Giovanni Petella                       Home page

 

 

   Il cultore di geografia (Giovanni Petella)

 

La passione dei viaggi, irrefrenabile nel Petella, si calmò in parte con la parziale realizzazione di essi. Nell’80 naviga per l’Egeo, con la giovane mente piena di ricordi classici, l’anno dopo a Tunisi visita le imponenti rovine di quell’angolo di Africa romana, dall’83 all’86 circumnaviga l’America del Sud, nell’87 è nel Mar Rosso, nel ‘901 sulla “Sicilia” si affaccia in Libia, a Creta, nella Troade, nel ‘902 va a Costantinopoli, e sosta a Smirne, Efeso, Atene ove s’incanta nella sala micenea del museo nazionale dell’Ellade. E poi gira l’Europa di cui conosce le lingue.

 

***

 

Nella mente ordinata del Generale non poteva mancare uno studio sul patrio Matese: Il Matese nel passato e nel presente. Sia per il Giornale d’Italia, sia per il X Congresso Nazionale di Geografia, egli aveva preparato i suoi studi sull’imponente massiccio che studiò da medico e da innamorato, identificando anzitutto Piedimonte alle sue montagne. “Chi dice Matese dice Piedimonte che ne è la via maestra di accesso la più rapida e fra poco la più agevole” (manoscritto, pag. 3). E anticipando i “Pionieri” che verranno nel 1923, diceva: “Piedimonte ha il vantaggio di tanti climi sovrapposti, per quanti l’igiene terapeutica ne consigli a seconda dei casi: l’altopiano del Matese potrebbe divenire la nostra Vallombrosa, e San Gregorio più che il Quisisana di queste contrade”[1].

 

***

 

Ma guardiamo al giovane ufficiale sulle navi d’Italia, attraverso gli oceani. Come viaggiava? Ci si preparava anzitutto studiando quanto poi avrebbe incontrato. Dovunque osservava, studiava, scriveva. Seguiamolo in un viaggio che è un romanzo: La natura e la vita nell’America del Sud, (Roma 1889), opera tipica dello studioso giovanissimo, e ci si vedrà la differenza con le altre dell’uomo maturo. Trenta mesi di viaggio sulla Flavio Gioia, dall’83 all’86, veleggiando a vapore.

Dopo 7000 miglia di mare, da Pozzuoli eccolo a Montevideo, “mezza delusione”. Le città d’America gli appaiono come “innesti di città europee”. E che dolce illusione a Buenos Aires sentir l’italiano! E restar di stucco innanzi a un halmacen  su cui è scritto Lago del Matez! Il suo spirito di ventiseienne oscilla fra le osservazioni della scienza e le impressioni mondane, ad esempio dei costumi da bagno a sacco, e dei camerini casillas. Quanto desiderio di visitare l’interno favoloso! Ma, niente pampas sterminate, niente gauchos col poncho, e coi saporiti arrosti asados con cuero!

Il 6 Marzo ’84 la prua volge a Sud, ed ecco il viento pampero passare da sucho a limpio (da sporco a pulito), e un uragano pauroso. Erano “sotto la nera volta di una cupola ciclopica”. Dopo sette giorni di furia, ecco la Patagonia “muta e deserta”. L’ancora scende all’entrata dello stretto di Magellano. Si esce dallo stretto, dopo aver incontrato ricordi della R. Pirocorvetta Magenta durante la circumnavigazione del globo. Ed una notte c’è l’incontro coi fuegini Pecheray semiselvaggi… “Quante riflessioni filosofiche sulla sorte meschina dell’Umanità bruta”; due piroghe zeppe di genterella nuda, strida scimmiesche, monosillabiche, latrati, vagiti…

Attraverso i canali araucani, dal golfo di Peñas escono nel Pacifico senza confini, e la Flavio Gioia attracca alle banchine di Valparaiso, e in cinque ore di treno gli ufficiali sono a Santiago capitale. Lontano è la gigantesca Aconcagua (circa 7000 m). Vita italiana fin nei teatri, e fra le tante impressioni quella dell’abito delle santiagneñas. Si prosegue, a Nord per Coquimbo e Iquique “vero deserto d’Africa”, ma che ha il salnitro esportato nel mondo.

Siamo nel Perù. Visita del giovane Petella a Lima, al naturalista milanese Raimondi, che ai suoi begli anni s’era trovato alle Cinque giornate, ed è in Perù da trent’anni. Gli fa omaggio dei primi tre volumi di Il Perù, l’opera in cui descrive il paese in tutti gli aspetti, e di una collana formata di 600 minerali peruviani, giù esposta all’Esposizione universale di Parigi nel ’78. Nessun particolare di Lima sfugge, dall’urbanistica alle tentatrici limeñas agli usi strani. Ad es. le percosse alla moglie, anche a spezzarle un braccio, son sintomo di affetto: mucho me quiere (ama), porque mucho me pega (percuote). E qui segue la cucina basata sul peperone ajì e la chincha, e la difficile danza zamacueca, e il carnaval pazzo e plebeo…

Ma il 1° Dicembre ’85 ecco visioni ben diverse: scoppia il sanguinoso pronunciamiento del Generale Càceres, barricate, mitraglie e… 200 morti. Il dottor Petella si prodiga per i feriti all’Ospedale S. Bartolomeo.

