Alife (città)         I paesi della Diocesi            Il Medio Volturno         Home page

 

 

   Alife: storia generale

 

Il nome è sannitico, e non va interpretato né con il Latino né con il Greco, in quanto è anteriore alla romanizzazione e latinizzazione d’Italia, ed è estraneo alla colonizzazione greca sulla costa tirrenica. L’abitato in pianura, pare non anteriore al V secolo a. C. deriva da un altro sulle colline vicine, risalente alla prima civiltà del ferro. Dall’archeologo A. Maturi è accettato monte Cila. Passato il lungo periodo di punizione con la prefectura sine suffragio dopo la seconda guerra punica, avuta la colonia di plebei romani, iscritta alla tribù rustica romana Teretina, diviene municipio, e nel 369, in seguito al terremoto, viene rifatta nelle forme che tuttora esistono.

Il vescovato, sicuramente del V secolo, era la paroechìa locale, nel territorio del municipio romano. Finì nel secolo VI. Ricostituito nel 969, cominciò ad avere molti benefici ecclesiastici; nel ‘200 viene nominato un canonico, e nel 1308 vi esistono 14 beneficiati, oltre al vescovo. Cinque di essi sono abati, e gli altri priori e preti.

Da alcune fonti si desume che la basilica cathedralis dedicata a S. Maria (secondo alcuni a S. Pietro), sorgeva nel quarto s. Pietro, secondo il nostro storico Trutta, non lontano dalla curva delle mura a Nord Ovest[1]. Però, a parte il titolo, non porta indizio alcuno. In quale insula di fabbricati? Il primo in alto da sinistra, o il secondo della seconda fila?

Con il terremoto del 1688 crollarono tutti gli edifici sacri. L’università ricostruì S. Caterina, chiesa di suo patronato, con oblazioni rifece la cattedrale, ma tutte le altre chiese rimasero inevitabilmente nella polvere. Ricordiamo:

La cattedrale attuale risale agli anni 1132-35[2], costruita di sana pianta dal conte Rainulfo III de Quarrel Drengot. La costruzione passò sopra al primo decumano minore dello spaccato sud, e coprì monumenti di epoca romana. Ha l’entrata a Nord e l’abside a Sud (Sud e Nord in senso approssimativo, in quanto Alife non è perfettamente orientata[3].

L’edificio ha avuto tre rifacimenti: 1) quello del 1450, attribuito al vescovo Marotta, 2) quello in seguito al terremoto del 1688, 3) quello del 1965-66. È lunga m 60, e larga m 18. In altro capitolo si parlerà dell’arte.

Circa la ricostruzione attribuita al vescovo Moretta (n. 24 della serie) da padre Fontana si dice: antiquam nobilis structurae cathedralem pene collapsum nova molitione instituit. Era quasi cadente, e perciò non ha a che fare con il terremoto del 5 Dicembre 1456. Fu rifatta dopo il 1688, nel 1703 l’antica sacrestia fu adattata a cappella di s. Sisto, e l’altare fu dedicato il 20 Luglio 1724:

D.O.M. / HOC S. XYSTI PATRONI ALTARE / QUOTIDIE IN PERPETUUM FUIT / PRIVILEGIO DECORATUM / JUXTA GRATIAM SS. BENEDICTI PP. XIII / SUB DIE XX JULII MDCCXXIV / EXECUTAM DIE XIII MARTII MDCCXXV.

Nel 1753-57 furono completate le tre navate, e pure nel ’57 completata con pavimento, porte, battistero e due cori. Nel 1770 fu intonacato il soccorpo. Il vescovo Gentile fece costruire l’altare maggiore.

Anche il terremoto del 26 Luglio 1805 apportò danni, risanati dallo stesso prelato; nel 1820 fecero la decorosa facciata; nel 1845 i canonici Vincenzo e Francesco Ferrucci eressero la cappella di s. Onorato, e il 24 Giugno 1869 vi fu sistemato il corpo del santo.

