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Anno I                         Piedimonte d’Alife 5 Maggio 1887                              Numero 8

 

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IL RISVEGLIO OPERAIO

“La verità genera odio... ma noi la diremo sempre”

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PIEDIMONTE D’ALIFE

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Risposta Necessaria

 

Vi ha in arte, -per quanto sappiamo- tre specie distinte di polemiche. Quella che si mantiene nel campo sereno della discussione ed oppone argomento ad argomento colla freddezza glaciale del matematico, che on è mosso da altro, che dalla brama di gettar la luce nel campo sterminato della scienza. Quella che nel ragionamento infonde sarcasmo, e si prova a convincere scherzando fra la barzelletta umoristica ed il fatto che avvalora l’idea che si propugna. Quella che all’ironia accoppia l’insulto, conseguenza il più delle volte di meschinità di animo di insufficienza di criterio e quasi sempre di rancori personali.

La polemica iniziata e continuata dai filantropi paupertini, non impronta alcuno di questi tre caratteri speciali. Come Bovio, per necessità dei tempi e per precisione di concetti, à ideato il quarto stato nella categoria degli strati sociali: -come i dinamitardi, alla dinamite, alla melanite ed alla roburite hanno aggiunta una quarta invenzione esplodente, la blancastite, così i paupertanti, a scimmiottare, hanno creata una quarta forma di discussione –che noi ci limitiamo ad appellare villanamente indecente.

In questa nuova forma, si comprenderà di leggieri, non sarebbe di nostra pertinenza il seguirli, -per deferenza al pubblico che ci legge,- pel decoro della stampa che rappresentiamo,- pel rispetto che ogni cittadino deve a tutti ed a se stesso. Ma siccome per certi criticonzoli banali, per certi farabutti dozzinali, per certi insultatori plateali, è assolutamente indispensabile applicare la legge del taglione, così noi ci proviamo a seguirli pallidamente nella traccia. Per una sola volta, -badiamo veh!- perché è lecito scendere in qualche caso nella vita e tuffarsi fino ai capelli nella mota, causa la necessità; rimanervi a lungo no, è stomachevole, -almeno per chi ha disgusto della putredine.

Professori umanitari... (Permettete che interloquissimo fraternamente al plurale. Dal momento che ci troviamo a lottare con uno, che il più delle volte ha la sfrontatezza di firmare senza sapere scrivere –ed un altro che ha sempre la vigliaccheria di scrivere, senza saper firmare, bisognerà bene, che parlassimo in numero collettivo). Adunque, filosofi economisti, non sappiamo perché, ma a dirla così tra noi, voi ci date l’idea di quei rodomonti tradizionali, parafrasati a martiri umanitari, con tale un confusionismo nella mente, da disgradarne il cervello più balzano e bislacco, che abbia saputo mai personificare la trapotente fantasia ariostesca.

Noi finora non avevamo mai avuto un concetto adeguato e preciso della massa caotica in evoluzione; -non c’eravamo formata mai un’idea limpida e chiara del che cosa fosse la babele cervellotica di certe intelligenze entusiaste e disordinate; -non c’era venuto mai fatto, d’incontrare qualche cosa che ci avesse mosso l’ira e la pietà, la rabbia ed il disprezzo, il riso e la compassione. Voi ce ne data l’esempio, -vi ringraziamo- Vuol dire che dobbiamo a voi solo la conoscenza completa di certi tipi da commedia, che finora credevamo frutto esclusivo della fantasia dei poeti e dei novellieri.

Se è vero che la conseguenza deve essere coerente colla premessa, se è vero che l’effetto deve essere proporzionato alla causa, del vostro sragionamento, che lancia sentenze e spropositi, ci prendiamo la facoltà di trarre questa conclusione in forma di massima.

Tutti quelli che non riescono a convincere, perché impotenti, tentano di mordere perché avvelenati: -è la difesa abitudinaria del serpente.

L’ignoranza à questo di speciale che impotente a salire, perché priva di punti d’appoggio e di mezzi di locomozione, tenta troncar le gambe a chi sta in alto per livellarsi impertinentemente coll’ingegno. È un mezzo come un altro per combattere l’avversario. Anche il brigante appostato nella siepe, assassina il viandante per derubarlo della borsa. Vi riesce, ma in che modo?

