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Giuseppe Angelone

PIETRAVAIRANO, AUTUNNO 1943: IL DRAMMA DELLA GUERRA.

(in Annuario ASMV 2002, pp. 21-30)

 

 

La mattina del 28 ottobre 1943, dopo tre giorni di combattimenti incessanti, il tenente colonnello Doleman, comandante del 3° battaglione del 30° reggimento di fanteria della Terza Divisione americana, ed il maggiore Bacon, con la compagnia L entravano nella cittadina di Pietravairano ponendo fine a circa cinquanta giorni di occupazione militare nazista. La cittadina appariva profondamente danneggiata e la popolazione stremata dalle condizioni precarie in cui era stata costretta a vivere nei ricoveri di fortuna per evitare la deportazione[1].

Nei tre giorni precedenti la conquista del territorio le truppe statunitensi avevano subìto numerose perdite, tra cui sei morti. Ai tedeschi della Terza Divisione Panzergrenadier e della Divisione corazzata Hermann Goering non era andata meglio: 28 morti, una trentina di feriti e molti prigionieri. I combattimenti erano stati molto cruenti tanto che un cronista del tempo scrisse che per «le truppe nordamericane i combattimenti presso Pietravairano e Sant’Angelo Vecchio si [potevano] considerare i più cruenti dopo quelli di Salerno»[2].

Le truppe della Wehrmacht per alcuni giorni erano riuscite a mantenere la posizione nonostante gli incessanti attacchi dell’artiglieria e dell’aviazione americana. Una serie di incursioni aeree, il 9, l’11 ed il 19 ottobre, non riuscirono a scardinare la difesa tedesca ma provocarono la distruzione di oltre il 50% dell’abitato[3].

I tedeschi erano giunti nel territorio di Pietravairano agli inizi di settembre e presto avevano iniziato la requisizione di derrate alimentari e di bestiame, in ‘ottemperanza’ alla disposizione del comando del XIV Panzerkorps, datata 19 settembre 1943, con la quale si stabiliva che «il vettovagliamento delle truppe [doveva] avvenire esclusivamente a spese del paese occupato. (…) la campagna [doveva] essere completamente depredata soprattutto di carne e ortaggi (…)»[4].

Pietravairano, ubicata in posizione strategica sulla linea difensiva Viktor, leggermente più a sud delle ulteriori linee difensive tedesche Barbara e Bernhardt, fu teatro di uno scontro cruento tra le truppe americane e quelle tedesche.

Il 20 settembre il comando del 3° Panzergrenadier tedesco emanò un ordine di sgombero della parte bassa dell’abitato che nei giorni successivi fu oggetto di saccheggi ed incendi da parte dei guastatori. L’11 ottobre il podestà Nicola Di Meo fu costretto ad emanare il bando di sgombero del centro storico cui seguì, nelle ore successive, la distruzione di quasi la totalità delle abitazioni, minate ed incendiate. Continuarono i saccheggi, le requisizioni, i soprusi a danno della popolazione. Due cittadini vennero giustiziati dai soldati tedeschi, altri morirono urtando ‘mine S’, fili di ferro per sgambetti e trappole esplosive[5].

La notte tra il 12 ed il 13 ottobre, dopo una «intensa preparazione» le truppe americane della Terza Divisione di fanteria, comandata dal generale Lucian K. Truscott, con una «manovra abilmente studiata» riuscirono a superare il fiume Volturno, importante barriera naturale su cui le forze tedesche aveva imperniato un forte sbarramento difensivo per rallentare l’avanzata alleata. L’attraversamento costò agli alleati numerose perdite[6]. «Una volta attraversato il Volturno, la 5ª armata avrebbe dovuto avanzare per circa 65 km. lungo una catena di ripide alture, lungo strade strette e tortuose, attraversando impetuosi corsi d’acqua per raggiungere il successivo grande ostacolo naturale: le vallate dei fiumi Garigliano e Rapido: raggiunta la linea Sessa Aurunca - Venafro, la 5ª armata americana si sarebbe venuta a trovare sulle alture che dominavano quelle vallate da sud. Ma raggiungere quella zona sarebbe stato tutt’altro che facile: le alture avrebbero potuto essere difese dal fuoco incrociato di postazioni che si appoggiavano l’un l’altra, le demolizioni e le mine avrebbero potuto certamente essere impiegate con efficacia; era inoltre logico aspettarsi ponti distrutti e canali pieni d’acqua. In ogni momento si sarebbe corso il rischio di incappare in un’imboscata, e sarebbero bastate alcune armi automatiche per difendere facilmente le poche vie naturali d’avanzata. Anche se gli strateghi alleati avessero cercato di sfruttare tutte le occasioni favorevoli (...), le carenze di uomini e di mezzi, nonché le difficoltà connesse alla natura del terreno e alle condizioni atmosferiche, avrebbero impedito una rapida realizzazione dei piani»[7]. Così scriveva il generale Clark, comandante della Quinta Armata statunitense: «(...) Ci trovammo di fronte un terreno tra i più difficili tra quelli incontrati poi e il tempo peggiore di tutta la campagna. La pioggia cadeva a torrenti, i veicoli sprofondavano nel fango fin sopra i mozzi delle ruote, le terre basse diventavano mari di melma e le retroguardie tedesche si trinceravano abilmente sulle alture per ritardare la nostra avanzata. (...). [Vi era] la sensazione di affrontare ogni giorno una postazione difensiva formidabile, mentre [avanzavamo] a poco a poco attraverso quell’aspro terreno»[8].

