I
paesi della Diocesi Chiese
e clero Piedimonte Matese (città del MV) Home page
■ Piedimonte Matese (paese della Diocesi): le chiese.
Il nome è dato dalla geografia, e finora il
primo documento in cui appare è quello riportato da Gattola: (il quinto pezzo
di terra) quinta vero in loco ad pede de monte, ubi dicitur ad pede de
monte, ubi dicitur ad pèntuma et petra cupa, erga fulbio Torano[1].
La specificazione «Matese» è dell’11 Agosto 1970.
Dalle Rationes decimarum (Campania, 150) si
sa che nel 1308, tutti i chierici di Piedimonte pagano in blocco 8 tarì che
valgono 4 oncie e tarì 26½, ed altri 6 tarì e 13 grani per la seconda decima.
Nel 1325, insieme coi chierici sta un arciprete, e pagano in tutto 18 tarì.
L’organizzazione ecclesiastica attuale risale al
vescovo Sanfelice, con la sua tipica divisione nei territori parrocchiali di
Piedimonte, Vallata e Castello.
***
ÌLe chiese di
Piedimonte Matese
1) Cominciamo dalla vecchia
Piedimonte.
■
Basilica di S.
Maria Maggiore, o A.R.C.: Ave Regina Coelorum.
La pieve dell’antica, piccola Piedimonte, sorgeva a Piazzetta,
oggi Largo S. Maria Vecchia. Aveva la facciata rivolta a Nord, il coro
laterale all’altare maggiore, il campanile innalzato nel ‘200, a sinistra
vicino all’ingresso superiore dell’attuale palazzo ducale: era lunga 68 palmi
(anteriori alla riforma del 1840), larga alla porta 38 palmi e all’altare,
compreso il coro, 60.
Nel 1581, secondo la bolla dell’arcipretura,
appariva decora, venuta ac ampla forma aedificata, ma nel 1734, secondo
un ricorso del clero di Vallata, appariva piccola, rustica, dal soffitto
cadente: antiquata, rustico pariete ad intra et extra, parva et incapax
populi parochiae propriae, absque architectura confecta cum lacunari et
campanaria turri pene labentibuS.
In effetti fu chiusa al culto nel 1753; nel 1772 fu
abbattuta.
In S. Maria fu predicata la Crociata, e si riunì il
clero in capitoli generali.
Dalla fine del ‘500 si intitolò Maggiore, cioè la
chiesa principale dedicata alla Madonna, e fu per secoli il sepolcreto di
Piedimonte.
L’attuale S. Maria sorse sotto la rupe del
Migliarulo coronata dalle mura fortificate ricavando il materiale dal posto.
Il 7 Aprile 1725 fu benedetta la prima pietra dal
vescovo Porfirio, presenti i personaggi di Casa Gaetani e un popolo plaudente
come si sa dalla cronaca in latino del curato G. Pagano nel IV registro dei
battezzati di S. Maria Maggiore.
Dopo qualche anno, raffreddatosi l’entusiasmo, le
fabbriche furono abbandonate.
Abbattuta S. Maria vecchia furono ripigliate, e si
giunse al 7 Agosto 1773, quando fu aperta al culto dal vescovo Sanseverino,
uscito processionalmente da palazzo ducale col capitolo, il clero e il
seminario.
I canonici si recarono a S. Giovanni e di lì portarono
il Venerabile, si cantò la messa pontificale dopodiché il sindaco Vincenzo
d’Amore consegnò le chiavi al Capitolo (atto del notaio Pasquale Paterno in 7
articoli).
Il gesto veniva a dire che la chiesa, fatta con
sottoscrizione popolare, era di patronato comunale, tanto che il comune
accantonò 20 Ducati l’anno per accomodi, come da lettera dell’arciprete Ragucci
del 20 Maggio 1817 al sindaco.
La chiesa ebbe il campanile nel 1827, progetto
dell’Ing. Brunelli, e nel 1858 la facciata, progetto Ing. Garzia, con la
sottoscrizione di Piedimontesi per lo scampato regicidio di Re Ferdinando II,
l’8 Dicembre 1856.
All’interno è lunga m 45,65, larga m 24,10 alta al
centro della cupola m 26 circa.
Oltre all’altare maggiore in fabbrica, rivestito di
intagli, a sinistra entrando sorge il battistero e le cappelle di S. Raffaele
(dei Pertusio), della Natività (dei Giorgio), della Pietà, detta del Rosario
(dei Gaetani d’Aragona), e in fondo S. Marcellino. A destra entrando stanno le
cappelle del Crocifisso, con altare del 1916, di S. Anna (dei d’Agnese), di S.
Giuseppe (dei D’Amore), del S. Volto, e in fondo del Sacramento. Le tele
raffiguranti i titoli degli altari sono state levate, e al loro posto stanno
dal 1934 le tavole portate da S. Giovanni che non corrispondono alla dedica
degli altari.
