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Solopaca

 

La Chiesa Ricettizia

 

(testo tratto da Alfredo Romano, Solopaca, nuova edizione a cura di C. Formichella, 1998, pp. 85-88)

 

 

Il maggior tempio di Solopaca, a forma di croce latina, fu costruito presso piazza “Castel S. Martino” e, da quando fu fondato, fu dedicato al Santissimo Corpo di Cristo.

La facciata guarda a settentrione, il fianco sinistro ad occidente, la parte posteriore a mezzogiorno e il lato destro a oriente. A destra e a sinistra dell’ingresso, sono praticate due nicchie, dove anticamente erano custodite due statue di stucco, una di S. Pietro e l’altra di S. Paolo. Sul cornicione del frontespizio si trova scolpita la seguente iscrizione: “Universitas terre Solisopace Templum hoc SS.mi Corporis Christi juspatronatus eiusdem predicte terre fieri curavit die XV mensis junii A. D. MDCXVII”.

Sicché l’origine della Chiesa Ricettizia, come chiaramente appare dall’epigrafe, è di natura laicale. Furono appunto gli Eletti della terra di Solopaca, Bernardino Quattrocchi e Tarquinio Frascadore, a chiedere il 23 novembre 1616 al Vescovo di Telese Mons. Sigismondo Gambacorta, che si trovava a Solopaca per la S. Visita pastorale, perché vi si potesse esercitare il pubblico culto, con clero eleggibile “ad nutum Universitatis” e fosse altresì concesso al Comune il diritto di patronato sulla Chiesa, che era stata costruita dagli stessi Eletti (Amministratori), e fosse affidata a cappellani amovibili.

Il Vescovo Gambacorta, con bolla del 1616, accolse la petizione e, nel giugno del 1617, in seguito, alle informazioni assunte e alle verifiche delle ragioni esposte dagli Eletti dell’Università, che avevano direttamente sostenuto le spese di costruzione, dalle fondamenta, e di dotazione del luogo sacro, con un altro rescritto, rinnovò l’approvazione. Con una posteriore supplica, gli Eletti del paese chiesero al Vescovo Telesino, per la Chiesa fatta da loro costruire, i seguenti privilegi: il tabernacolo col Santissimo Sacramento, la predicazione, le processioni nella terza domenica di ogni mese e la sepoltura dei fedeli defunti.

Il Vescovo Mons. Pietro Paolo De Rusticis, con bolla del 29 marzo 1638, concesse volentieri i privilegi richiesti. In origine, al fianco destro della Chiesa, si trovava appoggiato un altro muro, alto quanto la stessa Chiesa, sulla sommità del quale erano situate due campane, di cui una grande ed una piccola, che faceva parte dell’orologio comunale. La porta è incorniciata da pietra bianca, sormontata da uno stemma con sopra scolpiti i simboli della  Chiesa e dell’Università, rappresentati da un calice e dal sole nascente fra monti.

In fondo alla Chiesa, presso l’ingresso, si trovano, appoggiati ai muri, sopra due colonnette di pietra, due grossi vasi per l’acqua santa, anche di pietra, su ciascuno dei quali è scolpito lo stemma del Comune di Solopaca. Il soffitto originariamente, meno che nel coro, era di legno, a quadretti squadrati di color azzurro e di altri colori, entro i quali erano applicate delle stelle di legno dorato. Il pavimento era in lastrico e sotto di esso erano praticate tre fosse per la sepoltura dei defunti. Il coro è sormontato dalla volta in fabbrica, decorata di stucchi pregiati.

Furono costruiti nove altari: il Maggiore, del S. Rosario, di S. Biagio, di S. Giovanni Battista, della Pietà, della Concezione, del Purgatorio, di S. Antonio e di S. Maria degli Angeli. Vi erano poi cinque cappelle: del Rosario, della Concezione, di S. Antonio, del Sacro Monte dei Morti e di S. Maria degli Angeli, per quest’ultima, murata avanti e con porta, si accedeva per il suono delle campane. La cappella di S. Maria degli Angeli ricordava, certamente, quella più antica, puramente laicale, eretta e dotata da un certo Paolo Fasano, nel 1400, ed andata poi distrutta, nel 1589, da un incendio. Quella del Rosario, situata lungo il fianco sinistro della Ricettizia, è stata, nei primi anni di questo secolo, abbattuta, per rendere più spaziosa l’attuale Piazza Vittoria.

La Chiesa del Corpo di Cristo fu detta Ricettizia, in quanto, come per le altre Chiese di simile natura, in essa potevano essere ammessi, al ministero e alla partecipazione dei relativi frutti di massa comune, solo coloro che erano originari del luogo. Poiché costoro potevano tutti essere “recepti”, in origine le Ricettizie furono innumerate, cioè senza numero stabilito di sacerdoti partecipanti; in seguito però fu fissato un “numerus clausus”. Si ritiene che le Ricettizie siano sorte sullo stampo delle antiche corporazioni al tempo dei Comuni e si siano poi sviluppate prevalentemente nel Regno delle Due Sicilie. Con la venuta di B. Tanucci alla corte di Napoli, le Ricettizie subirono indebite ingerenze da parte dell’autorità civile, con l’imposizione addirittura di ratizzi…

 

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