La «tattica dilatoria» delle truppe tedesche del XIV Panzerkorps del generale Hube aveva previsto la predisposizione, a nord del Volturno, nella zona della linea IV Viktor, di cinque widerstand-linie (linee di resistenza) nella ritirata verso la linea Bernhardt o Reinhard, nota presso gli alleati come winter line (linea d’inverno)[9]: «Alla fine di settembre (…) il comando dell’esercito si apprestò a ripiegare fino alla linea Bernhardt, che avrebbe dovuto essere trasformata in posizione difensiva permanente. Davanti a questa linea bisognava occupare cinque posizioni intermedie. Il 25 furono sistemati i dettagli del graduale ripiegamento alla riva settentrionale del Volturno fino alla linea Viktor (linea IV). Il fine di questo ripiegamento graduale era, facendo compiere all’esercito piccoli balzi, ‘di ingannare costantemente il nemico circa la vera linea di resistenza, di costringerlo ad inutili appostamenti e di ritardare il suo inseguimento facendo saltare mine in modo massiccio’»[10]. I tedeschi dovevano evitare, nel limite del possibile, di avere un duro scontro davanti alla Reinhardt, che era considerata di importanza fondamentale per il dominio dell’Italia centrale.

Con molta fatica, considerando le asperità del terreno, costituito dall’alternarsi di colline e pianure che costituivano un serio problema per una rapida avanzata, gli americani giunsero nell’area di Pietravairano il 25 ottobre, dopo circa due settimane dall’attraversamento del Volturno[11]. Durante il 25 le truppe americane del 7° e del 30° reggimento fanteria riuscirono a conquistare la collina dove si erge il borgo medievale di San Felice, frazione di Pietravairano. La mattina successiva gli americani attaccarono il Monte San Nicola, ad est dell’abitato di Pietravairano. L’attacco fu seguito da alcune ore di fuoco incessante. La fanteria ricevé un’importante copertura aerea. Tutti e tre i battaglioni del 30° reggimento fanteria furono impegnati nell’attacco: il 3° battaglione sulla sinistra, il 2° sulla destra, e il 1° di rinforzo sulla destra. Il 7° reggimento fanteria sostenne l’attacco di fuoco iniziale[12]. Appena i tre battaglioni, dopo aver attraversato la pianura della valle, iniziarono a salire sul Monte San Nicola dal lato est, tutte le truppe furono sottoposte al pesante fuoco dei mortai nemici. Avvicinandosi alle grandi masse delle colline, il 30° fanteria aveva trovato i tedeschi che avevano fatto una intensa preparazione e avevano scavato trincee lungo la cresta e non lungo le pendici delle stesse. Durante tutto il 26 le truppe americane del 30° fanteria pensarono ad evitare mine S, demolizioni tenute da fili di ferro per sgambetti, trappole esplosive, ecc. Oltre a queste difese passive, le truppe statunitensi dovevano difendersi anche dall’attacco proveniente dalla collina dei micidiali Nebelwerfer[13]. All’imbrunire il 3° battaglione del 30° reggimento aveva conquistato la prima delle tre alture collinari[14]. Pioveva, e la visibilità era scarsa, ed in alcuni punti gli avversari erano a meno di cinque metri di distanza. «Da parte tedesca si afferma[va] che gli Americani avevano attaccato la sella tra monte S. Nicola e quota 371, alle ore 10.30, ma che furono respinti. A mezzogiorno avevano ripetuto l’attacco. Nel pomeriggio riuscirono ad occupare la cima»[15].