Le escursioni si succedono: da quella alle acque terapeutiche di Huacachina all’altra nel ferrocarril transandino tra le gole profonde delle Ande. E giù osservazioni di flora, fauna, malattie e, finalmente Chiclas con le sue miniere, i suoi baratri, i suoi armenti di llamas…Niente resta inosservato dalla costa alla montagna e così, dopo la conoscenza del pulbero italiano, si passa a Guayaquil nell’Equador, alla vela, sfruttando la corrente di Humboldt. Anche lì impressioni varie: da quelle antropologiche a quelle di due fanciulle vestite di bianco e coi capelli nerissimi disciolti, “dondolarsi lentamente nella stessa amaca, e cantar sottovoce una di quelle habaneras che vanno diritto al cuore”. E quanti cuori piagati fra i guardiamarina a bordo! Si risale il Guayas in gite meravigliose: cacce al caimano, scenari mai visti nell’inestricabile labirinto della foresta, cascate, fruscii, sospetti, gorgheggi, orchidee… ed ecco il Chimborazo, il vulcano colossale (m 6530) “maestoso in lontananza come sfondo del quadro, ed a superba sfida del cielo”.

In Columbia il genio moderno è alle prese con la selvaggia natura (siamo nell’85). Dalla storia all’economia, alla corografia, l’estuario di Buenaventura ci si svela. L’etnologo Petella tocca una delle teste recise dagli indios, seccata e “ridotta al volume di un pugno”.

Ultima puntata a Nord è Panama. Qui le Ande maestose sono collinette. Si era allora ai tentativi poi falliti del conte di Lesseps. Il clima micidiale ostacolava i lavori. Quante vittime specie fra i cinesi! In attesa del canale giù si traversava in treno l’istmo in tre ore. Il biglietto però costa terribilmente: 100 lire, ma gli ufficiali fanno il percorso gratis, e ammirano i lavori imponenti della Compagnie Universelle (ma i cui capitali sono per 11/12 francesi). Appare l’Atlantico “calmo e scintillante come lastra d’un immenso specchio”.

Si ritorna. Niente traversata del Pacifico che faranno i suoi amici Cagni e Rho… Il 26 Aprile ’86, il ventinovenne Petella è a Genova, dopo 30.000 miglia di mare e dopo tanto studio.

 

***

 

Passando dagli immensi oceani al Mar Rosso assolato, il Petella trova nello studio applicato ai luoghi sia una distrazione da nostalgie accidiose sia concentrazione feconda per prodotti intellettuali.

Così nel ’94 vede la luce Massaua e Assab, saggio di topoidrografia e climatologia comparate, con carte, quadri e specchietti. Un lavoro che sarà premiato dal Ministero e presentato all’XI Congresso medico internazionale (19° sezione: climatologia). La cultura già vastissima del Petella vi permette l’integrazione delle scienze: “Prima di sentenziare sulle malattie di un dato paese occorre studiare l’aria, l’acqua e il luogo. Il calore torrido di Massaua è agente febbrigeno sovrano, mentre quello secco di Assab (a causa dei monsoni) rispetta la salute”.

 

***

 

Totalmente preso dagli studi medici, Don Giovanni ripigliò quelli geografici dopo trent’anni, visitando nel ’25 la esposizione missionaria del Vaticano, tanto ricca ed istruttiva che Papa Pio XI la definì “un gran libro e una grande scuola”. Si fermò anzitutto nel padiglione di Medicina e Igiene, ordinato da P. Gemelli. Vi studiò la diffusione delle malattie in Africa e in America, e delle quali trovava la causa nella Parassitologia. Passò al Padiglione dell’Etnologia ordinato da P. Schimdt dell’Università di Vienna, e si soffer,ò a lungo sulle collezioni etnologiche del missionario P. Huguenot, che egli raggruppò in tre cicli culturali: protopaleolitico, paleolitico progredito, e di cultura pigmoide. Passò al reparto di Propagande Fide, e rimase estatico innanzi alle rarità etnografiche, allo slancio delle congregazioni missionarie, alla bibliografia. Mai visitatore fu forse il più attento e fecondo. Rivide i suoi giorni sul continente nero, i suoi studi, e pubblicò Visioni d’Africa (Annali 1925 e ’26).

Seguirono: I Tuaregh nell’Oggar (1926); La conquista del deserto sahariano (1927); Nuove e vecchie spedizioni d’Africa tutti sull’Idea coloniale.

Socio della R. Società geografica italiana, Don Giovanni era un africanista fervoroso, e s’entusiasmava, s’illuminava al solo nominare il continente nero, alpunto da interessarsi giovanilmente perfino al romanzo sull’Africa perfino all’opera musicale che riguardasse l’Africa. Passione dunque, ma come la viveva lui, senza fantasticare, indagando.

 

Giovanni Petella                       Home page

 

 

 

 

 



[1] Caso G.: I microclimi del Matese, 1947 – Marrocco D.: Piedimonte, pag. 431, 1961.