Caiazzo
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■ Storia di Caiazzo (cenni).
Notizie tratte da La
Guida del Medio Volturno di Dante B. Marrocco, pp. 26-33.
Il nome esatto è
Caiazza, derivato da Caiatia. L’etnico è caiazzano. Da non
molto prevale caiatino, come in antico.
Spesso è stata confusa con Calatia,
oggi Calazze, presso Maddaloni. L’interpretazione del nome osco KAIATINIM
è difficile: potrebbe riferirsi alla tribù che per prima occupò il luogo.
Sulla collina del castello
si trovano resti di mura poligonali costruite dagli Oschi (o Osci), i
Sanniti della pianura, e possono raggiungere l’VIII sec. a. C. Non è
facile stabilire se era l’intero abitato o solo l’acropoli.
La città rifatta completamente
in epoca romana, forse al tempo della colonia, sorse su un piano lievemente
inclinato verso Sud, ebbe al centro un decumano fra le porte a Ovest e
ad Est, su cui si affacciarono quattordici cardini o traverse,
quasi tutte in discesa.
Non proprio al centro ebbe
il foro, nel quale il benemerito caiatino Marco Gavio edificò parapetti di
sostegno.
Contenuto nel grande
quadrato urbano si distingue un quadrato minore, probabile resto di una Caiazzo
costruita con tecniche greche, dopo ché la popolazione scese dalla ristretta
acropoli al luogo attuale.
Durante la seconda guerra
sannitica fu espugnata dal console Giunio Bubulco; verso il
Aveva avuto una zecca in epoca osca, e la riebbe in epoca imperiale.
Ebbe la colonia romana, divenne municipio, e fu iscritta alla tribù rustica Falerna.
Varie strade la congiunsero a Casilino, Capua, Trebula, Telesia e
Compulteria.
Da alcuni si parla di culti
italici campani in Caiazzo: Giano, Evone (Apollo campano), Priapo.
In epoca imperiale si sa del
tempio di Venere (forse presso S. Maria di Costantinopoli) e di altri.
Alcune lapidi sono onorarie,
e ripetono nomi della casa imperiale Giulia. Questo ha fatto pensare o a
benefici ottenuti o alla presenza in Caiazzo e dintorni (Cesarano) di persone o
fatti attinenti alla casa imperiale.
Coi Longobardi Caiazzo fu gastaldato poi, quando Capua fu elevata a
principato, Caiazzo passò contea; primo conte sembra sia stato Arialdo. Era
consignoria, e perciò tutti i maschi succedevano al genitore. Durò così fino al
1058, e gli ultimi conti longobardi furono Landenulfo e Giovanni.
I normanni de Quarrel (de Quadrells) Drengot principi di Capua, furono
anche conti di Caiazzo, verso il 1065-70.
Rainulfo II partecipò alla crociata, e con lui andarono in Terra Santa
alcuni cavalieri di Caiazzo: tre Melchiorri, e un Prisco, Plancano, Gizi,
Gentile, Sparano.
La contea rimase alla Corona per un certo tempo, e con Casa Angiò fu
data ai De Clignette, poi, per matrimonio, ai Sanseverino: primo fra essi
Roberto morto a Trento. Nel 1501 gli successe Gianfrancesco, e a questi nel
1507 Roberto. Dai Sanseverino passò ai De Rossi per matrimonio.
Nel 1593 Ercole de Rossi
vendette titoli e diritti a Matteo de Capua, benemerito di Caiazzo, che fece
costruire la via per Napoli con scafa a Cesarano, e il convento della Madonna
delle grazie. G. C. de Capua vendette tutto a Bardo Corsi patrizio fiorentino
nel 1615.
I Corsi fecero modificare il
titolo di “conte” di Caiazzo, vecchio di otto secoli, con quello di
“marchese” di Caiazzo. Durarono fino all’abolizione della
feudalità, e nel 1836 l’ultimo di essi vendette ogni cosa ai De Angelis.
Negli annali di Caiazzo si
ricorda: l’occupazione da parte di Ruggero II nel 1135; la venuta
dell’Imperatore Federico II nel 1229, quando cacciò il vescovo e le
famiglie guelfe, e impose un nuovo vescovo; l’istituzione a Caiazzo della
schola rationum, una specie di corte dei conti con giurisdizione su
Terra di Lavoro, Abruzzo e Principato (Benvento-Avellino), fatta fondare da Pier
della Vigna; l’assedio da parte di Re Alfonso I il quale riconobbe s.
