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Il Castello di Prata Sannita

 

(testo tratto da L. Cimino, Il fiume Lete - Il nome, il lago, le grotte di Cauto, i centri che attraversa, 2005, pp. 59-62)

 

Il Castello di Prata Sannita sorge su un costone di roccia sfruttando le asperità naturali e sovrasta il Borgo piccolo Medioevale in parte ancora cinto dalle mura merlate nel lato Est verso il fiume Lete. Il Borgo risalente al sec. IX ha assunto la sua forma architettonica durante il periodo angioino. Nel XV secolo, quando il feudo di Prata pervenne ai Pandone conti di Venafro, il Borgo fu dotato di un muro di cinta a protezione dell’abitato intorno al Castello. L’itinerario storico-archeologico prevede la percorrenza di un tratto dell’antica strada che lungo la valle del Lete attraversa il Borgo medioevale di Prata Sannita fino al Castello. Visite guidate, iniziative scuole, mostre documentarie e fotografiche, libri[1].

L’aspetto attuale del complesso è quello trecentesco, tipico dell’architettura angioina, con le caratteristiche torri cilindriche poste su basi tronco-coniche di notevole altezza che rendono evidente la funzione primaria eminentemente difensiva. Nel tempo, gli eventi storici, operando trasformazioni, arricchimenti e sottrazioni, hanno configurato il nuovo aspetto del Castello trasformandolo da fortezza in residenza. Il lato verso la valle del Lete venne alleggerito con una loggia che oggi appare murata ed all’interno si realizzò una diversa distribuzione degli ambienti. Lo schema planetario che ricalca quello primitivo, di forma rettangolare, si articola intorno ad un cortile la cui pavimentazione di roccia poggia su una cisterna dove confluiscono le acque piovane provenienti dai tetti. Un pozzo consente l’utilizzo dell’acqua anticamente unica fonte idrica del Castello. Un primo portone, subito dopo l’arco d’ingresso al Borgo Medioevale, introduce alle rampe di accesso al Castello, costruite in pietra, ad ampie gradinate e tornanti che terminano con una spianata da cui si domina una parte del Borgo sottostante. Il portale di fattura ottocentesca porta, in alto, la data che segna la fine dei restauri effettuati dalla Famiglia che è tutt’ora proprietaria del Castello. Il portone d’ingresso si apre su un androne in pietra viva e su una scalinata che conduce al cortile interno che separa le due ali del Palazzo e su cui si affacciano le finestre di alcuni ambienti. Le stanze abitate sono distribuite su tre piani. Un documento del 1742 descrive in parte la suddivisione dei locali: una piccola chiesa dentro, le stalle, pagliero e stanze per la gente di servizio ed altri comodi e cortile, cisterna d’acqua e legna con rimessa per carrozze, sito posto in questa terra loco detto “la Portella”.

L’impossibilità carrabile delle rampe di accesso impediva infatti il transito alle carrozze fino all’ingresso principale, è pertanto da dedurre che tale rimessa corrispondesse all’attuale “Frantoio” con macine in pietra tutt’ora funzionanti, anch’esso parte del complesso monumentale ed inserito fra le basi delle due torri e con ingresso dalla piazzetta detta oggi “Largo Portelle”. Il piano terraneo, raggiungibile con una comoda scala in pietra viva, ospitava anticamente i locali per la servitù ed alcuni depositi. Tutto il pavimento è di roccia e rivela come il complesso sia stato edificato assecondando la conformazione naturale del terreno.

Ai lati alcune pareti dell’ampio locale, anch’esse di roccia, mostrano segni regolari dello scalpello utilizzato per renderne più uniforme l’andamento. Due di queste pareti corrispondono ai lati della cisterna. Un grande pilastro sostiene parte delle volte su cui poggiano le stanze del primo piano. Precede il vano delle cantine la stanza della prigione che occupa la base della così detta “Torre Piccola”. Si tratta di un vano circolare utilizzato su due piani come lasciano immaginare i graffiti sull’intonaco ricavati con strumenti di fortuna e che sfiorano quasi la volta. Le pareti di questo ambiente portano incise le emozioni dei prigionieri attraverso i loro scritti e disegni: profili di cavalieri, figurine maschili e femminili, Calvari con la croce sulla sommità, linee verticali a segnare il passaggio dei giorni, piccole barche, uccelli; questi ultimi forse segno della libertà perduta. Il primo piano, adibito ad abitazione dei proprietari reca più evidenti i segni degli interventi di modifica realizzati nel tempo come rivelano alcune incongruenze negli attacchi delle murature. I due ampi vani, posti dopo il cortile e completamente privi di copertura mostrano, anche se solo in parte, gli accorgimenti difensivi predisposti al momento della costruzione del Castello; il cammino di ronda che collegava le due torri maggiori, le tracce del tetto che correva internamente alle mura stesse, la scala interna alle mura della torre Nord e sostituita, presumibilmente nel Secolo XVIII, da una scala a vista di cui rimangono tracce visibili. Nel vano più spazioso dell’ala sinistra, sono ancora visibili zone di intonaco dipinto, la cappa del camino, finestrini circolari che guardano verso il castello e che davano luce ad un corridoio di cui recentemente si è rinvenuta la pavimentazione. Le finestre rettangolari poste in alto al medesimo vano fanno supporre ambienti posti al secondo piano e comunicanti con quelli tutt’ora abitati. All’interno della torre Nord alla quale si accede da questo ambiente, è posto un affresco con racemi ed una piccola Annunciazione. È probabile che in questo luogo fosse posta la piccola “Chiesa” descritta nel documento del 1742 già citato. Il secondo piano, al quale si accede mediante una scala ottocentesca in cotto, ripercorre la suddivisione delle stanze del piano abitato. Da qui è possibile raggiungere la terrazza posta sulla Torre Piccola e dalla quale si può ammirare l’intero Borgo Medioevale spaziando fino alla pianura verso Venafro a Nord ed alla Valle di Pratella a Ovest.

 

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[1] Lucia M. Daga Scuncio-Gruppo Archeologico.