Durante tutto il giorno successivo granate e mitragliatrici infierirono sul 3° battaglione che cercò di evitare la forza d’urto dell’opposizione nemica. Insieme ad una compagnia del 2° battaglione, il 3° avanzò per conquistare due alture sulle quali i tedeschi avevano realizzato due posizioni imprendibili per le mitragliatrici[16]. Durante quella notte, come detto, la compagnia L ed il gruppo di comando del 3° battaglione riuscirono ad entrare a Pietravairano, disseminata di mine e trappole[17].

Il 1° Btg. dopo aver ricevuto il cambio, all’estremità della cima, da elementi del 7° reggimento Fanteria, si mosse dietro al 2° battaglione, e insieme, dopo aver toccato la periferia di Pietravairano, si diressero a nord per occupare Vairano Patenora.

Nelle settimane successive Pietravairano divenne ‘rest camp’, ‘bivouac area’, campo di riposo per le truppe che si alternavano sulla winter line. In località ‘Aia dei Monaci’ il 30° fanteria predispose un accampamento per circa 300 soldati[18].

Nei mesi successivi sul territorio si avvicendarono truppe di altre nazionalità: inglesi, neozelandesi, scozzesi, marocchini, canadesi, la cui presenza è testimoniata fino all’estate 1944[19].

Durante la loro permanenza gli Alleati requisirono al Comune le cave di pietra, per la sistemazione della viabilità al fine di facilitare lo spostamento e l’avanzamento delle truppe, ed una parte delle zone boschive per il recupero del legname per il riscaldamento, data la stagione invernale. Alla fine del conflitto il Comune di Pietravairano aprì una vertenza con il Genio Militare per ottenere un indennizzo per i ‘danni’ provocati dagli Alleati[20].

Nei primi mesi del 1944, la situazione sembrò tornare alla ‘normalità’, anche se molte erano le famiglie dei ‘senza tetto’ e le condizioni, economiche ed alimentari, di quasi la totalità della popolazione erano precarie. Più della metà delle abitazioni era stata distrutta ed un’alta percentuale di esse erano state fortemente danneggiate e rese inagibili.

La situazione tragica in cui versava il paese, dopo le operazioni belliche, è attestata anche da alcune deliberazioni della Giunta Municipale: «(...) urge provvedere allo sgombero delle macerie giacenti in mole impressionante per tutte le strade dell’abitato a seguito dello scoppio delle mine e degli incendi provocati dalle truppe tedesche (...)»[21]; «(...) questo Comune ha ricevuto grandissimi danni dalle operazioni belliche svoltesi in questo settore e che in particolare moltissimi edifici sono crollati perché incendiati o minati dalle truppe tedesche: che la viabilità sulle strade ed in generale la pubblica incolumità risulta compromessa per cui moltissimi sono i muri che minacciano imminente rovina con sicuro danno alle persone, stante la particolare struttura dell’abitato attraversato in forte pendio da vie larghe appena qualche metro; che in data odierna a seguito di violento temporale alcuni di questi muri sono crollati, onde è da comprendersi che urge nella maniera più assoluta eliminare il gravissimo danno e pericolo; Dato atto che per la rimozione delle macerie nei punti più agevoli si sta ricorrendo alle prestazioni obbligatorie d’opera da parte dei cittadini, ma che per il delicato lavoro di abbattimento e di puntellamento dei muri occorre necessariamente ricorrere all’opera di manovali tecnici, alla cui remunerazione deve provvedersi immediatamente; Considerato che il Comune per il momento non ha altre risorse finanziarie poiché tutti i ruoli in carico all’Esattore delle II. DD. sono andati distrutti da incendio, eccettuato solo quello della sovrimposta fondiaria; - che i nuovi ruoli per l’anno 1944 - permanendo l’attuale situazione - andranno in riscossione con sensibilissimo ritardo; - che il deposito di £. 50.000 che il Comune ha sul libretto postale sarà riscosso con ritardo, perché il libretto stesso è andato bruciato (...); - che l’Amministrazione non avrà alcun modo per provvedere al pagamento degli stipendi ed assegni al personale, (...) inoltre, non potrà far fronte a tutte le spese ordinarie e straordinarie e obbligatorie distrutti dagli incendi, alle riparazioni urgenti allo stabile della Casa Comunale, alla sistemazione provvisoria della viabilità pubblica, alla riparazione del tetto della Chiesa Collegiale di S. Eraclio di proprietà comunale ecc. (...)»[22]; «(...) si deve provvedere alle urgenti spese indilazionabili ed in particolar modo per l’abbattimento dei numerosi muri pericolanti ed in riattamento della viabilità sulle pubbliche strade gravemente devastate dalla guerra (...)»[23].