Ferdinando d’Aragona vescovo di Caiazzo come suo antenato, e poi tenne
gelosamente nel castello, Lucrezia d’Alagno, per la quale veniva a
cavallo da Napoli; la terribile peste nel 1656 che spopolò specie la campagna
di Caiazzo; la occupazione austriaca nel 1707.
Nel Giugno 1799 il popolo
insorse contro i Francesi; i borghesi collaborazionisti furono arrestati e
portati in carcere a Capua: capo della rivolta Domenico Insero.
Nel 1820 si costituì la vendita
di carbonari che decisero la morte dei fedeli realisti.
Nel Settembre 1860, Caiazzo
fu presidiata dall’esercito di Napoli, l’8, le Guardie nazionali
erano fuggite, e il 16 avvenne l’assalto popolare alla loro caserma; il
18 le forze borboniche lasciarono Caiazzo, che il 19 fu occupata dai
Garibaldini che si barricarono in città (sui 1.200 uomini), il 21 giunsero i
soldati borbonici: quattro ore di lotta, assalto e presa di Caiazzo con forti
perdite per i Garibaldini (morì il loro capo Cattabeni). Il 22 le forze
borboniche partirono, e il 25 arrivarono i Piemontesi.
Nell’Ottobre 1943, l’antica cittadina subì, dopo 83 anni,
nuovi fatti di guerra. I Tedeschi che la presidiavano, di fronte
all’avanzata della 34° Divisione americana, si ritirarono su 4 posti a N.
(bivio di Taverna), a SO (Cappuccini), a NE (Sannitica), a E (s. Giovanni e
Paolo), ma il 168° reggimento americano sorpassò Caiazzo dirigendosi verso
Taverna. Constatato l’accerchiamento, i Tedeschi si ritirarono, e gli
Americani occuparono la città: era la notte del 13/14 Ottobre. Il giorno dopo
bombardamento americano sul territorio. La popolazione aveva abbandonato Caiazzo
il 4 Ottobre, per ordine dei Tedeschi.
Fra distruzioni dei guastatori tedeschi e cannonate americane, al
mattino del 12, Caiazzo “sembrava preda di scoppi e di sinistre colonne
di fumo”.
Gli stessi incendi avvenivano a San Giovanni e Paolo, dove la sera del
12 erano stati sterminati 22 innocenti per un tedesco ucciso (al cimitero,
lapide sulla loro tomba, quasi tutta dettata dal filosofo Benedetto Croce).
E per errore, nel pomeriggio del 27 Gennaio ’44, un altro grave
bombardamento americano!
Lo stemma della città
ha il campo d’argento, su cui si vede una croce latina rossa bordata di
oro, accantonata da 4 gigli araldici di oro. La corona di marchese sormonta lo
scudo; sotto a questa la scritta TA PRO, e due mani che si stringono, forse tangendo
prodeunt, toccando(si) avanzano.
L’amministrazione autonoma caiatina è stata formata per secoli da
4 Eletti e 3 Giudici annuali.
Gli statuti municipali di epoca normanna, hanno avuto aggiunte nel 1470.
La devozione
principale dei caiatini va al patrono s. Stefano vescovo di Caiazzo,
nato a Macerata Campania nel 935, vescovo dal 1 Novembre 979, morto il 29
Ottobre 1023, venerato subito come santo.
Il vescovato di Caiazzo fu stabilito
l’anno 966, suffraganeo di Capua.
Primo vescovo fu Orso
(966-79), secondo fu s. Stefano. Al sesto posto segue s. Ferdinando
d’Aragona (v. Alvignano). Importanti nel ‘500, i Mirto Frangipane,
Alessandro, Fabio e Ottavio, che parteciparono al concilio di Trento e
fondarono il seminario.
Dal 1978 un solo vescovo
regge i vescovati di Caiazzo e di Alife.
Prima scuola caiatina è stata il seminario
fondato dal vescovo Fabio Mirto nel
Dal 1965 funziona il liceo
scientifico, intitolato a N. Covelli caiatino.
La scuola media è intitolata ad A. Atilio Caiatino.
Momento di notorietà
culturale è stato durante la permanenza a Caiazzo del conte Matteo de Capua:
nella sua corte stava Angelo Tonsi di Fano storico, e suo segretario era G. B.
Marino, che a Caiazzo scrisse parte dell’Adone, il suo poema.
A fine secolo nacquero le accademie.
Nel 1694 quella dei Ventilati nel convento di s. Francesco e nel 1719
l’accademia dei Ritirati, che durò, e pubblico molto.
Opere assistenziali sono state:
l’ospedale di s. Giovanni di Gerusalemme, fuori porta Vetere (pal.