Il Tesoro, prima nella cappella di S.
Marcellino, al posto attuale dal 1645 conserva statue e reliquie.
Al 1° piano, da sinistra: S. Felice prete e
martire, † 30 Agosto 304; nel Gennaio 1799 i Francesi rubarono la testa d’argento,
e frantumarono il carnio sotto i piedi; dopo ricomposta in un vaso di
cristallo; aveva antico culto a Piedimonte di rito doppio: S. Francesco di
Sales † 28 Dicembre 1622, di patronato dei Giorgio, piccola reliquia nella
croce pettorale (autentica del vescovo di Nardò, del 21 Gennaio 1721); S.
Filippo Neri † 26 Maggio 1595, compatrono di Piedimonte con festa di rito
doppio, statua fatta scolpire da Filippo Mastrodomenico nell’ultimo ‘600, con
al collo piccola reliquia dono del canonico C. G. Iacobelli; S. Bonaventura
martire, con teschio sotto la statua; 2° piano da sinistra S. Marciano
martire † 17 Giugno
Il Tesoro viene aperto di Natale, Pasqua, S.
Marcellino e Ognissanti.
Quanto al latte della Madonna, pure
conservato in S. Maria, si avverte che si tratta di una polvere bianca che si
portava da Tera Santa, ricavata dalla polverizzazione di una tipica rupe.
Da quando fu aperta al culto è servita anche alle
cerimonie ufficiali.
Durante il reame di Napoli, il vescovo, alla
presenza del sottintendente e delle altre autorità distrettuali, vi ha
celebrato i lieti e luttosi avvenimenti di Casa Borbone.
Col mutare degli eventi, dal 1860, il vescovo Di
Giacomo vi cominciò a far lo stesso per la nuova Italia.
Il 4 Novembre 1860 ci fu solenne rendimento di
grazie col Te Deum, per la raggiunta unificazione nazionale, mentre
ancora si combatteva a Gaeta.
La prima festa dello Stato (1° domenica di Giugno),
fu solennizzata al Mercato, ma il 28 Giugno, il vescovo celebrò in questa
chiesa il solenne suffragio per il conte di Cavour, al quale erano stati
proibiti i Sacramenti e i funerali religiosi, perché aveva fatto incamerare
dallo Stato il patrimonio della Chiesa. Il vescovo liberale, devoto all’Italia
sabauda ed una, vi continuò i solenni rendimenti di grazie, ogni 14 Marzo,
genetliaco del sovrano unificatore, fino al ’72. Poi la questione romana non
permise che si continuasse.
Le cerimonie patriottiche ripigliarono nel periodo
fascista specie con quelle imponenti del 4 Novembre, officiate dai vescovi Del
Sordo e Noviello.
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A S. Maria Maggiore fa seguito S.
Giovanni, a m 267 S. m., il punto più alto dell’abitato,
anticamente chiamato «Capo (del)la terra» s’intende Piedimonte murata.
Stando a Trutta sarebbe, come S. Maria, del secolo
VI. In effetti, data la struttura gotica del secondo periodo, non va prima del
‘300, ma può essere una ricostruzione.
L’interno è ristretto; ha un altar maggiore rifatto
nell’ultimo ‘700 (della stessa mano di quello di S. Maria); a sinistra entrando
l’altare del Titolare, il Precursore del Cristianesimo, e di fronte l’altare a
S. Lazzaro. La piccola statua di questo, apparendo coperta di piaghe, non è
chiaro chi rappresenti, se il risuscitato dal Redentore o il mendicante della
parabola: veniva festeggiato l’11 Febbraio, e vi affluivano pellegrini specie
se affetti da piaghe, che vi lasciavano ex voto di cera.
Nessun ricordo più, del culto a S. Donato.
La campana grande di questa chiesa ha sonato per
secoli il coprifuoco a due ore di notte, fin dopo il 1860, dopo di che era
obbligatorio uscire con lume.
Fu officiata dai canonici di S. Maria fino al 1835.
Oggi vi si fa una festa alla Madonna della
consolazione, una statua già seduta su un trono.
Restauri vi furono compiuti nel ‘700, e recentemente
con affreschi di Bocchetti (S. Giovanni Battista), e fusione della campana.
Un crocifisso e cinque tavole rinascimentali, e un Martirio
di S. Marcellino del ‘600 sono stati trasferiti a S. Maria.
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S. Sebastiano al largo omonimo, fondata
dai confratelli di S. Maria Occorrevole; rifatta nell’ultimo ‘600, fu
consacrata dal vescovo Porfirio nell’ultima Domenica di Settembre del 1709, ed
egli, per l’occasione vi annesse indulgenze lucrabili ogni anno
nell’anniversario; officiata da sei cappellani che prima stavano a S. Maria
Occorrevole, nel 1760 fu restaurata e abbellita. Finita la confraternita passò
alle Opere pie, e dal 1866 alla congrega di carità. Non è più officiata.