L’opera di ricostruzione, di parte delle abitazioni distrutte, ebbe iniziò, però, soltanto nel 1945, quando fu nominato un “Comitato per le riparazioni edilizie”[24]. Le operazioni di ricostruzione dovettero procedere molto lentamente se, nella parte alta del paese, ancora nel 1947 venivano attestati dei crolli di abitazioni danneggiate dalla guerra[25].

 

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[1] G. Angelone, Pietravairano: dall’occupazione nazista alla liberazione alleata, Vairano Scalo 1998.

[2] Gazzetta del Popolo, Anno 96, 263, venerdì 29 ottobre 1943.

[3] Biblioteca Comunale “R. Paone” di Pietravairano, Registro delle Deliberazioni dal dicembre 1940 all’ottobre 1946; Delibera n° 31/45 del 30 giugno 1945. Uno studio particolareggiato sul registro è stato condotto da R. Cifonelli, Pietravairano tra il 1941 ed il 1946. Brevi appunti di vita politico amministrativa, in  G. Angelone-G.Vitagliano (a cura di), Pietravairano nella bufera delle guerre mondiali - Catalogo della mostra fotografica e documentaria (5 novembre - 18 dicembre 1994), 1996, pp. 39-44; cfr. anche G. Angelone, Pietravairano…, cit., p. 56, nota 66.

[4] F. Andrae, La Wehrmacht in Italia. La guerra delle forze armate tedesche contro la popolazione civile 1943-1945, Editori Riuniti, Roma 1997, p. 43 e p. 456, nota 112.

[5] G. Angelone – A. Robbio, Pietravairano ai suoi Caduti nelle guerre mondiali, 2001. Sui soprusi a danno della popolazione dell’alta Campania cfr. il recente catalogo della mostra dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza “Vera Lombardi” dal titolo Erba Rossa, a cura di F. Corvese.

[6] Secondo i dati ufficiali forniti dal War Department le perdite totali furono 544 (120 morti, 416 feriti e 8 dispersi). Cfr. Fifth Army History, prepared under the direction of Col. John D. Forsythe, by Maj. Chester G. Starr, «Across the Volturno to the Winter line». Publisher: s.l.: The Army, 1945-47 (Florence, Italy: L’Impronta press), part II, p. 85.

[7] M. Blumenson, Attraverso il Volturno, in «Storia della seconda guerra mondiale», ed. Rizzoli - Purnell, 1966, vol. IV, pp. 282-283.

[8] M. W. Clark, 5ª Armata americana, Garzanti, Milano 1952, pp. 225-226. Cfr. anche E. Morris, La guerra inutile - La campagna d’Italia 1943-1945, Tea Storica 16, Longanesi & C., Milano 1993: «La pioggia cadeva fitta e incessante per giorni e giorni. I ruscelli diventavano torrenti rabbiosi, con un’energia cinetica sufficiente per trascinare via un camion da tre tonnellate a pieno carico o sommergere un ponte prefabbricato. La pioggia costituiva per l’avanzata degli Alleati un ostacolo più grave del nemico e del terreno». M. Blumenson, Attraverso il Volturno.., cit., p. 276, così sintetizzò gli eventi dell’autunno 1943,: «Allo scopo di aprirsi la strada verso Roma, nell’ottobre del 1943 la 5ª armata americana comandata da Clark e l’8ª armata britannica agli ordini di Montgomery sferrarono attacchi massicci contro le postazioni germaniche. Ma la resistenza nemica, unitamente all’impervia natura del terreno che offriva ai tedeschi solide posizioni difensive, oltre alle avverse condizioni atmosferiche, crearono seri ostacoli alle forze anglo-americane. Fu solo nel dicembre 1943 che gli alleati, pagando un altissimo scotto, riuscirono a raggiungere la linea Gustav, dove sarebbero rimasti inchiodati fino a maggio».

