(testo tratto da
Guido Di Muccio, Storia di Vairano Patenora, 1990, pp. 159-160, 173-174)
Molto
probabilmente fu fondata da Orsolina De Ioli, contessa di Satriano e baronessa
di Vairano tra il 1382 e il 1392 poco lontano da Piazza Mercato. Fu fabbricata
“extra moenia” adatta e sufficiente ai bisogni religiosi degli abitanti della
contrada “Piazza” e di quella “Greci”.
Siccome
minacciava rovina ai primi del 1900 per l’incuria in cui era stata lasciata
dagli amministratori della confraternita di S. Orsola, che hanno l’obbligo
della manutenzione, si stabilì di restaurarla, ma il rimedio fu peggiore del male
perché i restauri furono eseguiti solo per una metà della chiesa, che era a due
navate, mentre i locali retrostanti rimasero nel pessimo stato di prima e la
chiesa così dimezzata perdette l’aspetto primitivo e si manifestò insufficiente
per i bisogni della popolazione numerosa di Piazza Mercato, dei Greci e delle
campagne.
Dalla
visita vescovile del 1647 risulta che la suddetta chiesa era di ius Patronato
della confraternita omonima ed anticamente aveva tre altari di legno intarsiato
e dipinto:
1)
l’altare
maggiore, in cui è eretta la confraternita di secolari, chiamata volgarmente
del “sacco” sotto il titolo di S. Orsola;
2)
l’altare
di Maria SS. del Monte Carmelo nella cappella destra dell’altare maggiore;
3)
l’altare
di Maria SS. di Costantinopoli a destra della porta quando si entra. Dei tre
altari dopo i restauri di metà chiesa, rimase visibile solo quello Maggiore e
gli altri due rimasero chiusi nella parte di chiesa non restaurata.
Merita
di esser ricordato che l’altare maggiore aveva un trittico, racchiuso in una
cornice di legno intagliato e dorato, nel cui centro era dipinta la Vergine col
Bambino in braccio e con la veste trapunta di stelle, mentre a destra S. Orsola
e a sinistra un santo Dottore.
Nella
cappella a destra dell’altare maggiore oltre l’altare di Maria SS. del Carmelo,
vi era l’organo, a sinistra del quale su uno scritto scalfito sul muro risulta
che la cappella fu costruita nel 1530. Detta cappella era ricoperta di
affreschi sia sotto la volta che sulle pareti di fronte e quelle laterali. Nelle
pareti vi erano istoriati i misteri principali della vita, della passione,
della morte e della resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Sull’altare poi
di S. Maria di Costantinopoli, sito nella parte di chiesa non restaurata, vi
era un quadro su tela con cornice di legno intagliato rappresentante la Vergine
di Costantinopoli. La chiesa di S. Orsola rimase in tale deplorevole abbandono
fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando nel 1948, con l’intervento
dello Stato e con i fondi dei danni di guerra, si provvide a restaurarla e
ristrutturarla con progetto del Genio civile di Caserta.
E
così fu abolito il muro centrale che prima divideva in due navate la chiesa,
formandone una sola. Furono eliminati gli altari laterali della vecchia
struttura e si costruì un solo altare centrale in marmo, con balaustra pure in
marmo. Lungo la parete di sinistra e di destra furono costruite delle mensole
in cemento armato ricoperte di lastra di marmo, su cui furono situate le
nicchie in legno con varie statue. Si provvide pure a ricostruire il nuovo
campanile sul lato sinistro della facciata della chiesa e ad appendervi anche
due campane di nuova fusione.
L’organo
fu situato in un ripiano sopra e dietro la porta d’entrata, costituendo anche
l’ambone. La nuova sagrestia fu costruita al lato sinistro dell’altare
centrale. Non si conosce la fine del trittico che prima ornava l’altare
maggiore.
La
chiesa fu riaperta al culto verso il 1954 dal vescovo Matteo Guido Sperandeo,
che ne affidò la cura al Reverendo Don Belisario Di Nocera, stimato sacerdote
vairanese, che ringraziando il Signore a braccia aperte, lo ricordiamo bene,
disse “Finalmente ho la mia chiesa!”, cioè una chiesa linda e tutta rispondente
alla sua scrupolosa attenzione religiosa.