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S. Maria di
Costantinopoli,
la chiesa dello Scorpeto, consacrata a una devozione nata nel reame di Napoli
fin dal 1452, quando una icone bizantina della Madonna approdò in Calabria, e
fu venerata come Odighitria, o del buon cammino. La confraternita
fondata nel 1626, restaurò o rifece una precedente cappella, murandovi la
lapide:
COSTANTINOPOLIS
VIRGO HAC VENERATUR IN AEDE / HANC ILLI EREXIT NOMINE DICTA SUO CONFRATERNITAS.
Era officiata da sei cappellani partecipanti, che il
9 Aprile 1713 firmarono i capitolati con gli ufficiali della confraternita.
Ha tre belli altari marmorei, e la cripta servì da
sepoltura agli scorpitari, e nel 1837-
Il 21 Marzo 1732 il vescovo Iovone stabilì che vi si
poteva ritenere il Sacramento, senza ledere i diritti di S. Maria Maggiore.
La decadenza cominciò nel 1809, quando Murat non
riconobbe i crediti dei luoghi pii, e togliendo ad essi ogni autonomia, li
sottopose a commissioni di beneficenza (poi congreghe di carità, poi E.C.A.).
Con la svalutazione dei titoli di rendita è finita
anche l’officiatura festiva di questa chiesa, come di S. Sebastiano.
L’ultimo cappuccino di S. Francesco, fra Isidoro,
sfrattato di lì vi si rifugiò, curò il simulacro della Visitazione, e compose
per la festa del 2 Luglio una devota e bella canzone: «Su pensieri, volate,
volate – all’ebrea fanciulla Maria: - O dolcezza dell’anima mia, – ti saluto
dicendo così… ». Anche la novena era caratteristica. L’invocazione del corifeo
veniva completata dal popolo, ad eS. (corifeo, a una voce): O maria, madre
amorosa, (popolo, a due voci): senza spina, bella rosa…
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S. Rocco. Dove inizia la salita
della Petrara, sul terreno ceduto da Maria di Trutto vedova Contenta (atto per
Notaio Angelo de Rinaldis di Roccaromana), la confraternita di S. Maria
Occorrevole innalzò una chiesa dedicata a S. Rocco di Montpellier, morto trentaduenne
il 16 Agosto 1327, dopo il pellegrinaggio in Italia, e le dolorose sofferenze a
Piacenza. Il 13 Luglio 1743 il santo fu eletto patrono di Piedimonte in unione
a S. Marcellino.
La
chiesa fu ceduta alla confraternita di Morte e Orazione (atto per Notaio
Michele Perrotta del 21 Novembre 1611), da poco fondata. Questa in segno di
omaggio, s’impegnava a portare ogni anno nel santuario, una libbra di cera, il
Martedì di Pentecoste.
I
fedeli che sceglievano la sepoltura sotto questa chiesa divennero tanti, che il
curato di S. Maria, nel 1632 ricorse alla Congregazione dei Riti. Il 21 Agosto
1632 il card. Rospigliosi rispose che l’arciprete o curato di S. Maria doveva
avere quanto gli spettava anche per i seppellimenti in S. Rocco: esse
manutenendum in possessione supradicta munia exercendi et peragendi etiam in
ecclesia sancti Rochi quando cadavera defunctorum deferantur….
***
■
Attigua sorge la cappella
dell’Addolorata, unico altare, dalla quale esce la raccolta
processione del Venerdì santo.
■
Per S. Francesco,
la chiesa dei Cappuccini alla Petrara, si veda il capitolo sui Religiosi.
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Nell’antica Piedimonte ricordiamo le piccole
chiese di
■
S. Arcangelo presso la porta e la grotta omonima; più in alto
■
S. Lucia ad montes, al Pizzone;
■ S. Maria degli Angeli, fra S. Maria e S. Giovanni;
oltre il Torano, ultra aquas,
■
S. Benedetto, in
dialetto «Santu Vennittu», oggi Pietà, con tracce di affreschi del ‘500;
■ S. Jacopo, in dialetto «santu Iaco»:
l’ultimo edificio sulla via vecchia di monte Muto, edificato dalla
confraternita di S. Maria Occorrevole;
■
S. Gabriele, nella
via a monte di S. Rocco, sotto il palazzo Giorgio;
■
S. Marciano, e
la cappella Ciminelli in via Petrara presso il vico Pimpinella; Oltre il Rivo,
nel sobborgo Coppetelle,
■ S. Nicola, nel ‘300 intitolata S.