[9] La Reinhardt era una posizione difensiva molto robusta, che appoggiandosi sui monti Camino (m. 983), La Defensa  e Maggiore (m. 630) congiungeva la foce del Garigliano alla sommità del Monte Sammucro (m. 1205) ed aveva il suo fulcro nella cosiddetta “stretta di Mignano” (Mignano gap). Su questa posizione i tedeschi intendevano rallentare al massimo l’offensiva alleata in modo da guadagnare più tempo possibile per l’allestimento della linea Gustav, una linea difensiva, profonda nel suo punto più stretto circa 12 km, che correva diagonalmente attraverso la penisola che, partendo dalla foce del Garigliano, passando per Cassino seguendo il fiume Rapido, scavalcando i monti dell’Abruzzo e seguendo infine il fiume Sangro, giungeva fino alla sua foce nell’Adriatico; qui l’avanzata alleata doveva essere bloccata. Innanzi alla linea Bernhardt era stata realizzata una posizione difensiva intermedia, la linea Barbara, che correva dal Monte Massico (m. 812) ai monti del Matese, attraverso i territori di Teano e Presenzano. Cfr.: A. Bowlby, Countdown to Cassino. The battle of Mignano gap, 1943. New York, 1995.

[10] L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Bollati Boringhieri, Torino 1996, pp. 44-45 e pp. 456-457, note 114-116.

[11] Per le operazioni belliche nel periodo dal 13 al 25 ottobre, History of the Third Infantry Division in World War II, ed. by Donald G. Taggart, Washington, Infantry Journal Press, 1947. Reprinted by The Battery Press, Nashville 1987.  Cfr. anche: United States, War Department, General Staff, From the Volturno to the Winter Line (06.10.1943-15.11.1943), Military Intelligence Division, U.S. War Dept., Washington, 1945. World War II 50th Anniversary-Commemorative Edition, 1990; D.B. Marrocco, La guerra nel Medio Volturno nel 1943, Tip. Laurenziana, Napoli 1974; G. Angelone, Pietravairano dall’occupazione…, cit.

[12] D. G. Taggart, History…, cit., p. 94.  Cfr. anche Fifth Army History, cit., p. 44.

[13] Lanciatori di nebbia, un mortaio a sei o a dieci canne.

[14] D. G. Taggart, History…, cit., loc. cit.

[15] D. B. Marrocco, La guerra nel Medio Volturno nel 1943, cit., p. 88.

[16] Le fasi dell’attacco sono documentabili con alcuni filmati girati dai cineoperatori americani, al seguito delle truppe, conservati presso i National Archives and Records Administration di Washington (U.S.A.). I filmati sono stati inseriti in un documentario, curato dallo scrivente, dal titolo Dal Volturno alla Winter line. Ulteriore documentazione ci è offerta da una serie di disegni realizzati dall’artista americano George Biddle, al seguito del 15° reggimento della Terza Divisione di fanteria, col grado di capitano. Alcuni di questi disegni furono pubblicati in un reportage del settimanale Life del 3 gennaio 1944 (cfr.: G. Angelone, Pietravairano dall’occupazione…, cit., pp. 79 e sgg.). Sui disegni dei ‘combat artists’ americani nel Medio Volturno, cfr.: G. Angelone, La guerra nel Medio Volturno analizzata attraverso i disegni dei ‘combat artists’ americani, in preparazione.

[17] R. Prohme, History of 30th Infantry Regiment World War II, Washington, Infantry Journal Press, 1947, p. 92.

[18] R. Prohme, History…, cit., pp. 101-103. La presenza dell’accampamento è testimoniata ulteriormente da un filmato, da me rintracciato ai N.A.R.A. di Washington, inerente la celebrazione della Santa Messa per il Natale 1943. Il numero di catalogo del filmato, anch’esso inserito nel documentario cit. alla nota 16, è 111-ADC-386.

