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La Giudecca.
La Giudecca o
ghetto, nella vecchia Piedimonte, era
quasi al centro, e dal Pizzone di S. Lucia arrivava quasi alle logge del
Migliarulo.
Era un quartiere separato, come dappertutto, con porta di
entrata e di uscita, custodita da cristiani. La vita civile degli israeliti era
sottoposta a restrizioni, che cessavano automaticamente se si fossero
battezzati e fusi coi cristiani.
Oltre le notizie date dal Trutta in “Quattro
secoli”, riportate nelle Memorie storiche, la loro esistenza in Piedimonte
è provata dall’art. 4 degli Statuti
piedimontesi.
«Item che le carni de li animali che admazaranno li judei,
né li bucceri né altra persona le possa vendere ad christiani, actento che a li
xtiani so prohibite le cherimonie et vestigie de li judei et chi contrafarà sia
tenuto a la pena de dui tarì».
Era un piccolo recinto nel borgo murato, e probabilmente vi era la sinagoga.
Famiglie di origine ebraica erano parecchie, e su di esse possiamo dire che, sebbene nel 1481 fossero già vecchie della terra, non credo si possano collegare all’antichità, come vorrebbero i nomi latini.
Per di più molte conversioni – specie fra gli abbienti capitalisti – erano avvenute almeno fin dal primo ‘500, come dimostrano i nomi ebraici di famiglie piedimontesi ricche, alcuni esponenti delle quali avevano posti importanti nell’amministrazione, e perfino titoli di nobiltà. Cosa impossibile fino a metà ‘800, se non fossero stati battezzati.
Basti citare i Pierleoni, de Petraleone, antichi ebrei qui
trasferiti da Roma, e dei quali l’ultimo, nel ‘700, il sacerdote
don Francesco si aspettava la nomina a vescovo.
La nomina non venne, ed egli seppellì il suo tesoro nel
palazzo (oggi D’Amore). Basta pensare agli Antonellis e de Benedictis, e
soprattutto ai De Baronibus baroni di Civitella, l’ultimo dei quali,
possessore di terre e grandi capitali, lasciò il suo palazzo di Castello agli
Agostiniani.
L’ultimo israelita fu battezzato dal vesc. Di Giacomo
verso il 1850.
Niente è nuovo sotto il sole.
Quando il Fascismo, divenuto antisemita, vietò agli Ebrei di
uccidere il bestiame secondo il loro modo, e cioè senza far scorrere il sangue,
non sapeva di aver quasi un precedente nel Medio Evo, quando per precetto
religioso e razziale, si proibiva vendere e mangiare le carni macellate dagli
ebrei, com’è ordinato nel Pentateuco.
E quando nella Settimana Santa il popolo cristiano si eccitava
nelle chiese al ricordo dei «perfidi giudei», questi non potevano uscire per
Piedimonte. Era pericoloso. Se ne stavano chiusi nel ghetto, e si astenevano da
qualsiasi festa e ballo che sarebbe apparso irriverenza e provocazione ai
cristiani.
Gli
ebrei non erano amati soprattutto perché usurai, e sono rimasti nel popolo con
ricordo pessimo.
Di un uomo
cattivo ed esoso, ancora si dice «È nu giurèo».
Per non
far spogliare i cristiani coi loro elevati interessi, fu creato a Piedimonte il
Monte dei Pegni. È che essi ridevano delle censure ecclesiastiche contro
l’usura.
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