Spirito, rifatta nel primo ‘700, che conserva ancora belle pitture a fresco
trecentesche; scendendo per l’antica via delle botteghe e starza (oggi via E.
d’Agnese e Mercato),
■
S. Biaso presso la Crocevia, cui era annesso il piccolo ospedale medievale di
Piedimonte murata,
■
S. Antonio, patronato
dei Ragucci, edificata nel 1750 c. Presso il ponte Toranello (oggi del
Carmine), le cappelle di
■
S. Sebastiano e di
■
S. Maria del ponte, nel 1538 cedute ai Carmelitani, e ricostruite nella
loro chiesa. Poco oltre S. Marco, alla via omonima.
***
■
S. Tommaso
d’Aquino,
detta S. Domenico alla Crocevia: eretta negli anni 1394 e seguenti da Sveva
Sanseverino Gaetani signora di Piedimonte; vinte le ostilità del vescovo
Alferio, la chiesa, dotata di ospedale e di ricovero per i pellegrini, fu
consegnata ai Domenicani nel 1414.
Il 1 Febbraio 1397 Papa Bonifacio IX, a chi la
visitava annualmente nel giorno di S. Tommaso e dava qualche aiuto ai lavori,
concesse l’indulgenza plenaria identica a quella della Portiuncola di Assisi[2].
Agnese Gaetani fece costruire una cappella rimasta
sotto il patronato di famiglia (da ciò i cancelli).
Oltre all’altar maggiore, la chiesa ebbe a destra:
cappella del Presepe, sottostante al campanile (del 1601), poi dedicata a S.
Pietro da Verona, di patronato dei Confreda, la cappella detta del Rosario, dei
Gaetani d’Aragona, la cappella dei santi domenicani (statue di S. Domenico, S.
Tommaso e S. Vincenzo), e l’altare del nome di Maria. A sinistra, l’altare del
Ritrovamento della Croce, detto pure di S. Elena Imperatrice, col sottostante
sepolcreto dei Genovese, l’altare dell’Ecce Homo (vi erano statuette delle
Anime purganti), della Natività, detto pure del S. Nome, e di S. Vincenzo
Ferreri. Sul coro, ai lati del Crocifisso, stanno le statue-reliquiari dei sS.
Fiorentino ed Ercolano[3].
***
■
S. Maria del
Carmine, dov’è la piazza omonima, al
lato Nordest, col campanile all’angolo; edificata nel 1538, aveva sette altari,
e sull’entrata la cantoria ed il coro; nel disegno dell’ing. Michelangelo
Pasquale che rappresentava la chiesa, sulla porta maggiore si leggeva A. D.
1781, e sulla porta del campanile 1782 D. M., segno che erano stati rifatti in
quell’epoca[4].
Dissacrata nel 1813, fu adibita a magazzino della
filanda Egg; quasi distrutta dalle mine tedesche il 19 Ottobre 1943, fu
livellata al suolo nel 1972.
***
■
S. Maria
Occorrevole. – Nei capitolari sui Religiosi e sui sodalizi si parlerà di quanto
altro la riguarda, qui c’interessa la chiesa.
A parte l’abside, risalente al Trecento, dal
breve di Papa Innocenzo VIII del 1487 la chiesa appare già costruita.
Tutte le fabbriche furono completate nel 1504.
Gli altari laterali sono recenti: (navata sinistra
dalla porta) S. Francesco, consacrato nel 1927 dal vescovo Del Sordo, S.
Pasquale Baylon; (navata destra, dalla porta) S. Giovan Giuseppe, Madonna del
divino Amore, consacrata nel 1925 dallo stesso vescovo.
Con la venuta degli Alcantarini nel 1674 ci furono decorazioni
barocche, eliminate dagli ultimi radicali lavori del 1934-35. Rimase distrutto
qualche cosa che si poteva conservare, fra cui la bella iscrizione:
FLENTI
SUCCURRO, PRAESENS ACCURRO VOCANTI, / PRO TE HOMINE OCCURRENS OMNIBUS UNA
MALIS. / AUXILIO TRINO DEBETUR GRATIA TRIPLEX, / ORE IGITUR SEMPER ME COLE,
CORDE, MANU.
I lavori furono curati dal padre Anselmo Chiacchio
o.f.m. ispettore onorario ai monumenti.
L’acqua attraverso una condotta forzata di 35
atmosfere, lunga tre chilometri, arrivò da Serra Porcareccia in comune di San
Gregorio, il 24 Aprile 1935.
Le spese per l’acquedotto ammontarono a L. 104.000,
per i restauri in chiesa a L. 20.000, per il monumento a S. Giovan Giuseppe a
L. 15.000, per la nuova sacrestia (eliminazione di infiltrazioni di acque ecc.)
L.
Lavori più recenti sono quelli per l’oasi
francescana.
La carrozzabile, inaugurata il 14 Ottobre
I locali dell’antica cappellania, detti
«beneficenza», saranno adattati a un gran palazzo di 72 camere, e nel giardino
antistante verrebbe portato il monumento a S. Giovan Giuseppe; oltre a ritiri e
congressi, vi si ospiterebbero colonie estive; vi sarebbe posto di ristoro,
autorimessa ecc.