Noi vi ripetiamo che siamo in opposizione perfetta con i vostri principii; -noi vi dimostriamo, che quello che avevamo affermato l’avevamo detto con cognizione di causa per la tale e tal’altra ragione; -non vi facciamo comprender che la nostra tesi è avvalorata dall’autorità di questo e di quell’altro scrittore; -voi a tutto ciò rispondete, che siamo dei mistificatori, che siamo degli usurpatori, che siamo di quelli che costrussero la bomba che ammazzò Alessandro III o che razza di coerenza è tutta questa?

Sentite, scrittorelli incipienti, quello che voi vi provate a fare sta molto mal fatto, per il decoro della casta a cui appartenete, per la dignità delle persone vi leggono, per i principii moralizzatori che vantate di professare –per tutti quei perché, che caratterizzano i birbaccioni. –Agendo in cotal modo mostrate d’affermare che la generalità dei vostri fratelli vi han tutto appreso meno l’educazione; -regolandovi così degradate senza accorgervene tutta quella schiera di pubblicisti, che asseriscono di lottare pel bene dell’umanità; -battendo questa strada provate che vi possono essere persone nella vita, che accoppino, l’orgoglio all’ignoranza, il tragico al comico, il ridicola al deforme, l’abominevole al mostruoso. –Ora questo è male; -è male per l’onestà, per la moralità, per la rettitudine; -è male per l’arte, pel progresso, per la scienza; -è male per voi, per la famiglia e per la patria.

Sventuratamente non siete al caso di comprendere di queste cose, -non siete alla portata di valutare la solidità di certi argomenti, -non avete quel tanto di percezione intellettiva, che vi possa far distinguere il retto dal tortuoso, l’equo dall’ingiusto, il bene dal male, il falso dal vero. –Rinsavitemi la follia, o rendetemi bonaria la perversità? – Se le tendenze son quelle, se le aspirazioni son quelle, se gl’istinti sono quelli, se le molecole cerebrali hanno quella speciale disposizione tempo e fiato sprecati. –I fatti sono là- ce li ha provati Lombroso.

Garrite per solo gusto di parlare, -malignate per sola ragione di sfogar la vostra invidia, -bestemmiate per solo intento di farvi temere e rispettare. –Come i corvi alla vista della carogna putrefatta, come i serpenti al cospetto della preda impaurita, voi, innanzi all’oggetto delle vostre mire, provate una specie di voluttà feroce, che corona lo sfogo della vostra bile ed il compimento dei vostri disegni. –Odiate come altri ama; -per diletto, per principio, per natura, per istinto. Se Satana tenesse il vostro odio, impaurirebbe Dio dal profondo dell’inferno.

Non avete né una classe distinta, né una forma determinata. Tentennate, brancicate, barcollate come gli ebbri, come i folli, come i paralitici. Siete superbi sotto il manto dell’umiltà, vanitosi sotto quello della carità, terribili sotto quello del sorriso, spaventevoli sotto quello dell’umanitarismo, e scandalizzando per esser letti, vi accorgete che siete una nota stonata nella stampa, come siete un ibridismo nel paese, come nella società siete un anacronismo.

Siete sterili, di quella sterilità che nausea, perché è una diversione della legge naturale; -siete goffi, di quella goffagine che fa male, perché eccita il riso allo stato di parosismo; -siete perfidi di quella perfidia che atterrisce, perché prodotto del veleno coll’egoismo e sopra tutto, accoppiate a tutte le vostre azioni un che d’eroicomico, che fa indignare e compiangere, arrabbiare e sorridere, trasalire e commuovere, indispettire e commiserare.

Avete un merito però, -la sfrontatezza allo stato d’esagerazione, -l’impudenza al culmine dell’intrepidezza, -l’improntitudine sfacciata nella soddisfazione del compiacimento. Novelli Sbarbaro in caricatura, ne imitate la pertinacia ed il libello; -se non che in lui è innegabile l’ingegno, la veracità dei fatti denunziati e la ragionevolezza della sua indignazione, -in voi è indiscutibile la cretinaggine, la falsità delle cose pubblicizzate e l’ingiustificabilità della vostra pugna da cannibali.