La lapide ricorda:

D.O.M. / TEMPLUM QUAQUA VERSUS AERE / SUO RESTAURAVIT / AEDICULAM HANC / PRETIOSO DIVI HONORATI MARTYRIS / CORPORE DITAVIT / CAROLUS ARCHIEPISCOPUS PUOTI EPISCOPUS ALLYPHANUS / AD PERENNEM TANTAE MUNIFICENTIAE RECORDATIONEM / FAMILIA FERRUCCI AEDICULAE PATRONA / HOC POSUIT MONUMENTUM / ANNO REP. SAL. MDCCCLXXXV.

Nel 1850, nella cappella di s. Lucia fu eretto l’altare marmoreo, il coro d’inverno e l’organo. Nel 1864, dirimpetto alla cappella di s. Lucia fu eretta quella dell’Immacolata, e gli abbellimenti continuarono nel 1878 col pavimento in marmo del coro, a spese del vescovo Barbato:

ALOYSIUS EPISCOPUS ALIPHANUS / AERE SUO A.D. MCCCCLXXVIII.

cui seguì poco dopo, il pavimento in marmo della cappella di s. Sisto, in riparazione del furto del laccio d’oro sulla statua, coi versi del can. Rao: Gens tua, Xyste, sumus, vultu nos aspice laeto, / tu lux sis populi, vita salusque tui. / Cives Aliphani venerabundi. Nel 1885, il vescovo Volpe volle la balaustra di marmo innanzi alla cappella maggiore :

HYERONIMUS VOLPE / EPISCOPUS ALIPHANUS / A.D. MDCCCLXXXV.

Nel 1889 fu intagliato il coro maggiore (v. capitolo sull’arte) per il quale si quotarono clero, comune, confraternite e popolazione, e la pavimentazione fu fatta nel 1921.

Più vicini a noi i restauri del 1937 promossi dal vescovo Novello e quelli radicali del 1965-66. Coi contributi governativi, durante tredici mesi furono rifatte le coperture al completo, consolidate le strutture murarie, un nuovo pavimento; fu mutato di posto l’organo e installato l’impianto elettrico di amplificazione; nulla di mutato nello stile. La chiesa fu riaperta al culto il 29 Gennaio 1966. La lapide dettata dal prof. Di Muccio ricorda:

HANC / ALLIFANAE ECCLESIAE AEDEM PRICIPEM / VETUSTATE MOTIBUSQUE TERRAE LABENTEM / RAPHAEL PELLECCHIA / SACRORUM ANTISTES / PRO PIETATE SUA ATQUE SOLLERTIA / AD CONCILII OECUMENICI VATICANI II / MENTEM AC LUCEM / CAN.RUM COLLEGIO ET CHRISTIFIDELIBUS / ADIUTRICEM OPERAM PRAESTANTIBUS / AERE PUBLICO / INSTAURANDAM ATQUE EXCOLENDAM / CURAVIT. / ANNO MCMLXVI EPISCOPATUS VI.

Tutto per la spesa di 80 milioni.

Unita alla chiesa è la cappella di s. Lucia che preesisteva sul posto, quando il conte di Alife iniziò la costruzione della nuova cattedrale: rifatta anch’essa, è estesa m 18 per 9, come il coro maggiore.

Dalla cattedrale escono le processioni del Corpus Domini, di s. Sisto, delle Rogazioni, ma non escono più quelle di s. Lucia, della s. Croce, ed altre. Quelle penitenziali raggiungono, una dopo l’altra, le quattro porte dell’abitato.

Le cappelle sono dedicate (entrando a sinistra) a s. Giovan Giuseppe della Croce, a s. Lucia, alla S. Famiglia, a s. Sisto e, di fronte, in una delle absidi laterali della prima chiesa romanica, al S. Cuore; entrando a destra, dopo il battistero, a s. Antonio da Padova, alla Madonna (nella congrega), a N. Signora del S. Cuore, a s. Onorato; segue la cappella del Sacramento e, di fronte, nell’altra abside laterale, quella dell’Immacolata.

Oltre alle reliquie insigni di s. Sisto e di s. Onorato, le reliquie dei santi sono raccolte nell’apposita cappella. Ricordiamo quelle venute dal cimitero di Priscilla a Roma: i santi Claudio, Leone, Antonio, Mauro e Anonimo, donate dal cardinale Gaspare di Carpegna il 12 Agosto 1685, quella di s. Marcellino, forse venuta da Piedimonte, e quelle più recenti dei santi Pietro d’Alcàntara, Giovan Giuseppe della Croce, Filippo Neri, Luigi Gonzaga, Francesco di Paola, Gaetano Tiene, Pasquale Baylon e Andrea Avellino. L’elenco completo, periodicamente controllato e rifatto, sta presso la Congregazione dei Riti, oggi detta del culto dei santi.

