, i de Franchis assursero ad alte cariche. Nel 1230 Guerriero de Franchis ricevette il delicato incarico di Provveditore alle fortezze di Sicilia.

La dinastia muta, ma la fiducia rimane. Nel 1268, Landolfo de Franchis è nominato da Re Carlo I , Viceré di Terra di Bari. L’anno seguente Giovanni de Franchis va ambasciatore in Aragona.

Ma il privilegio più distinto e caratteristico viene conferito a Giovanni divenuto consigliere aulico, da Re Carlo II. A Nizza – la casa di Angiò possedeva anche la contea di Provenza, – il 12 Dicembre 1293, il sovrano, ricordando le benemerenze della famiglia, stabilisce che, quando viene a Capua la prima volta dopo l’incoronazione, il De Franchis regga le briglie del cavallo dalla porta fin dove smonta. Il Re, a questo punto, al De Franchis dona il cavallo e alla consorte un anello[2].

Dopo questo periodo splendido non vi sono altre notizie di grande importanza, e intanto si prepara il trasferimento a Piedimonte sotto il Matese. Ci fanno da guida molti scrittori, e specialmente Ferrante della Marra[3].

 

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[1] Granata Francesco, Storia della fedelissima città di Capua (Napoli 1752), libro III, p. 38 sgg; Ughelli Ferdinando, Italia sacra (Venezia 1721), vol.

[2] Granata F., op. e luogo citato.

[3] Della Marra Ferrante, Discorsi delle famiglie estinte… (Napoli 1641), pp. 118 e sgg.