***
■
Solitudine di
S. Maria degli Angeli. – Fu ideata dal provinciale fr. Giovanni di S. Maria.
Il primo sentiero nel bosco fu tracciato dal
boscaiolo, di Castello, Ferrantone, e si arrivò alla rupe.
Il progetto dei frati era che l’eremo ricordasse
loro la Verna in Toscana e il Pedroso in Estremadura.
La piccola grotta in alto, sotto la rupe fu dedicata
a S. Michele del Gargano, le fabbriche della chiesa e del piccolo convento
terminarono dopo circa quattro anni, e la chiesa fu consacrata dal vescovo De
Lazzara:
CONSACRATA
FUIT BASILICA ISTA AB ILL.MO ET REV.MO DOMINO JOSEPH LAZARA EPISCOPO ALLIPHANO
/ DIE II AUGUSTI MDCLXXVIII.
Sul cancello d’ingresso, la lapide in alto è
attribuita alla religiosa poetessa arcade, principessa Aurora Sanseverino.
TACITURNI
ROMITI, O PASSEGGERO, / VIVON LIETI IN QUEST’EREMO BEATO, / CHE NON SENZA PROFETICO
MISTERO, / NE’ TEMPI ANDATI IL MUTO FU APPELLATO. / QUI SI CONVERSA IN CIEL,
QUI IN SPIRTO VERO, / DA MUTI E MORTI AL MONDO E’ DIO LODATO: / QUI PARLA IL
VERBO AL CORE. ENTRI CHI TACE / PERCHE’ ‘L SOLO SILENZIO E’ QUI LOQUACE.[5]
Un viale ombroso, affiancato da una Via Crucis,
porta al grazioso santuario e alle cappelle sparse nel bosco. Sono: S.
Michele, in alto S. Antonio, fatta costruire dalla duchessa C.
Acquaviva; S. Pietro di Alcàntara, edificata per lascito di monS. G.
Munos, dopo il 1715; Natività, oggi diruta; S. Giuseppe, oggi
diruta, edificata nel 1781 dal P. Gaetano di S. Pietro, Provinciale, e
custodiva una copia di Fr. De Mura; quella dedicata a S. Giovan Giuseppe, dove
cadde il masso che stava per schiacciarlo, come ricorda la lapide:
D.O.M.
SACRUM / IN QUO LOCO B. JOHANNES JOSEPHUS A CRUCE / AB EXTREMO DISCRIMINE
COELESTI OPE SERVATU EST…
Nel 1779 fecero il lastricato innanzi alla chiesa e
il giardino sottostante; altri restauri vennero inaugurati il 2 Aprile 1905
fino agli ultimi, curati nel 1975-76 dal padre Nicola Borretti o.f.m., coi
quali sono state rifatte tutte le strutture interne.
Mettendo da parte qualche cimelio inaccettabile, e
le imitazioni (S. Sindone, S. Chiodi, Veronica), fra i cimeli ricordiamo quelli
riguardanti S. Giovan Giuseppe (la maschera di cera fatta da Maria de Matteis,
il bastone che volò nel duomo di Napoli, dove l’aveva perduto), e il velo di
monacazione di S. M. Maddalena de’ Pazzi; fra le relique insigni ricordiamo i
corpi dei santi martiri Petronio (a sinistra) Flaviano (sotto), e Vincenzo (a
destra). Il Provinciale fr. Gaetano scrive di averli avuti a Roma nel 1777,
furono rivestiti di porpora data dalla Regina M. Carolina; a Piedimonte furono
fermati al casino del duca, e la domenica 16 Settembre 1720 una processione,
preceduta dal duca e da tutti i galantuomini, si diresse all’Annunziata, poi a
S. Maria Maggiore, e il giorno seguente da S. Sebastiano le urne salirono a S.
Maria Occorrevole; nel 1782 si aggiunsero altre reliquie di S. Vito martire, S.
Donato vescovo e martire, e del beato Matteo da Girgenti. Su tutte emerge per
la singolarità, il sangue di S. Teresa di Avila † 5 Ottobre 1582 (per la
riforma del calendario calcolata al 15 Ottobre): la reliquia, portata a Napoli,
era passata dal vescovo di Pozzuoli Nicola de Rosa, al protonotario apostolico
Nicola de Bony, al principe di Piedimonte: il sangue era aggrumato, entrando
nella solitudine si sarebbe liquefatto, dal Dopoguerra è tornato aggrumato;
manca l’analisi chimica.
Bibliografia: Fr. Diodato dell’Assunta:
Fr. Giovan Giuseppe di Gesù e Maria, Fr. Casimiro di S. Maria Maddalena, v. S.