Avete un solo scopo, -il sovvertimento; senza una logica conseguente, senza un concetto prefisso, senza il convincimento di quello che predicate –e sotto il manto di liberali, di progressisti, di difensori degli oppressi e degli sventurati, vituperate incessantemente l’umanità.

No, disinteressati egoisti, l’umanità sofferente non ha mestieri dei vostri paroloni impertinenti per redimersi, -non ha bisogno dei vostri insulti grossolani per riformarsi, -non della vostra bava attossicata per impaurirsi, -non dei vostri strali avvelenati per reintegrarsi.

Il più grande dei redentori, dei sacrificati e dei martiri, non ebbe bisogno di tutto ciò per rivoluzionare il mondo. La più giusta, la più vera, la più santa delle massime –tutti gli uomini sono fratelli- gettata in ben altro ambiente, cercò di spargerla sulla terra, sotto la parola caritatevole dell’amore e del perdono. Visse benedicendo e morì perdonando, -voi vivete imprecando e morreste maledicendo l’universo; -siete dei serpentelli.

E inutile che vi camuffiate, a liberatori della miseria, a lenitori dell’infelicità, a cavalieri della sventura; vi si conosce troppo per poter prestar fede ai vostri lamenti da coccodrilli.

Giuda tradì Cristo per trenta denari, -voi atteggiati a protettori dei sofferenti, se ne aveste il destro, vendereste per un denaro solo dieci Cristi, con tutti gli apostoli corrispondenti; -voi, se aveste la certezza di non esser visti, pur di pervenire alla prosperità, vi mangereste l’anima di Lucifero e di tutto il suo seguito satanicamente pittoresco; -voi, se foste sicuri di non esser notati, pur di vivere nell’agiatezza, rinneghereste l’uguaglianza, la fratellanza, l’amicizia, l’amore, la patria, la famiglia, infinocchiandovi di tutto il genere umano, che agonizza dal lavoro e muore dalla fame.

Ma levatevi una volta questa maschera d’ipocrisia che vi ricovre, o anime velenosamente prave, o spiriti tracotantemente abbietti, rivali dei Gomez, dei Jago, dei Barkilfredo! Strappatevi per sempre questo involucro bugiardo che vi riveste, raffazzonati fannulloni, spudorati mentitori, mestatori parabolani, patrioti caricaturistici.

Svestitevi una volta per sempre di questa corteccia tortuosa che vi ravvolge, acrobati da piazza, funamboli da circo, saltimbanchi da trivio, istrioni da taverna! Mostratevi in tutta la vostra raccapricciante nudità, faccendieri turbolenti e venderecci! –La bandiera sotto cui ha militato Leone Say, Adamo Smit, Proudhomme Ovvard e sotto altra forma, quel semidio di Vittor Hugo, che voi cercate vituperevolmente di profanare, non può esser la vostra, imbelli e ridicoli campioni dell’accattonaggio!

Il vostro posto, se pure ne occupate uno nella vita, è nel fango in cui strisciate, è nella fogna in cui guazzate, è nello stequilineo in cui fermentate, è nella putredine in cui vermifucate!

-Oh!...

Ma scusate, cari signori, questi furfanti istigano, stuzzicano, urtano, provocano; -quest’infelici pungono, graffiano, azzannano, mordono; -questi miserabili mentono, insultano, offendono, feriscono e vorreste, che noi ce ne stessimo lì impalati a sentirci ripetere sul viso di simili bricconate?

Oh! No; quando non si ha il mezzo conveniente per difendersi da simili attentati, -quando la legge non garentisce da certe aggressioni triviali, tentate sotto la forma di sottintesi, -quando l’offensore è tale che non gli si può chiedere neanche una pubblica soddisfazione senza insudiciarsi, bisogna che la propria coscienza si elevi a giudice severa ed implacabile e mostri al pubblico nudi questi bassi fomentatori della turbolenza.

