Notizie storiche su Roccaromana
(tratte da Raffaele Alfonso
Ricciardi, Roccaromana – Monografia storica, 1887)
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I Normanni (pp. 42-48)
…Correva l’anno 1138 e da Sicilia
compariva inaspettato nella Puglia il giovane Re [Ruggiero]
assieme ad un forte numero di armati. Richiesto per aiuti dai Beneventani, egli
corse in quelle terre e buona parte ne occupò, e mentre Rainolfo, duca di
Alife, si moveva contro di lui per venire a battaglia, egli, a cui nella mente
era restato impresso tutto un passato che lo ammoniva, schivando di venire alle
mani, piombato sulla misera Alife, la prese e la saccheggiò. Di là a Venafro
non c’era che un passo e fu presto varcato: le ricchezze migliori
dell’altra città passarono nelle mani del fiero normanno, ed atterriti di
tanta sciagura nel mese di settembre dell’anno medesimo si arresero
spontaneamente Presenzano, Roccaromana e Tocco: et tali crudelitate audita,
Praesentianum castellum et Roccaromana ad Regis voluntatem convertitur et alia
castella circumquaque contigua[1].
Era in questo tempo signore di Roccaromana Andrea,
figliuolo di Guimondo, e questi barone possente tanto, che nel
giuramento dato dal Conte di Teano Raone, figliuolo di Raele all’abate
Gerardo, di difendere tutti i beni di Montecassino contro chiunque e con le
armi, ne eccettua il principe Roberto ed il conte Roberto dominos meos,
Rinaldo Mosca, Guglielmo Frassinella, Riccardo di Gaeta e Guimondo di
Roccaromana, verso i quali prometteva di usar solo le preghiere[2].
Da tale documento (An. 1112) chiaro apparisce come il signore di Roccaromana
fosse grande e temibile quanto i Conti di Capua, Riccardo dell’Aquila di
Gaeta e gli altri.
Andrea di Roccaromana adunque successo al padre
(Guimondo) nella baronia, siccome gli altri vicini feudatari sorpreso per
l’atroce incursione di Ruggiero, anziché vedersi da un minuto
all’altro spogliato della sovranità che da lungo tempo aveva, siccome
discendente di Pandolfo di Capua, capo stipite di sua famiglia, si dette al Re
normanno. Forse fu un sentimento di devozione che egli, di vecchia origine
longobarda, rinunziando a riguardi familiari, professava per Ruggiero, forse fu
ammaestrato dalla resistenza fatta a costui dal castello di Dragoni, così
prossimo al suo, che a soli tre anni di distanza (1135) lo stesso Re aveva
preso a viva forza, arceum Dragonis, che stava sulla sommità di scosceso
monte[3].
Noi l’abbiamo veduto – Strette cause di
parentela e di amicizia erano tra i signori di Roccaromana, i Principi di Capua
ed i Conti di Teano, e nelle perenni incursioni di Ruggiero sia contro Rainolfo
d’Alife, che contro Roberto di Capua, Andrea forse ne sarà rimasto spettatore,
forse avrà seguito i suoi vecchi alleati – Ma un anno prima della resa di
Roccaromana (1137) il Normanno aveva saccheggiato tutte le terre di Rainolfo,
come Nocera, Alife, ecc. il principe Roberto erasi altrove rifugiato, privo del
suo feudo, ed Andrea non pare avesse potuto far fronte a Ruggiero, e quantunque
sullo scorcio del 1137 il Duca Rainolfo avesse presso Siponto sbaragliato il
suo esercito, pure noi abbiamo visto nell’anno seguente (1138) il
medesimo Re, che piombato in Terra di Lavoro, menò di nuovo l’eccidio ad
Alife; spargendo la sventura di dove passasse, e Roccaromana non credo avesse
potuta rimanersene indifferente, senza veder la rovina di sé medesima. E quindi
Andrea o dovette considerare che la fortuna delle armi del Duca Rainolfo, del
Principe Roberto fosse prossima ad eclissarsi, ovvero sentiva attaccamento per
la dinastia del vecchio Guiscardo, ed essendo il suo feudo quasi chiuso tra il
principato di Capua ed il ducato di Alife, non gli fosse permesso mostrare
chiaro il suo animo, dovendo fingere in attesa di eventi propizi.
Sommamente piacque al re quell’atto del
feudatario di Roccaromana e volle insegnirlo del grado di Regio Giustiziero,
una delle sette cariche del governo normanno[4].
Difatti, noi vediamo più tardi, nell’anno 1167, nel mese di febbraio a
Sessa è celebrata una Regia Curia, a cui assistono Giovanni, Maestro Camerario
di Puglia e Terra di Lavoro, Andrea di Roccaromana, Regio Giustiziero ecc.,
perché l’abate Teodino di Montecassino faceva istanza contro coloro che avevano
le terre di Pontecorvo[5].
Verso quest’epoca noi ritroviamo la notizia
della morte di Maria de Roccaromana, abbadessa del Monastero di S.