Giovan Giuseppe, nel capitolo sui Culti speciali; Fr. Gaetano di S. Pietro
d’Alcantara: Ragguaglio della restaurazione del convento della Solitudine…
(Napoli 1779); D’Andrea F. G.: Repertorio bibliografico dei frati minori
napoletani (Napoli 1974); su storia e possessi di S. Maria Occorrevole:
Anonimo: Sulla controversia dei minori Osservanti Scalzi di S. Maria
Occorrevole col signor don Alessandro del Giudice di San Gregorio (Piedimonte
1883); (opuscoli) Bovenzi C.: Il santuario di S. Maria Occorrevole di
Piedimonte – Memorie (Piedimonte 1910); Gervasi V.: Un sorriso di sorella acqua
sul Monte Muto (Napoli 1934); Principe L.: Andiamo a monte Muto (Napoli 1971).
***
2) Parrocchia di Vallata.
■
Fra le chiese emerge l’Annunziata, o A.G.P.:
Ave Gratia Plena.
Nel 1417 divenne parrocchia collegiale dell’ampia
vallata di Piedimonte fino al confine con Alife, ma s’ignora da quali chiese
derivasse in essa la concentrazione della cura d’anime.
Secondo Trutta risalirebbe al secolo X.
Cresciuta la popolazione di Vallata dopo il 1561,
con gli immigrati da Alife e con l’industrializzazione di Piedimonte, la chiesa
venne rifatta nelle spaziose forme attuali, e consacrata dal vescovo De Medici
l’8 Dicembre 1640:
D.O.M. ANNO MDCXL DIE VIII DEC. / ILL. ET R.DUS D.
PETR. PAUL.
MEDICES EP.S ALUPH.S / HOC INSIGNE TEMPLUM / DEDICAVIT.
È a tre navate, lunga m 32 per 22; ha un soccoprpo
di vani intercomunicanti; il campanile fu innalzato nel 1694.
Gli altari delle cappelle sono dedicati: (navata
sinistra, dall’ingresso) Battistero; Crocifisso (lapide dei Cavicchia del
1838); S. Stanislao Kotska (lapide dei Pitò e Ventriglia); Madonna della Libera
(lapide dei Brando); navata destra dall’ingresso: sS. Giacomo e Francesco;
Ultima cena; S. Marcellino (sostituito col Cuore di Gesù), che sovrasta
l’ipogeo dei canonici; Concezione, in cui dal 1707 ebbe inizio il culto per S.
Venanzio, il quindicenne di Camerino, ucciso per la fede sotto l’Imperatore
Decio, commemorato il 18 Maggio: una devozione introdotta dal suo compaesano,
il vescovo Porfirio. Sotto la cappella, e sotto la corrispondente, i sepolcreti
dei confratelli e delle consorelle della confraternita della Libera; sotto la
cappella dell’Immacolata l’ipogeo dei vescovi. Le tombe sono state murate nel
1933.
Le campane sono tre: quella grande dal suono forte e
profondo, pesa 16 quintali circa; fu fusa a Guardiaregia da Domenico de
Francisco, e benedetta nel 1792; porta impresso il Sacramento, l’Annunciazione,
lo stemma di Piedimonte e altro; la media pesa q. 4, e fu benedetta nel 1853
col nome di «M. Grazia». La piccola q. 1,5. La chiesa ebbe restauri e
abbellimenti nel 1891 (altare marmoreo e balaustra), e nel 1931.
Oltre alla reliquia insigne del teschio di S.
Venanzio, si conservano quelle della S. Croce (l’autentica è perduta), e altre
dei santi Marcellino, Anastasio, Donato e Vincenzo, delle quali non si conosce
bene la provenienza.
***
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Antica chiesa di
Vallata era S. Nazario nella località fra via Elci e via Paterno;
sorse nel sec. X ad opera di Egilda monaca di S. Sofia di Benevento, e di suo
padre, poi, forse perché sorta su appropriazione del terreno, tolta ai
fondatori.
Certo è che apparteneva a S. Sofia ed oggi dà il nome
alla zona. SS. Trinità, oggi detta S. Lucia ad aquas,
esistente dal ‘300; se ne parla nel regolamento del vescovo Sanfelice del
1417; nel 1907 usufruendo del legato di G. Scorciarini Coppola, fu ingrandita
su terreno retrostante, a suo tempo donato dall’industriale Egg (di religione
zuincliana) al vescovo Di Giacomo, e divenne una decorosa chiesa a una navata
con abside a quattro altari; distrutta il 19 Ottobre 1943 dai guastatori
tedeschi che avevano minato le case circostanti, è stata ricostruita nel 1956,
ancor più grande, con la spesa di L. 4 milioni, contributi governativi per i
danni di guerra.
***
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S.
Filippo Neri,
fondata nel 1661 da alcuni devoti del santo, P. Cavicchia, A. Paterno, L.
Zucchi e G. Maioccolo; restaurata nel 1931 e 1945, è chiesa sussidiaria
dell’Annunziata.