Ci duole per noi stessi, perché anche per un istante in que-[st’]ambiente mefitico ci sentiamo orribilmente a disagio.

La Redazione

 

 

 

 

Alla Socratica

 

Un po’ di tutto: dall’estetica.

Studiosi, volete apprendere la lingua italiana, nella parte veramente letteraria? –Leggete Paupertas.

In questo enciclopedico imparerete oltre a parlare prettamente ad operare onestamente –un colpo due uccelli.

Vi regaliamo un primo periodo, meditatelo; ma prima di leggere vi avvertiamo a tirar giù molto fiato. Eccolo grasso e tondo.

“Il Risveglio Operaio per l’articolo da noi pubblicato nel numero uno del Paupertas (primo inciso) pel quale ne avevamo tutta la ragione (e che santa ragione! secondo inciso) dappoiché noi (ricordate questo, noi, dovrebbe fare qualche ufficio; vedrete che subirà la sorte di essere impiccato a conti fatti) noi che fummo gl’iniziatori di quel foglio (terzo inciso) allo scopo di propugnare l’emanci[pa]zione dei lavoratori (4. inciso), che abbiamo sacrificato e tempo e lavoro per la sua fondazione (quinto inciso), che abbiamo dovuto farci largo (fate largo, giù viene una bomba) in mezzo ad una folla di nemici (quanti nemici! Guardano colle traveggole –sesto inciso) per alzare anche noi il grido di libertà e lavoro (e si parla ancora di lavoro in questo secolo così civilizzato? –settimo inciso) ha creduto di rispondere in una forma poco conveniente alle categoriche domande (di prima categoria –ottavo inciso) che non potevamo e non possiamo (contrasto di tempi –che tempi cattivi!) tollerare la mistificazione (parola che piace molto all’articolista: la lingua batte dove il dente duole) di gente tutt’altro che operaia (decimo inciso),  che si mette su per ampollosità di carica (ogni carica abbiam saputo che ha un trono, l’ampollosità) e di borea di ambizione (quanta borea... che brivido. –Brr...! –undicesimo inciso) trasformando e traviando (tremendi gerundi) le idee di emancipazione (dodicesimo inciso), alle quali s’informava lo scopo (bello, questo informarsi... quante forme... che emporio!) del giornale (tredicesimo ed ultimo inciso).

Studiosi, imparaste? Chiediam perdono se abbiam fatto abuso di parentesi: abbiam creduto evitare il cozzo. Volete sapere chi sia colui che abbia scritto ciò? Quando lo saprem noi ufficialmente, vel presenteremo togato al ministero della pubblica istruzione.

Dice la intelligente Paupertas: il sonnifero ci dà del microscopica e ciò pel formato del nostro giornale.

E rispondiamo: non solamente per questo, ma anche, e lo diciamo spavaldamente aperto, donchisciottescamente convinti e senza microscopio, per dinotare, di qualche suo parabolista infusorio, un insulso scimmiottar puerile; -null’altro. Seguitiamo –L’articolista, che tratta sempre materia perduta nello spazio, come egli nello spazio si perde, e per quanto si gonfi e si sbudelli non può non mostrarsi che microscopico, riprende così: la materia (vera) che contiene Paupertas se fosse stampata del carattere che egli adopera, ci vorrebbero due sonniferi.

Noi facciam notare ai partorienti che sarebbe il caso di paragonare le due materie, e stabilire una bella volta quale delle due sia capace di più presto imputridire. –Questa risposta valga per i sintetici: per altri che formano il numero dei più suggeriamo che in tutte le cose la qualità, non è mai stata sopraffatta dalla quantità; -nel caso si resta schiacciati ma non vinti. –In natura quello che abbonda è men raro, e chi ha gusto pregia, men che conto botti di feccia, un ampolla del buono. Soltanto ci ha destato meraviglia come in si poco spazio e lo scrittore facondo ed il tipografo industrioso, ne abbiano ammassate tante; ciò si contraddice nei fatti naturali, poiché la quantità è sempre in ragion diretta dello spazio.