Maturi), dal sec. XII, tenuto, specie per malattie contagiose, dai cavalieri di
Rodi, dipendenti dal gran priorato di Capua; un secondo ospedale in città,
presso l’Annunziata e a questa intitolato; un conservatorio delle orfane
(1614-15), annesso nel 1643 al monastero delle Clarisse. Soppresso questo nel
1809, i beni (come quelli delle confraternite) passarono nel 1863 alla
fondazione “Opere pie di Caiazzo”; l’Istituto educativo,
fondato nel ‘600, dal 1865 diretto dal comune; il Monte delle scuole
popolari miste (1787); Monte delle doti (1602); Monte dei sussidi (1759); Monte
elemosinario a San Giovanni e Paolo per sussidi per infermi e inabili al
lavoro; ed altre istituzioni che testimoniano lo spirito di carità e il
benessere raggiunto.
Di Aulo Atilio Calatino
non si può pensare a una nascita in Caiazzo: I Calatini e i Regoli erano due
rami della gens Atilia di Roma; ed essendo egli vissuto nel III secolo
a. C., quando gli Italici non avevano la cittadinanza romana, non poteva
percorrere il cursus honorum, e diventare console e dittatore.
Benemeriti caiatini furono: Servilio Aprile
funzionario del municipio, questore della sacra pecunia alimentaria (dava
sussidi ai poveri), costruttore del tempio di Venere, patrono di Caiatia a
Roma; Quinto Gavio in gioventù tribuno dell’VIII legione Augusta nella
Germania inferiore, poi patrono di Caiatia, che a sue spese costruì fondamenta
e mura del foro (oggi piazza Verdi); alto funzionario fu G. Gavio Tranquillo
prima funzionario in Caiazzo, poi nientemeno che questore della Gallia
Narbonense.
Sicura è l’origine
caiatina di Pier della Vigna, probabilmente nel 1189-90, gran
protonotario del regno e segretario di Federico II, poi accusato di tradimento,
torturato e suicida nel 1249; Giovanni da Caiazzo, maestro di s. Tommaso
d’Aquino; Pietro Alois (1585-Napoli 1667), pubblicò e commentò gli
statuti municipali di Caiazzo; Domenico Messeri (1773-1809)
dell’Università di Napoli, scrittore di Medicina; Nicola Covelli
(1790-Napoli 1829) chimico, direttore dei ponti e vie del regno, che scoprì la covellite,
il solfuro di rame esagonale azzurro; Loreto Severino (1884-1969), storico e
letterato.
Illustri e degni di ricordo
sono pure i seguenti:
Carlo Marocco (1678-1724), cultore di storia patria e di lettere; Laura de Simone (1724-1805) fondò il conservatorio delle ragazze povere del popolo; Nicola Giannelli (1733-1809) dell’Università di Napoli, studioso e pubblicista di Medicina; Carlo Liquori (1733-1815) valente musicista anche in Francia.
Costruzione architettonica
romana (non visitabile) è la cisterna: due ambienti lunghi m 21,20,
larghi m 4,24 sotto il livello della piazza.
L’acqua proveniva da
una piscina limaria ora detta formale (m 25 x 16 con 7 archi di
sostegno) presso San Giovanni e Paolo nella quale affluivano acque da sorgenti
tenute coperte.
Altro deposito di acqua sta sotto il castello.
La cattedrale pare
che sorga sulla basilica, aperta sul mercato, il foro di M. Gavio.
Rifatta varie volte, si
presenta spaziosa nelle forme attuali neoclassiche.
Conservava la croce pettorale
di s. Stefano, dovuta ad orefici capuani del sec. X, sotto influenze bizantine.
Passando al gotico,
la chiesa di s. Francesco accanto al municipio, ci ricorda la venuta del
santo a Caiazzo, conserva sacrestia, presbiterio e chiostro del ‘300.
Il castello normanno,
panoramico e imponente, e stato quasi interamente rinnovato nel ‘700, e
di medievale mantiene solo la “torre mastra” che, domina
dall’alto maestosamente il ridente paesaggio.
Opere rinascimentali ingentiliscono Caiazzo:
armonia ed equilibrio fra altezza, larghezza e profondità, fra pieni e vuoti,
fra curve ed angoli, fra linea e decorazione; studio e non trasfigurazione
della natura, proporzione delle masse, divisione delle superfici, conformazione
delle parti al tutto, ecco quanto appare nella rinascita caiatina, negli
armoniosi ed eleganti portali, decorati con fine gusto, nell’Annunziata
(1496), e in s. Agnese di casa Egizi (cappella votiva dei Caduti) in cui
sta la tomba dell’abate Leonardo (1490), in s. Maria del soccorso
e in s. Francesco. È l’epoca in cui si prepara Franco Cicino
caiatino, che nel colore, è maestro di grazia e spiritualità.