Chiese dentro e fuori le mura. – Dentro le mura sorge S. Caterina. Se ne parla già nel ‘400 come chiesa dell’ospedale delle fratarìe di Alife. Dal ‘500 risulta di patronato comunale, segno che la prima funzione era cessata. Nel 1831 rovinò, e fu chiusa al culto, ma verso metà ‘800 fu ricostruita dai cappellani. Il 13 Ottobre 1943 fu distrutta dal bombardamento americano, e fu ricostruita a spese dello Stato, su progetto dell’ing. Raisecco. Di nuovo pericolante, dopo eliminate infiltrazioni, e dopo iniezioni di cemento nei muri, fu inaugurata dal vescovo Pellecchia, il 7 Novembre 1965.

Il cappellano è di nomina comunale, ed è tenuto a contribuire al quaresimale. Nel 1827, a morte di don Arcangelo Riccio, i decurioni di Alife divisero il beneficio in sei porzioni da assegnare a sei cappellani, che il 31 Dicembre 1863 ebbero un loro statuto.

Esistevano: S. M. Maddalena, a un 30 metri dalla porta omonima, edificata dalla famiglia Alferio, che nel 1308 aveva a capo un priore[4]. Il 17 Ottobre 1390, un breve di Papa Bonifacio IX la riconosceva a Francesco Alferio Gargaglia[5]. Nel 1639 la S. Rota ne riconobbe il patronato e la nessuna ingerenza del vescovo in tre decisioni, riportate da Alonso de Léon in De officio cappellani. Nel 1688 passò ai Vendettuoli di Piedimonte; in seguito fu messa all’asta e chiusa al culto, e gli ultimi ruderi nel 1890 furono adattati ad abitazione. S. Bartolomeo, alla quale il conte Roberto di Alife donò due terre poste in Acquata, territorio alifano[6]. Per un S. Salvatore in Alife, pare si sia fatto confusione con quello a Piedimonte[7]. S. Maria de malatis, esisteva nel 1206[8]. S. Maria degli Angeli (Trutta: o. c. e l. c.). Cappella della Corte, nel castello, esisteva nel 1326[9]. S. Maria la Nova, al largo omonimo, in piedi fino al 1863, quando fu trasformata in casa Iafusco, e di cui esiste la cripta, S. Benedetto  e S. Pietro de mercatis[10]. S’ignora il posto di S. Ruggero, S. Stefano, S. Lorenzo, S. Paolo, chiuse al culto nel 1703; S. Andrea, dentro porta Roma[11] e S. Angelo, presso la porta omonima, oggi porta Piedimonte.

Fuori le mura sta sempre l’ellissoidale S. Giovanni. Fu eretto come tomba di una gens o di corporazione, passò al culto cristiano in epoca non determinata. Nel Settembre 1033 è ricordata come chiesa in un placito del principe di Capua a favore del monastero di Cingla[12]. La circonferenza è di 37 metri e l’altezza attuale dal suolo è di m 10, senza calcolare almeno due metri d’interramento. La porta originaria ad Oriente, ancora visibile, fu chiusa, e aperta a Occidente a livello più alto, oggi stradale, in quanto il pavimento interno fu rialzato per sistemarvi defunti. Aveva accosto la commenda dei cavalieri gerosolimitani e l’ospedale.

S. Simeone, nella contrada omonima, intitolata al vescovo di Gerusalemme, figlio di una sorella della Madonna. Nel 1226 ci stava un ospedale xenodochium sancti Simeonis[13] forse lebbrosario. Nel primo ‘500, cessata quella funzione, la troviamo come cappella di una colonia di Ebrei e di Albanesi[14].

Nella selva di Alife sorgeva la cappella dei ss. Eligio e Simone[15]. Pure nella selva, S. Antuono, detta dei Luccari, S. Leonardo, nel territorio omonimo, che nel 226 dipendeva da S. Menna di Sant’Agata dei Goti; S. Antonino in luogo non determinato sconsacrata nel 1703; S. Onofrio, in collina sotto la Serra dell’Arato, di cui tuttora restano i ruderi.