Incalza il puter ircus dell’articolista: noi possiamo dire altamente di non aver disertato mai dalla nostra bandiera su cui sta scritto abbasso i mistificatori; prerogativa che in qualche articolista del sonnifero, fa esatto riscontro con la suola delle nostre scarpe.

All’insulto banale, ricordandoci della favola, rispondiamo:

Asinus demisso pene: Similem si negas Tibi me esse, certe simile est hoc rostro tuo.

Grida Paupertas: -Come! si esce fuori con le spavalde e tracotanti parole –fermo al mio posto, impavido come un vecchio soldato sulla breccia, duro come una montagna di granito, e poi si fa il connubio con un tale Trafalgar, che in pubblico Casino di Riunione, allorché si pubblicò il programma del Risveglio Operaio disse: voglio fare una protesta che io non sono un redattore del Risveglio Operaio! E chi aveva mai sognato la collaborazione di cotestui?

Cerchiamo di non confondere. Quando lo scrittore di cui si parla, nel suo articolo–programma diceva, di star fermo al suo posto ecc., intendeva di rimanere nei veri limiti della quistione, cioè –come ebbe ad affermare in una sua protesta –moralizzare l’operaio emancipandolo dal lato economico; ma quando si ebbe ad avvedere, che i suoi esaltati collaboratori confondevano giornalismo ed emancipazione con libellismo e sovvertimento, pensò di mettere un po’ le cose a posto loro; ed il Trafalgar, che in pubblico Casino di Riunione aveva detto di voler protestare –che non era redattore del Risveglio (appunto perché conosceva molto a fondo quei figuri –quello che sventuratamente ignorava qualche altro) si stimò fortunato ed onorato di collaborare al Risveglio, quando s’avvide, che quei signori avevano presa la loro strada.

Inoltre esclama Paupertas: o piccole menti!... E chi vi autorizza a credere che le vostre spampanate sieno dei capolavori letterari? Siamo forse autorizzati a crederlo dalle copie statevi respinte da Torino e da Livorno ecc. dopo il vostro trasformismo, oppure dalla lira mensile che quasi tutti gli azionisti non vogliono pagare più per il voltabandiera, che ha fatto il sonnifero operaio?

Qui la risposta cade da sé: da chi pensa come voi, o per dir meglio da chi opera come voi, infelici paupertizzanti, è rifiutato un periodico onesto, come dall’uomo malvagio è rifuggito il bene; ma riscontrando i fatti, il vostro veleno non si è limitato qui, l’avete diffuso fino a Torino ed a Livorno, fra gente sconosciuta, che non vi sa, che si appaga dell’apparenza, che credono ciecamente alle vostre suggestioni, che suppongono la vostra sia una grande associazione di trasformisti, di filantropi e di redentori. Credono quei signori che questo paese vi segua come il cane, il padrone. Credono... ma, giù le maschere! molti si spacciano novelli Platoni e novelli Cristi, ma di queste figure non ne restano che la memoria.

Se i nostri lavori poi, godano oppur no un merito, se abbiamo o no buon viso da quelli che li leggono, non ispetta a noi il discutere –ci limitiamo soltanto ad affermare, che lette le vostre Paupertas da uomini di meriti veri, sono state giudicate col motto: sed stomacari desinamus.

I nostri azionisti pagano tutti, eccettuato qualche disperato nel doppio senso della parola; invitiamo a dire chi è uscito e chi è rimasto con noi.

Riguardo poi a quel famoso appunto di cui ci carica la intangibile Paupertas (l’affare di quel paterno consiglio circa l’assicurazione sulla vita) risponderanno per noi non le parole, ma i fatti; migliaia e migliaia, cioè, di operai, che assicurati nella vita godono ora tranquillamente con la loro famigliuola il frutto delle loro fatiche.

Essi quando han messo da banda il prezzo stabilito per i premi annuali a null’altro pensano che a lavorare ed a ricrearsi. Non così certi altri operai, che sciupando tutto o meglio guadagnando poco, perché vogliono fare l’altrui mestiere, o l’altrui arte, o l’altrui professione, passano vita torbida ed irrequieta e come istrici saettano coi propri strali velenosamente acuminati.