In s. Francesco si conserva
anche una Pentecoste di Bernardo Azzolino.
Nell’Annunziata la
decorazione del soffitto è di Tommasso Giaquinto (1710).
E si ricorda pure Carlo
Ferrazzani, nato e morto a Napoli († 1785), ma vissuto quasi sempre a
Caiazzo, sacerdote, di cui restano molte e belle tele in cattedrale; Vincenzo
Severino (1859-1926), allievo di D. Morelli, fecondo artista a olio, a fresco e
a pastello: lascia lavori in cattedrali e collezioni private, in cui giusta
disposizione e ben riuscito chiaroscuro rendono vive le figure e di fine gusto
l’insieme: “Gioie domestiche” al castello di Caiazzo è bene
riuscito nella composizione e nel sentimento, il pensoso ritratto di Pier della
Vigna al municipio, e molto e pregevole altrove.
Il folklore caiatino
è ricco di elementi in ogni settore da quello religioso a quello magico, dai
sogni ai proverbi, ai canti.
Riportiamo la filastrocca in
cui cozzano la bramosia della figlia che vuole sposarsi, e l’esagerata
prudenza della madre:
“- Mamma mia m’è mmaritane! / - Figlia mia, chi t’aggia rane? / - Mamma mia, piénzaci tu! / - Si te ròngu ‘u faligname, / chillu va, chillu vene, / sempe ‘a sea (sega) mmani tene, / si ne vota ‘a fantasia sea pur ‘a figlia mia”. Continua sugli inconvenienti di sposare ‘u scarparu, ‘u fravecatore, ‘u cusetore, fino a ‘u pescatoru che, avvezzo a menare la rete, vòtta a mmare ‘a figlia mia.
(Da “Caiazzo e la sua gente” di Ciro A.
Sparano).
L’industria oggi conta una Cooperativa
Caiatina Coltivatori per la produzione della carne.
***
Altre notizie su
Caiazzo tratte da L’Arte nel Medio Volturno, di Dante B. Marrocco,
pp. varie
Caiatia, cittadina osca, dopo essere
stata distrutta da Silla, e incorporata a Capua, diviene municipio, ed è
iscritta alla tribus Teretina, e sotto l’Impero rifiorisce a nuova
vita.
Ha il Foro, detto di Marco
Gavio (piazza Verdi), sotto cui è il cisternone pubblico, di m. 21x5, ha teatro
ed anfiteatro e l’acquedotto.
Un piccolo centro, dotato di
tutto quanto la superiore civiltà di Roma diffonde nel mondo. 90 lapidi la
riguardano.
Ma la sua gloria maggiore ed
imperitura sarà sempre l’aver dato i natali ad un personaggio storico di
primo piano, Aulo Atilio Caiatino, console romano nel
Come tanta carriera da parte
di un provinciale del III sec. a. C., nella «repubblica» dei gelosi patrizi?
L’unica spiegazione è nella superiore personalità.
Presso Caiazzo,
l’abbazia di S. Croce al Monte Verna (sec. X), ha lasciato due vigorosi
rilievi, un Crocifisso e una S. Scolastica oggi nella facciata della
parrocchiale di Villa. Sono lavori che anticipano forme nuove.
Si confronti questo
Crocifisso di Villa con un oggetto rarissimo di oreficeria dell’epoca, e
si vedrà l’epoca tarda del rilievo.
In cattedrale, sempre a
Caiazzo, si conserva la croce pettorale d’oro di S. Stefano Menicillo
vescovo e patrono, morto il 29 ottobre 1023 dopo lunghissimo pontificato.
È del secolo X, ha indubbie
ispirazioni bizantine con particolari iconografici propri (è senza corona di
spine, ha un chiodo per piede, grande aureola crociata, abbondante e non mosso
panneggio), ma i ben rilevati muscoli, e soprattutto l’espressione
d’immensa pietà tradiscono anche un influsso nordico, nonché la fede
profonda dell’orafo.
A Caiazzo, San Francesco
(che ricorda la venuta del santo) conserva la sacrestia, presbiterio e chiostro
del ‘300; a Pietravairano c’è il dipinto della Vergine nella cripta
di S. Maria della Vigna; e a Torcino i resti di affreschi e di ogive nel
castello.
Storicamente importante è il
grande castello di Caiazzo, residenza dei Drengot, e visitato da
Federico II.