***
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S. Maria
d’ogni grazia, nota
come chiesa dei Celestini, fu edificata nel 1659-62.
L’attuale edificio appartiene architettonicamente
all’ultimo Settecento, segno che alla venuta dei monaci da Alife, le
costruzioni erano diverse; nel 1807 vi si trasferì la confraternita del
Carmine, che vi sistemò le statue della Madonna del Carmine, di S. Anna, e di
S. Angelo carmelitano; il 13 Settembre 1857, l’alluvione invase la chiesa del Vallone,
e le statue furono portate via dalla corrente.
Nel 1956 la statua della Madonna fu rifatta in
legno, scolpita a Ortisei da V. Demetz e figlio, a spese della devota emigrata
Carmela Confreda; anche la statua di S. Anna, in seguito a incendio è stata rifatta
nel 1976.
***
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La Concezione
di Maria, oggi
nota come Madonna delle grazie, a Cila, appartenne alla
parrocchia di Piedimonte di cui segnava il confine.
Per
essa e per S. Benedetto, si legga il capitolo sui Religiosi. Alle
notizie che vi si leggono va aggiunto che alla piccola chiesa originaria (dov’è
oggi il parlatorio) fu sostituita l’attuale durante gli anni 1830-32, nelle
spaziose forme neoclassiche, e vi fu murata la lapide ricordo:
D.O.M.
/ TEMPLUM HOC SUB SANCTI / BENEDICTI TITULO E FUNDAMENTIS / EXTRUI COEPIT /
EIQUE SUMMA MANUS / IMPOSITA EST / ANNO MDCCXXXI SOLEMNITER DEDICATUM EST /
VIII KAL. OCT. EODEM ANNO / AB ARCHIEPISCOPO ALIPHANO † CAROLO PUOTI.
Nelle campagne, in località Folliscio, sorge la cappellina
dedicata a
■
S. Pietro nel
1650; al Ravecone sorge
■
l’Addolorata;
a Capo vallata l’oratorio di
■
Gesù e Maria; al Vicinato (oggi via Trutta) la cappella dei Trutta dedicata
a
■
S. Gaetano, e
la chiesa di
■ S. Antonio già esistente nel 1735;
ricostruita in tempi recenti, ebbe l’altare nel 1907 (sostituito da quello
attuale a sola mensa), e la nuova statua del titolare nel 1911.
Quasi dirimpetto alla chiesa monastica del
Salvatore, al Largo Polveriera, oggi piazza stazione, sorge
■ S. Antonio Abate, S. Antuono, già esistente nel ‘200,
nientemeno che come commenda dell’Ordine del beneficio di S. Stefano.
Ne
rimase a guardia un eremita.
Già fatiscente, per la nuova traversa fra Stazione e
Chiusa è stata ricostruita più piccola nel 1952. Vi si pratica la benedizione degli
animali, il 17 Gennaio.
***
3) Terza parrocchia di Piedimonte è Sepicciano.
Il nome si trova citato per la prima volta
l’anno
Nel 1695 la popolazione sepiccianara era di
400 persone, e ci fu il primo ricorso alla Congregazione del Concilio: sei
persone erano morte senza Sacramenti; volevano la parrocchia sul posto nella
chiesa di S. Marcello.
Tutti favorevoli: il duca Gaetani promise 52 Ducati
annui per la messa quotidiana, piccoli capitali, per una rendita al 4% furono
dati dagli Onoratelli (50 Ducati), dai Manzo (25 Ducati), dai Macera-Iameo
(15); gli avventizi furono calcolati a un 9 Ducati annui, e la richiesta partì
appoggiata dal vescovo De Lazàra.
Anche il capitolo di S. Maria Maggiore non si oppose
a condizione che: 1) nessun obbligo ricadesse mai su S. Maria, 2) ogni anno il
parroco offrisse a S. Maria una candela di una libbra, nel giorno dell’Assunta,
3) nessun ostacolo se un canonico di S. Maria volesse amministrare il battesimo
a Sepicciano, 4) nessun ostacolo al capitolo di S. Maria quando passa a croce
alzata, 5) lo stesso per il parroco di San Potito quando passa col popolo per
compiere devozioni verso S. Marcellino e S. Maria Occorrevole, 6) di Sabato
santo le campane di Sepicciano aspetteranno quelle di S. Maria Maggiore.
La popolazione si quotò per offrire la cera per le
funzioni, l’università contribuì con 8 Ducati annui per l’olio alla lampada del
Sacramento.
Il 28 Maggio 1695 la Congregazione del Concilio
emanò questo rescritto: Populus Sepiciani ex quatuor centum animabus
constitutus, attentis unius milliarii distantia et asperitate itineris a
Collegiata Parochiali Terrae Pedemontis, supplicat indulgeri Episcopo, ut ei
Parochum deputet proprium, qui resideat in eodem Casali, et ecclesia sancti
Marcelli, dum tam ipse, quam Baro loci, Congruam pro eo necessariam
subministrabunt. Die 28 Maji, 1695, S. Congregatio…attenta relatione Episcopi
Alliphani, benigne commisit eidem et veris existentibus enarratis, super
expositis, utatur facultate sibi tributa.