Stanley Loomis, caporale della compagnia C, fece parte del gruppo di soldati accampati nel ‘rest camp’ di Pietravairano per circa un mese, dal 3 dicembre 1943 al 1° gennaio 1944. Loomis era arrivato nell’area di Pietravairano la notte del 2 dicembre 1943. Nel capitolo 22 della sua autobiografia scrive: «Quella notte decidemmo di fare un giro di perlustrazione in una cittadina situata i piedi di una collina coperta di alberi. Nel cielo non brillava la luna. Si vedeva ben poco. Temendo la presenza di nemici decidemmo di parlare sottovoce. Nelle vicinanze si sentivano continui spari di cannoni. Era un rumore costante. Che non ci abbandonò mai. Quando entrammo in quel paesino, allora ancora non sapevo che si chiamasse Pietravairano, ci accorgemmo che non c’erano strade ma soltanto viottoli fangosi … notammo, inoltre, che qui non esistevano fogne e che gli abitanti del villaggio faceva uscire le acque luride di scarico attraverso una fessura scavata nei muri delle loro abitazioni. Era la notte del 2 dicembre 1943». Lasciò il paese l’ultima notte dell’anno come lo stesso ricorda, alle tre di notte, insieme al 30° fanteria, dirigendosi al MAD di Quarto, vicino Pozzuoli, prima di essere impiegato per lo sbarco ad Anzio. La notte del 1° gennaio venne tristemente ricordata come «one of the coldest days on records», cioè uno dei giorni più freddi mai registrati in tutta la Campagna d’Italia. Su questa notizia cfr. anche R. Prohme, History…, cit., loc. cit. Ho preso contatti con Loomis, che ha 79 anni e vive a Pompano Beach in Florida, attraverso il sito web della Terza Divisione di fanteria americana, www.warfoto.com. Lo ringrazio in questa sede per avermi fornito delle notizie importantissime sulle condizioni della cittadina e dei suoi abitanti nei giorni successivi alle operazioni belliche e per avermi affidato una parte della sua autobiografia, ancora inedita, affinché potessi utilizzarla per i miei studi. Spero di pubblicarne il testo integrale molto presto.

[19] G. Angelone, Pietravairano dall’occupazione…, cit., pp. 27-28.

[20] Cfr.: Registro delle deliberazioni della Giunta Municipale 1946-1952, Delibera n° 32/48 del 6 settembre 1948: «La Giunta, premette che nel periodo dell’occupazione da parte delle Forze Alleate furono requisite al Comune, le cave di pietra, ed una parte delle zone boschive - Le cave furono sfruttate per la sistemazione di strade ed i boschi per riscaldamento; Avendo, quindi, il Comune diritto di richiedere al Genio Militare l’indennizzo dei danni, si rende necessario procedere ad accertamenti circa il danno, (...) Unanime delibera - dare incarico al Geometra Coppeta Umberto di svolgere, in favore e per conto di questo Comune, tutte le pratiche che si rendono necessarie per il risarcimento dei danni arrecati dagli Alleati sia per lo sfruttamento delle cave di pietra, sia per l’uso delle zone boschive, tutte di proprietà comunale (...)».

[21] Delibera n° 35/43 del 18 dicembre 1943.

[22] Delibera n° 1/44 del 1 gennaio 1944.

[23] Delibera n° 9/44 del 26 febbraio 1944.

[24] «Poiché il Comune di Pietravairano, per il grande numero di case distrutte o danneggiate dagli eventi bellici, rientrava tra quelli contemplati dal Decreto Legislativo Luogotenenziale 17 novembre 1944, n. 366, nel mese di marzo del 1945 si provvide alla nomina, quale primo passo verso la ricostruzione, del Comitato per le riparazioni edilizie costituito da quattro cittadini, tutti incensurati e non compromessi con il passato regime». Cfr. R. Cifonelli, Pietravairano…, cit., p. 43, Delibera n° 24/45 del 25 marzo 1945. Un “rimpasto” all’interno del Comitato, fu effettuato con Delibera n° 42/48 del 9 dicembre 1948; cfr.: Registro delle deliberazioni della Giunta Municipale 1946-1952.

Il 30 giugno 1945, con delibera della Giunta Municipale, veniva approvata la richiesta di una concessione enfiteutica «(...) di  un piccolo pezzo di terreno pietroso (...) del demanio di S. Pietro di proprietà Comunale allo scopo di costruir[vi] una casetta; Considerato che, (...) il suolo può essere concesso, data la sua inutilità per conto dell’Amministrazione, che conviene venire incontro ai bisogni della popolazione nella costruzione di abitazioni in questo paese tanto duramente provato dagli eventi bellici da subire la distruzione di circa il 50% delle sue case (...)»; Delibera n° 31/45 del 30 giugno 1945.

[25] Il 10 aprile 1947, «La Giunta, esaminato che attraverso i recenti crolli di alcune case del paese son venute a trovarsi diverse famiglie senza tetto; esaminato che per la sistemazione di dette famiglie occorre che queste siano alloggiate convenientemente e decorosamente senza destare astio nelle persone che saranno costrette a dare alloggio ai senza tetto, come pure fare in modo che le persone ricoverate provvisoriamente restino contente delle case loro assegnate; (...) Delibera nominare Commissario per gli alloggi il Sig. Bilotti Antonio fu Guglielmo»; cfr.: Registro delle deliberazioni della Giunta Municipale 1946-1952, Delibera n° 28/47 del 10 aprile 1947.