Ospedale
di S. Orsola
Attiguo
ed annesso alla chiesa di S. Orsola era l’ospedale omonimo, la cui fondazione
risale ad un’epoca poco posteriore a quella della chiesa.
Se
ne parla nelle visite dei vescovi ed anche nella descrizione di Vairano del
1660 (vedi documenti). Le rendite dell’ospedale erano riunite a quelle della
confraternita di S. Orsola ed amministrate dagli stessi procuratori di essa,
che solitamente venivano eletti ogni anno nella prima domenica di ottobre dai
confratelli e dai Sindaci a voti segreti, con l’intervento dell’arciprete
Vicario Foraneo, come già fin dal 1697 aveva stabilito Monsignor De Pisis sotto
pena di ducati sei e di scomunica.
Nell’ospedale
erano ricevuti i pellegrini e gli ammalati poveri con l’obbligo di ospitarli
per tre giorni e di curarli somministrando loro i medicinali necessari. Passati
i tre giorni o forse passata l’urgenza i ricoverati bisognava trasportarli ad
altri ospedali in qualche luogo vicino. L’ospedale aveva anche l’obbligo di
accogliere i bambini esposti e di averne cura per qualche tempo. La descrizione
di Vairano del 1660 dice: “et anco somministrano a poveri (elargiscono
beneficenze ai poveri) e nutricano (forniscono nutrimento) a creature (bambini)
che non hanno nessuno per loro”.
La
confraternita e l’ospedale erano retti da leggi severe sia dal lato finanziario
che morale, come si evince dai decreti dei vescovi. Infatti sotto pena di
scomunica era proibito fare uso personale o prestare i beni mobili
dell’ospedale. Era prescritto di tenere separati uomini e donne e l’arciprete aveva
l’obbligo di vigilare e far rispettare tutti i decreti. Fin dalla fondazione vi
erano quattro dormitori con relativi letti. In un letto dormiva il custode, che
riceveva il salario di otto tomoli di grano pari a tre quintali circa. Un altro
letto era riservato ai sacerdoti pellegrinanti.
Durante
parecchi secoli l’ospedale funzionò benissimo e corrispose ai fini i quali era
stato istituito. La decadenza cominciò appena dopo il 1860 per il mutamento di
governo per lo spirito anticlericale che lo animava. Si pensò pertanto di
laicizzare un’opera sorta con principi religiosi sotto l’ombra della chiesa.
Sin dal 1867, con deliberazione del 10 novembre la confraternita del SS. Corpo
di Cristo e quella unita di S. Antonio avevano stabilito di concorrere con lire
trecento annue ed il Consiglio comunale con deliberazione dell’8 dicembre 1868
aveva stanziata per lo stesso scopo la somma di lire cento annue.
E
così i confratelli di S. Orsola, di quella del Corpo di Cristo e di S. Antonio
deliberarono di “fondare l’ospedale per i poveri infermi del Comune”,
nonostante ben sapessero che l’ospedale era stato fondato parecchi secoli
prima. Con decreto reale del 17 ottobre 1869 firmato da Vittorio Emanuele II e
dal ministro Luigi Ferraris l’ospedale fu eretto in ente morale. La
confraternita del Rosario, che prima si era mantenuta estranea poi si associò
anch’essa e stanziò lire duecento annue per il mantenimento dell’ospedale. Così
rimaneggiato l’ospedale non fu più detto di S. Orsola, ma assunse il nome di S.
Orsola e SS. Corpo di Cristo, venendo amministrato da una commissione composta
dai due priori delle confraternite di S. Orsola e del Corpo di Cristo, da un
membro del Consiglio comunale e da due notabili del paese eletti dalla
confraternita di S. Orsola. Fu redatto un lungo regolamento, furono predisposti
i modelli per lo stato patrimoniale, i registri di protocollo per la
corrispondenza, ma poi tutto restò lettera morta e si perdette per sempre
l’Ospedale di S. Orsola o meglio lo Xenodochio (cioè ospizio pubblico ospedaliero)
che era stato vanto della storia locale di Vairano.