Giovanni di Capua. Peccato davvero, che delle prima donna, che avrebbe potuto
in certo modo fornirci materia di studio, nel necrologio del Monastero, non sia
menzionata cosa alcuna a lei attinente, e nel vedere che per le altre, su per
giù havvi un accenno di vita, posta costei a coloro confronto, di certo non
puossi non lamentare la somma incuria che si aveva nel registrare notizie,
specialmente nei primi secoli. Procediamo per ipotesi nascenti dal fatto
stesso, e che debbono avervi grande attinenza. Il Monastero Capuano di S. Giovanni
fu fondato da Pandolfo principe, antenato di questa casa de Roccaromana e per
conseguenza antichità per il monastero e benefici e privilegi da quel signore
ad esso accordati. – Dopo il 1174 fu assunta al grado di badessa Maria[6],
discendente da Pandolfo e di sicuro sorella di Andrea. Reggendo la carica per
poco tempo, nel 1181 un’altra venne posta al suo luogo e così passa
inosservato quel nome, intorno a cui tante cose avrebbero potuto dirsi.
Ad Andrea, morto non si sa in quale epoca, successe Guimondo,
che conservando il nome dell’avo, fu non meno potente di lui.
Dall’Archivio di Cava dei Tirreni abbiamo una
sua pergamena, perché nel 1185 ad praesens iturus cum fortunato exercitu
domini regis[7]
fece testamento e col consenso di sua moglie Leonarda donò a Benincasa, abate
di Cava, alcuni beni a lui spettanti in Gifoni, Lama ecc. (Salerno)[8].
Dalla stessa apparisce essere signore eziandio di Anguillari e Scarpati, casali
che si rattrovavano presso Riardo, ora interamente distrutti.
Di quei casali se ne ha qualche notizia, come allora
che Alessandro III confermando all’Arcivescovo di Capua Alfano la diocesi
ed i beni, nomina fra questi in diocesi Ecclesiae Theanensis, ecclesiam S.
Erasmi, ecclesiam S. Mariae, ecclesiam S. Helenae, ecclesiam S. Nicolai, quae
sunt in territorio Scarpati[9];
inutile dire che di esse non si conserva nemmeno più la memoria.
Seguendo l’ordine cronologico per le poche e
scarse notizie che si hanno circa i primi feudatari, né potendo in alcun modo
frapporre un legame tra l’uno e l’atro fatto, spesso si va a
tentoni addirittura dietro una notizia, che quantunque di poca valuta, accerta
almeno l’esistenza del signore in quel tempo.
Pietro, vescovo di Teano, si lagnava che il clero di
Roccaromana venisse aggravato d’ingiuste esazioni, mentre che Guimondo, a
quanto sembra, dovette revocare i benefici da suo padre fatti al vescovato; ma
si fece accordo tra loro e lo stesso papa Celestino III con bolla speciale a
Teodino vescovo, successo a Pietro, trascrisse tutt’intera la
convenzione, nella quale esso Guimondo dichiarava che secundum quod domunus
Andreas pater noster eidem Ecclesiae concessit, chi non avesse patrimonio e
tenimento laicale, fosse del tutto esente da ogni molesti personale, ed il
clero per i suoi dritti fosse processato dal Vescovo, ed in caso di appello avesse
dovuto decidere la congregazione del paese. La bolla è riportata
dall’Uguellio[10]
e nella stessa a mio credere, deve decidersi qualche vertenza relativa a
patronati nella chiesa di S. Giovanni Inclusas: postremo Ecclesiae S.
Johannis ad Clusas secundum privilegii a patre nostro eidem Ecclesiae collati
libere et absoluto dimittimus, salvo quod bonus homo canonicus, qui ex
concessione memorati Episcopi eamdem Ecclesiam est adeptus, in vita sua
pacifice et quiete possideat.
Dovette inoltre accordare privilegi anche al
Monastero Cistercense di S. Maria della Ferrara in pertinenza di Vairano,
leggendosi in un atto di Re Federico del 1222 la conferma della donazione, fra
le altre, di Guimondo de Roccaromana[11].
Intanto le nostre province avevano presa forma di
monarchia al tempo di Ruggiero ed i baroni del regno furono tenuti di
riconoscere direttamente i loro feudi come beneficio reale, ed obbligarsi di
seguire il sovrano in tutte le guerre con un determinato numero di militi. E
perché si potesse sapere la forza della milizia feudale, fu stabilito anche il
numero degli armati, a cui ciascun barone fosse tenuto. Tal numero diveniva
maggiore in tempo di guerra, ed il signore ne doveva condurre il doppio, come
si rileva dalla rassegna generale dei tempi di Guglielmo II, che è il monumento
più antico e sincero del regno dei normanni e della lor forza militare che si
fino a noi pervenuto.
In quel tempo per una spedizione intrapresa dallo stesso monarca in aiuto dei cristiani di Palestina, furono chiamati a servire tutti i baroni, con i militi che dovevano – Ed in tale rassegna dopo descritto il numero dei militi, di cui il feudo era tassato, se ne aggiunge il maggiore, ed anche molti feudatari ne offrono di più di quanto fosse loro dovere.