Per le chiese monastiche di S. Maria delle Vergini in località Vergini per S. Spirito, e la chiesa dei Domenicani a Forma, v. il capitolo sui Religiosi. Santi sette frati, fuori Porta Napoli, con soccorpo[16]. S. Maria Ausiliatrice, nella stessa località, edificata negli anni 1952-54. dal can. Pasquale Panella. Madonna delle grazie, di patronato dei Gaetani d’Aragona, addossata a una tomba romana, fuori Porta Roma. S. Sisto che ricorda dove si fermò il gruppo di uomini a cavallo proveniente da Roma con le reliquie di s. Sisto. Anticamente era una cappella in cui antiche pitture rappresentavano il trasferimento delle reliquie. Da Luca Panella a principio dell’800 fu riedificata nelle forme attuali. Vi arriva la processione del santo la sera del 10 Agosto, per ripartirne la mattina seguente alle 9, per il solenne ingresso in paese.

Si ricorda pure S. Adiutore, per corruzione di pronunzia detto in seguito S. Vidoro, e oggi S. Pitò, nella località omonima presso il ponte; esisteva nel 943, quando appare nel diploma con cui il Re d’Italia, Ugo di Provenza, conferma chiese e beni all’abate Baldovino di Montecassino; nel 949 l’abate Maielpoto la diede in enfiteusi, con tutte le sue dipendenze, ad Arigiso di Teano per quattro bisanti annui, oltre a un censo. S. Giovanni al Volturno, che nel 1049 era posseduta da Landolfo conte di Teano nel luogo detto la Corte, presso il fiume; in quell’anno il conte vi fondò un monastero; nel 1070 passò a Cingla, e nel 1098 si ricorda una donazione di Arnaldo de Buchon (Bussono).

 

 

     San Michele

 

Era una cappella sulle colline di Alife, eretta nel 1784, tanto piccola che fino al 1860 non aveva diritto di asilo. Fu eretta parrocchia dal vescovo Noviello, il 22 Ottobre 1939, dato che la località aveva più di cinquecento abitanti e distava dalla parrocchiale quattro miglia: «pagum montanum incolis quingentis et ultra agricolis, rure dispersis, Vicarìam curatam perpetuo erigimus». I confini furono stabiliti al vallone di s. Lucia verso Piedimonte, la fontana Forma verso Alife, Posta vecchia e Fontana vecchia verso Sant’Angelo. In ossequio alla Cattedrale da cui derivava il territorio, il parroco s’impegnava ogni anno a offrire una candela nel giorno dell’Assunzione, e di intervenire in Alife alle processioni del Corpus Domini e di s. Sisto. Beni: un campicello e titoli di rendita.

Su terreno donato dalla famiglia Scorciarini Coppola è in costruzione la nuova chiesa.

 

Alife (città)           I paesi della Diocesi                Il Medio Volturno              Home page

 

 

 

 

 

 

 



[1] Trutta: o. c., 391

[2] Marrocco D.: Storia e arte nella Cattedrale di Alife, su Osservatore romano, 12 Gennaio 1963.

[3] Marrocco D.: Topografia di Alife romana, su Rassegna storica dei comuni, Napoli 1969, I.

[4] Rationum Decimarum Campania 149.

[5] Iacobelli: Catalogo, 37.

[6] Trutta: Dissertazioni, 391.

[7] Trutta: o. l. c.

[8] Marrocco D.: L’Ordine Gerosolimitano in Alife (Napoli 1964).

[9] Marrocco D.; L’Ordine Gerosolimitano in Alife, 5

[10] Marrocco D.; L’Ordine Gerosolimitano in Alife.

[11] Trutta: Dissertazioni, 392.

[12] Marrocco D.: Il Monastero di S. Maria in Cingla, 17.

[13] [13] Marrocco D.; L’Ordine Gerosolimitano in Alife.

[14] Marrocco D.: Una colonia di Albanesi e di Ebrei in Alife nel sec. XVI (Napoli 1963).

[15] Trutta: Dissertazioni, 399.

[16] Trutta: o. c., l. c.