Tutti quelli che si assicurano, sempre un bene, mai un male s’ebbero pel contratto sulla vita; quelli che vissero goderono il frutto dei loro risparmi nell’età della fiacchezza e del riposo; quelli da morte immatura incolti crearono un conforto e una fortuna alla vedova moglie e sventurati figliuoli.

Circa a quel ripetuto tanto per cento sugli assicurati, domandiamo ai lavoratori paupertinucoli: avvi mai al mondo chi rinunzia ai frutti dei propri sudori?

Su quanto riflette lo Smiles, di cui trascrivemmo il pensiero e forse la parola (e lo dicemmo) non potevamo far di meglio che appellarci a tanto luminare, per consolidare le nostre asserzioni.

Che colpa è la nostra se manca nei vostri cervelletti un po’ di fosforo e sembra che abbiano una certa tendenza a divenire atrofici?

Volesse il cielo e Smiles fosse letto e riletto in tutte le scuole come voi inconsciamente dite; la società migliorerebbe davvero, e voi che vi vantate di saperlo sareste di già migliorati. Di molti libri se ne conosce appena il nome e rimpinzando di volumi gli scaffali si ritiene di esser qualche cosa. Infelici! Fareste meglio se praticaste il

...Vos exemplarìa græca

Nocturna versate manu, versate diurna.

Scrivereste meno, ma le vostre parole sarebbero più efficaci; oprereste meglio e le vostre azioni sarebbero più meritorie.

Inoltre ad alleviare il male della fissazione paupertina intorno all’idea di lavoro, di guadagno, di risparmio, giacché davvero questa triade è diventata per essi una fissazione, possiam dire: tutto è compenso in natura; si vive con una lira e con mille, perocché il consumatore ed il produttore per legge economico-sociale si circondano di bisogni consoni alle loro necessità. Questa suprema legge fisico-morale non piace ai socialisti, poiché per essi il mestiere del mondezzaio, posto alla pari coll’invenzione e con la scoverta dello scienziato vero, mettono alla pari anche le esigenze della loro vita. (Per difetto di spazio tralasciamo di trascrivere uno squarcio splendidissimo del Semola, che dimostra la validità di quanto asseriamo).

Né le vostre querele, dotti signori, non debbono, far eco negli animi di chi apprezza l’umanità.

Noi pure vogliamo un miglioramento, noi pure ci addolora veder l’operaio sudare sotto la sferza del solleone, noi pure comprendiamo la fatica eccessiva quali danni produca, tanto che noi veramente studiamo la via migliore per alleviare ragionevolmente gli strabocchevoli mali che loro sovrastano. –Non così fate voi. Voi non sapete dare un indirizzo coerente e graduato, e rovinate quando strappate dal lavoro chi attende da esso la sussistenza e la vita. Voi affogate con affascinante promesse il loro canto tranquillo e non sapete molcere le pene del lavoro, poiché non sapete far la carità. I mistificatori siete voi, che promettete un milione non potendo dare che un soldo.

C’è da ridere poi ogni qual volta Paupertas si offende e per un nonnulla; deve essere amica dell’iperbole e molto amica, crediamo. Si ritenne insultata dalla frase il denaro è carattere, ora la poveretta si è impaurita, che lo Smiles avrebbe potuto maciullarla. Non tanto spavento, amica gentilissima; per quella prima frase siamo convenuti perché nulla avete obbiettato in proposito; per questa seconda, siamo sempre là, non ne afferrate una. E non crediamo, che fate i sordi per non andare alla guerra; voi soffrite veramente al timpano e soffrite tutti, stranezza!

Coll’aiuto di Socrate, analiticamente definiamo il verbo maciullare. Esso non significa mangiare, inghiottire; esso vale masticare, assaporare, carattirizzare, dissolvere. Sotto lo Smiles qualunque materia, di qualunque forma è maciullata. Chi studia, non chi legge lo Smiles, sa pur egli maciullare, mille Paupertas e relativi disperati nel senso che v’indicheremo più giù, con un po’ di pazienza.