Passò sotto i Sanseverino, i Corsi, e ora è dei De Angelis.
È vasto e poderoso. La
«torre mastra», pur dimezzata, domina dall’alto minacciosamente il
ridente paesaggio.
Tutto un fiorire di opere
architettoniche e pittoriche distingue Caiazzo, e la rinascita caiatina desta
piacevole meraviglia.
L’alta tradizione
religiosa della cittadina, impersonata in due vescovi santi, nei pii
domenicani e francescani (fra essi Giovanni maestro di S. Tommaso), prepara nel
fine ambiente della Rinascenza, Stefano Crescarello, sacerdote e maestro di
ascetica, e contemporaneamente prepara Franco Cicino che nel colore è maestro
di grazia e spiritualità.
L’Accademia dei
Ventilati (1496) è la voce poetica della fioritura.
Molto è scomparso, ma
rimangono gli armonici ed eleganti portali, e decorati con fine gusto,
alla SS. Annunziata (1498), a Santa Agnese di Casa Egizi (in cui è la tomba
dell’abate Leonardo
Nel regno del colore
primeggia in questo periodo nel M. V., il maestro Franco Cicino di Caiazzo.
Visse approssimativamente negli anni 1475-1525. Nell’artista vive e si agita l’ispirazione per la scuola umbra, unita ad una «arcaizzante volgarizzazione provinciale» dice il Causa. Egli continua i modi pittorici di Antoniazzo da Romano. Le sue tavole ornano gallerie e cappelle napolitane, e a Piedimonte ornano Santa Maria Maggiore (erano già in San Giovanni).
Nell’Annunciazione
l’umiltà della Vergine è superata dallo slancio e dalla dedizione
dell’Angelo, e il tipico decorativismo dà sfondo aggraziato alla scena.
Potrebbero essere opere della maturità.
Ora in restauro a Napoli, e
fra poco in S. Maria Maggiore, è un bel polittico di un ignoto seguace
di Antoniazzo.
Riflessivo il S. Girolamo, di gran realismo il Precursore. È del primo ‘500.
Di Stefano Sparano, altro
maestro caiatino, si sa ben poco della vita. Di alcune sue opere in S. Lorenzo
a Napoli e nel Polittico di S. Antonio a Portici (1513), si ricava il suo
raffaellismo; e di G. B. Azzolino del primo ‘500 c’è qualcosa in S.
Francesco (tre quadri).
Come altrove, anche a
Caiazzo si attuano numerosi rifacimenti più che restauri, che hanno trasformato
soprattutto internamente vari edifici.
Qualcuno è sorto proprio
durante il periodo barocco.
Le forme architettoniche non
si staccano dal tipo comune.
San Pietro del Franco, San
Nicola in Figulis, la SS. Annunziata con le statue di stucco, risaltanti
e manierate, la piccola S. Maria del Soccorso restaurata nel ‘600, gli
stessi decorativi interni della Cattedrale, il Palazzo Savastano, sono pur
nelle differenti dimensioni e funzioni, l’attuazione dal canone barocco
dell’effetto esteriore, a danno purtroppo dell’intimo
convincimento.
Bernardo de Laurentiis,
Andrea del Zuccaro, e Tommaso Jaquinto lasciano traccia della loro arte
pittorica in questo secolo.
A Caiazzo la Cattedrale di
San Stefano è rifatta nel 1761, e Stefano Zagarolo di Napoli vi lascia i suoi
stucchi.
Passiamo alla pittura.
La piccola Caiazzo, abbiamo visto, fin dal ‘400 è stata feconda di
artisti.
Fra quelli che
dall’ultimo ‘700 vi sono fioriti, ricordiamo Carlo Ferrazzani morto
nel 1785, autore fra l’altro del quadro in cattedrale «S. Stefano che
protegge Caiazzo».
Fra i contemporanei emerge Vincenzo Severino (1859-1926), allievo di D. Morelli, fecondo artista a olio, a fresco, e a pastello.
Lascia lavori in cattedrali e collezioni private in cui giusta disposizione e ben riuscito chiaroscuro rendono vive le figure, e di fine gusto l’insieme.
«Gioie domestiche» al castello di Caiazzo, è opera riuscitissima nella composizione e nel sentimento; notevole il pensoso ritratto di Pier delle Vigne al Comune, le storie di S. Paolino a Nola, e di S. Antonio ad Afragola, che sanno di Rinascimento, la Gloria di S. Ignazio, congegnata a raggiera luminosa che polarizza sul santo, e si diffonde sulle creature celesti e sui contorni sfumati delle nuvole.
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