Il registro pubblicato dal Borrelli, adunque,
riporta per intero la forza della milizia feudale sotto Guglielmo II.
Morto Guimondo, alla signoria di Roccaromana,
succedette suo figlio Andrea. Ed appunto di costui si parla nel registro
del Borrelli:
Andrea de Roccaromana, sicut dixit Nicolaus
Frascenellus, demanium suum de Roccaromana est feudum III militum, et de Petra
Millaria feudum IV militum, et de Sancto Felice feudum II militum, et de Petra[12] feudum V militum, quae sunt
inter omnia feuda militum XIV et cum augmento obtulit militum XXX et servientes
L.
Non abbiamo notizie che spieghino il numero degli
armati corrispondente al valore del feudo al tempo dei normanni, ma nelle concessioni
angioine è notato che per ogni venti once di rendita feudale il barone, oltre
la sua persona, dovesse condurre un milite[13].
Formava un milite un uomo armato a cavallo, con un armigero e due scudieri,
essendo riposta la maggior forza nella cavalleria[14].
Così adunque, innanzi l’aumento, il feudo di Roccaromana era di una
rendita di
E questo è per noi un documento importantissimo, che
ci dice la forza, la potenza e l’estensione del dominio della baronia,
sottoposta al signore di Roccaromana.
Pietramelara con il suo territorio, Pietravairano
col castello di S. Felice, facevano parte del feudo, che avendo a confine
quello di Riardo, presso a poco comprendeva tutto l’odierno Mandamento.
Così adunque Roccaromana aveva la signoria diretta di tutti i paesi
all’intorno, piena giurisdizione sui casali, sulle terre, sugli abitanti
che le componevano, ed Andrea di Roccaromana noi per il primo osserviamo che
sotto di sé avesse si vasto dominio. Non è quistione d’opporre che mercé
la sua influenza, mercé l’antichità del casato, discendenza legittima del
principe di Capua, quel signore che proveniva dai figliuoli di Pandolfo, e che
dopo circa tre secoli il suo feudo conservava ancora l’appellazione di Terra
filiorum Pandulfi[15],
con la forza delle armi siasi impadronito dei paesi all’intorno. No
– Nella divisione avvenuta del contado Teanese, come a Presenzano,
Caianello si stabilirono rami secondari della grande famiglia, sottoposte a
loro le terre che tutte assieme formavano la signoria di Teano, assumendo il
cognome dal feudo stesso, così Roccaromana non per assalti, né per atti
violenti assunse il governo di Pietramelara, Pietravairano e S. Felice, ma
sibbene che essendo luoghi per niente importanti e quindi necessario dipendere
da altro signore, non avendo qualità bastanti per rimanersene indipendenti,
restarono ad essa soggetti. E l’aquila nera dei signori de Roccaromana[16]
fu posata sul castelletto minore di Pietravairano, sulle mura della Curta
Petra Millaria[17],
che secondo Muratori, dandoci il significato della parola Curta, non
doveva comprendere che poche case, con una parrocchia e forse pure un
castello[18].
[1] Falco Beneventano, Cronaca – Muratori.
[2] …et omnem terram et monasterium et castella ejus, quod infra principatum Capuarum fuit adjuntor ero ad tenendum et defendendum contra omnes homines, qui tibi vel successoribus tuis tollere incipiunt, excepto contra principem Robertum et comitem Robertum, dominos meos, preces tamen fundo absque omni mali ingenio excepto Raynaldum Mosca et Guilielmum Frassinella et Richardum de Gaeta Guimundum de Rocca Romana, quibus similiter preces effundo… – Reg. Petri Diaconi N. 652 fol. 253, Montecassino.
[3] Falco Beneventano, Cronaca; De Meo, Annali, an: 1135.
[4] La carica di Regio Giustiziero corrisponde presso a poco all’odierno Prefetto, salvo che mentre avevano il governo della Provincia, amministravano pure la giustizia.
[5] Gattola, Abbazia di Montecassino, vol. II.
[6] Santuario Capuano.
[7] Anno 1185 – In questo anno Guglielmo riunì un grande esercito per conquistare l’impero greco – Cronaca Cavense.
[8]
Grande Archivio di Stato di Napoli, Pergamena di Cava n. 418, 4 Maggio
[9] Uguellio, Italia sacra, tomo V.
[10] Italia sacra, vol. V.
[11] Uguellio, Arcivescovi di Capua.
[12] Pietravairano, comune del Mandamento di Pietramelara, a pochi miglia da Roccaromana, anche oggidì detto corrottamente Pietra.
[13] Reg. Carlo I, An. 1264 B fol. 59.
[14] Reg. An.
[15] Riccardo da Sangermano, Cronaca.
[16] L’antico stemma della famiglia de Roccaromana era l’aquila nera in campo d’oro, che poscia venne riunita assieme allo scudo fasciato d’argento e di rosso, insegna dell’Università, come s’osserva sulla Cappella di S. Sebastiano, e così lo stemma attuale del Comune.
[17] Vedi Leone Ostiense.
[18] Muratori, Annali, tomo VI.