Disperato, nel senso morale, è figlio legittimo di Paupertas. Paupertas indica povertà, e questo nome sta benissimo; non poteva essere più appropriato –viva l’inventore! Nessun giornale corrisponde al vero significato del proprio nome. Quasi tutti cento ne dicono, una ne fanno; questo quel che dice fa, -se ne contenti la schiera dei suoi affannosi collaboratori.

L’accennato borghesuccio e impiegatuccio, cui la paga fa ti vedo e non ti vedo, dichiara esser contentissimo del suo avere scrupoli. Non sarebbe borghesuccio ed impiegatuccio se avesse mistificato o rubato. Ed a proposito del rubare, se noi affermammo una gratuita asineria, secondo Paupertas, perché la dimostrammo piccina e goffa nei fatti, essa con ciò afferma una gratuita scelleragine, poiché, dato il caso, che essa non dimostri, chi di noi o di chi ci appartiene abbia rubato, non la Redazione del Risveglio, ma il pubblico intero, starebbe nel dritto di ritenere la mentitrice Paupertas per una donnaccia da postribolo.

Osservate, quanto siam buoni noi, che ci limitiamo ad attendere, stando cioè alle difese, pur non stando a corto d’argomenti contro di voi, pur potendovi scuoter i panni addosso e per bene; potendovi designare a capello, qual distanza ci separa. Diciamo soltanto che siete voi i ladri che ci avete rubata la quiete e fate di tutto per rubarci la pazienza. Siete voi i ladri, che ci costringete a scendere, facendoci perdere così quel decoro tanto necessario in mezzo a quella gente che reciprocamente si rispetta, ma vivaddio, se perdemmo quiete e pazienza, ci resta ancora un po’ di stima e di rettitudine, che non è molto facile rubarci.

La nostr’arte e letteratura ci dà vita e ristoro mentre attraversiamo la fogna di lezzo, che voi infelici, ci avete aperta davanti. In noi l’arte gareggia col genio e le lettere col buon costume; sembra una vanità, ma di questo ben ci vantiamo: non così potete far voi che non sapete quel che fate. In voi l’estetica è l’insulto, l’arte è la calunnia le lettere sono le vendette personali e l’umanità è un mito. In noi la persuasione forma l’estetica, il consiglio è l’arte, il compatimento son le lettere e l’umanità è l’apogeo dei nostri pensieri –Evviva! Voi dite di volerci smascherare, e non v’accorgete che senza che ciò facessimo noi, senza accusare (perché finora non abbiamo fatto che difenderci) il pubblico fin da qualche tempo vi ha già smascherati e giudicati.

E questo fia suggel che ogni uomo sganni.

IL SONNIFERO

 

 

Trafalgar ringrazia tutti coloro che numerosamente e cordialmente si condolsero con lui per i fulmini a ciel sereno da cui fu colpito... i medici però non ancora hanno scoperto il luogo preciso delle ferite... si concettura sotto il tacchino del piede sinistro.

 

 

PARTE LETTERARIA

Sotto l’Ombra

 

Si erano incontrati più volte ne’ campi, e si erano accompagnati, ritornando verso casa insieme.

Lucia era bella, e nella pupilla azzurra le balenavano que’ riflessi che fanno scorrere nel sangue dei brividi lunghi e sottili..

Paolo era un bel giovinotto di vent’anni, alto, serio, ardente. Era figlio di un campagnolo benestante. –Tutti e due erano cresciuti insieme, erano anche parenti alla lontana.

 

***

 Lei, nel suo vestito semplice, senza fronzoli, tagliato su quell’eterna moda delle campagne, aveva tuttavia qualcosa della signorina, qualcosa di soave, di gaio. La gonnella a larghe righe, dai colori vivaci, il piede breve e sottile, il corpetto attillato, la mano breve e vellutata, i lineamenti delicati, e sopra tutto, una folta capigliatura castagna, morbida come la seta, raccolta con graziosa civettuola sulla nuca, i ricci spioventi, ad ombranti il collo e la fronte.

E poi era andata a scuola parecchi anni, e leggeva dei libri. Tante volte aveva letto la storia del Tuppi Tuppi, o sia L’amuri pueticu di due amanti.