Il 6 Marzo 1697 furono stabiliti i confini con S.
Maria Maggiore: a Nord Valle Frisi, a Sud Casino del Duca e Cappella, ad Est
Limata e Torelle, ad Ovest Vallone d’Agnese. Il 14 Marzo uscì il decreto
vescovile; la parrocchia era indipendente, salvi i diritti di S. Maria: nulli
jurispatronatus servitutis subjectam; salvis tamen juribus RR. Canonicorum
Insignis Collegiatae Ecclesiae S. Mariae Majoris reservatis…vd. Quod Parochus
qui pro tempore erit, solvat singulis annis ipsis Canonicis in die Assumptionis
B. M. V. mediam libram cerae albae elaboratae, in signum recognitioniS.
Senonché i 52 Ducati del duca Gaetani d’Aragona non
furono dati (erano messe da togliere a S. Maria Occorrevole), e i primi parroci
vissero male – Giuseppe d’Abbraccio, dal 6 Aprile 1697, fu il primo – ma
quando, nel 1793, la Gran Corte della Vicaria decretò che ad ogni curato
spettava la congrua di 100 Ducati l’anno, il parroco Domenico Caso (dal 1787 al
’95) la pretese. Ma da chi? L’università diceva: da S. Maria, da cui deriva; S.
Maria Maggiore ribatteva: dall’università, com’è dovunque. Il parroco Caso,
promosso all’Annunziata, abbandonò la causa. Negli anni 1806-15 il parroco
Iannucci ottenne per supplemento di congrua un canonicato di S. Maria, ma se lo
riportò con sé quando vi fu promosso.
Ma ecco finalmente il concordato del 1818: 100
Ducati al parroco e 30 al coadiutore.
La chiesa parrocchiale è ora dedicata a S.
Marcello papa † 309, ricordato nel martirologio romano il 16 Gennaio.
Preesisteva all’istituzione della parrocchia, ma non
se ne sa l’origine.
Oggi è trasformata in casa parrocchiale.
■
La chiesa di S. Michele a Sepicciano. (Dal libro: Piedimonte Matese
di Dante B. Marrocco, Edizioni A.S.M.V. , Piedimonte Matese, 1999, pag. 255.)
Edificata quale cappella
gentilizia della famiglia Onoratelli[6]
nel 1740, fu consacrata nel 1743 dal vescovo Isabella.
Rovinata la chiesa
parrocchiale di S. Marcellino, il Comune l’acquistò nel 1903 dagli eredi
Onoratelli, e la dette in uso perpetuo al vescovo Caracciolo, quale parrocchia
di Sepicciano.
Stilisticamente è di un barocco molto carico. La
facciata senza intonaco, ricorda il ‘700 romano, ed è per questo Monumento
Nazionale.
Fu semidistrutta dal
bombardamento del 15 ottobre 1943, per cui ha dovuto subire restauri affrettati
che ne hanno ridotto il valore. Sono stati fatti dal Genio Civile.
Vi si celebrano i riti e
le feste della frazione, e fra esse alcune con preghiere e novene scritte da
persone del luogo.
Bibliografia: msS. presso l’A.S.M.V.;
Ragioni per la parrocchia di Sepicciano.
I paesi della Diocesi Chiese e clero Piedimonte Matese
(città del MV) Home page
[1]
Gattola: Hist. Abb. Cap. I 32; sul nome e l’origine, v. Marrocco D.: Piedimonte
Storia e attualità (Napoli 1961), 29 sgg.
[2]
Marrocco D.: Bonifacio IX per i Domenicani di Piedimonte (Capua 1965).
[3]
D’Andrea F.: Il convento di S. Tommaso d’Aquino su Annuario 1977 dell’ASMV,
77 sgg.
[4]
Perrotti M.: Note storiche (Piedimonte 1896), 309.
[5]
Innanzi all’eremo di Papa Celestino V sul monte Morrone, sta scolpita sulla
roccia la stessa iscrizione. Se fu copiata da Piedimonte, resta la possibilità
che sia stata autrice la principessa Sanseverino, ma se è anteriore quella,
copiata poi a Piedimonte, non resta che attribuirla ad Appiano Buonafede
poeta-letterato-filosofo, monaco celestino (a Piedimonte ci stava l’abbazia);
v. Marrocco D.: L’Arcadia nel Sannio: A. Sanseverino, su Samnium 1952,
III.
[6]
Antica famiglia, appartenente alla “piccola nobiltà locale”. Proveniente da
Alife, si insediò in Sepicciano
dopo la distruzione del 1561 di questa città (cfr. Dante B. Marrocco, op. cit.,
pag 99).