Tutte le volte che s’incontravano pe’ campi, Paolo la fermava, le parlava d’amore, tenendola per mano...

 

***

 

Era una splendida mattina di luglio. Il sole, già alto, gettava i suoi infocati raggi ovunque abbacinando ogni cosa. Gli uccelli pasciuti e felici, canticchiavano allegramente di su le alte cime degli alberi.

Lucia in quel mattino sentiva qualcosa che non sapeva definire a se stessa. Oh... ci sono dei momenti misteriosi, delle arcane cose, nell’anima delle fanciulle innamorate. Si levavano intorno a Lei i desideri... e la carezzavano lungamente con passione...

Tutte le bellezze del firmamento si riflettevano concentrate nei suoi occhi lampeggianti di amore.

Ebbra di passione la bella fanciulla scioglie un inno del cuore, e quel canto armonioso si diffonde per l’aria.

Paolo è solo. Egli siede sulla vetta di una rupe. Ode la voce misteriosa, e giù, nei campi a incontrare la bella fanciulla.

 

***

 

S’incontrano sotto l’ombra di un’alta quercia, solitaria in mezzo a quel vasto campo verdeggiante.

Egli fissa gli occhi su quella adorata creatura. Era una bellezza: col corpetto slacciato, senza lo spargetto sulle spalle, e coi capelli mezzo disciolti sulla nuca... Il collo scopriva tutte le sue curve morbide, il seno fiorente traspariva dal corpetto semiaperto...

Lui si era fermato estatico a guardarla, senza osare di avvicinarsi... Ma Lei, sorridente e molto appassionata, lo guardava, accarezzandolo. –Paolo, allora, s’appressa e di tratto in tratto la copre di baci per tutta la bella persona.

I più bei sorrisi sgorgano dalle labbra di Lucia come le perle più leggiadre della conchiglia di Venere. Sente deliziosamente venir meno gli spiriti vitali. Le sembra di smarrire la vita in un pelago di ebbrezze non mai provate così intense e così soavi.

 

***

 

Paolo le s’avvicina sempre più. La copre di caldi baci, e la sua mano corre sul cuore di Lei e vi cerca qualche cosa...

Lucia sente una vampa di fuoco precipitare al cervello ed al cuore... L’esaltazione dei sensi le toglie ogni ragione, ogni ritegno. –Essa getta le braccia attorno al collo dell’amato giovine e nella frenesia che tutta la predomina non chiede che di morire in quell’amplesso!...

O cieli mirifici, o campi fioriti, o meraviglie del creato, voi soltanto avete potuto assistere a l’ebbrezza de’ baci e degli amplessi di quella coppia felice e sublime!

Bontempo Basilio

 

 

MARCELLO DE BIASE – Direttore

 

 

MARCELLINO MASOTTA – Responsabile

 

 

Piedimonte d’Alife – Tip. S. Bastone

 

 

AVVISO

 

Son pregati i signori abbonati a volerci spedire, prima che esca l’altro numero, il prezzo del loro abbonamento.

 

 

 

STUDIO D’AFFARI

 

G. U. FERRUAZ: via Verla, 69: LUGANO (Svizzera). Compra, vendita e affitto di Stabili, terreni, case, ville, miniere, opifizi, molini ecc. Prestiti di danaro a facili condizioni modico interesse. Sconto di cambiali. Capitali disponibili per l’agricoltura, il commercio e le industrie. Acquisto di privative industriali, brevetti, opere scientifiche e letterarie. Anticipo di fondi e cointeressanza in accomandita per la fondazione o lo sviluppo di pubblicazioni periodiche, edizioni, imprese di lavori, speculazioni commerciali, bancarie ecc. Impieghi all’Estero disponibili in tutti i rami. Affari e relazioni in tutti i paesi d’Europa e d’oltremare.

 

 

Illustrazioni

 

Pagina 1 ultimo rigo: come i serpenti al cospetto della

Pagina 2 ultime righe: insulso scimmiottar puerile; -nul-l’altro

 

 

 

Pagina 3 ultimo rigo: ciò afferma una gratuita scellera-

 

 

Pagina 4

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