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Pensiero politico.
In verità Palmieri non partecipò
molto attivamente alla vita politica dei suoi tempi, né durante il regime
borbonico né dopo, con il nuovo regime, perché troppo impegnato con i suoi
studi.
Questo non significa,
ovviamente, che egli non abbia maturato una sua ben precisa idea politica.
Tuttavia, come riferiscono
molti storici, egli, durante il regime borbonico, non si schierò apertamente né
contro e né a favore del regime stesso, come avevano fatto B. Spaventa e M.
Melloni (che ne avevano subite le conseguenze).
Allora, come possiamo
risalire alle sue idee politiche?
Vediamo le varie posizioni
degli storici.
Dall'articolo, sopra citato,
del Pungolo Parlamentare, in cui si
dice:
«Egli è passato silenzioso
attraverso due coscienze politiche senza quasi avvedersene...»,
emergerebbe una chiara
indifferenza nei confronti dei due regimi che si erano succeduti, e non certo
alcun sentimento borbonico, ma neanche liberale.
Santillo sostiene che, dopo
gli avvenimenti del 1848, il Palmieri sarebbe stato considerato ostile al
governo borbonico, per aver espresso sentimenti liberali, e avrebbe rischiato
la destituzione dalla sue cariche.
Tuttavia la destituzione non
sarebbe stata eseguita dal regime,
"per non perdere
un'intelligenza e crearsi un nemico aperto",
come riferisce Santillo
stesso.
Ma non abbiamo molte prove
di ciò, anche se la mancata assegnazione della cattedra vacante di Fisica, di
cui abbiamo parlato più sopra, potrebbe già essere considerata una reazione del
regime nei suoi confronti.
Ancora Santillo sostiene che
Palmieri sarebbe stato molto stimato dai liberali che, secondo lui, gli
affidavano con piena fiducia i loro figli e si mostravano soddisfatti delle
idee che egli diffondeva fra questi durante le lezioni.
Flores con riferimento alla
prolusione che Palmieri tenne alla sua prima lezione di Filosofia
nell'Università di Napoli, il 13 novembre 1847, riferisce che (Palmieri)
"non aveva mostrato in precedenza (ossia prima della sua nomina
alla cattedra di Filosofia) grandi tendenze a seguire i movimenti politici
(liberali) e nemmeno era amico dei liberali del tempo. E perciò in quella
prolusione vantò la sua devozione all'altare e all'ottimo Principe".
Effettivamente, in quella
prolusione così conclude:
«Adoperiamoci
a conservare nella varietà della scienza quella unità d'indole che ci distingue
come italiani ne' quali una è la fede e la favella; smettiamo quella
vergognosa divozione verso gli strani, onde nasce il sentir bassamente delle
cose patrie per ammirare troppo le aliene; ché solo in tal modo potremo conseguire
le tre perfezioni massime dell'essere umano, il pensiere sapiente, la fede
incrollabile e l'azione magnanima.
Ed io
facendomi innanzi a voi banditore di queste massime credo di rendere omaggio
alla verità, di corrispondere a' voti dell'illustre defunto (Galluppi) che mi
desiderava a suo successore, ed alle intenzioni dell'ottimo principe che
chiamandomi a questo ufficio gli esaudiva; e da ultimo in tal modo operando mi
confido di non demeritare il suffragio de' miei concittadini, almeno del gran
numero di coloro che hanno la coscienza di essere italiani e concittadini del
Vico.»
Ma non bisogna credere alla
apparenze.
Infatti:
1)
Palmieri
era stato chiamato dal barone Galluppi, quale suo assistente alla cattedra di
Logica e Metafisica, probabilmente nel dicembre 1845 (bibl.20).
Quindi doveva
avere gratitudine per il borbonico Galluppi.
2)
Egli
per succedere al Galluppi aveva dovuto presentare una "supplica"
direttamente al Re, il 15-12-1845, poiché non esistevano concorsi pubblici per
accedere all'insegnamento universitario, che poteva essere affidato a chiunque
fosse di gradimento del regime (si ricordi la mancata assegnazione al Palmieri,
forse il più meritevole degli aspiranti, della cattedra di Fisica!).
3)
Oltre
al Palmieri, altri studiosi avevano richiesto la medesima cattedra vacante di
Filosofia, fra cui il Sac. D. Gaetano Sanseverino, autorevole
rappresentante della filosofia tomistica e molto stimato in Napoli.
4)
Il
Re, con decreto del 14-05-1847, aveva scelto proprio il Palmieri sulla cattedra
del Galluppi. Vi pare verosimile che nella prolusione alle lezioni, tenuta solo
pochi mesi dopo (13-11-1847), egli non esprimesse sentimenti di riconoscenza
verso il Re?
Vediamo ora cosa disse
Palmieri, appena caduto il regime borbonico, nel discorso tenuto nella stessa
Università di Napoli il dì 16 novembre 1861, sul tema "Nuovo
indirizzo da dare alle università italiche".
Ecco alcune sue frasi:
«...la patria sciolta de'
vecchi legami, brama e vuole la coltura dell'intelletto...».
«...passato
è il tempo in cui lo stato e la scienza si tenevano il broncio e si avversavano
in segreto sotto le sembianze di un'amistà mensognera: il labbro a' sapienti
non è più compresso, la gioventù studiosa non è più ricinta di pastoie per
allontanarla dalle scuole, non più il bargello è pronto a spacciarla, messa
sotto un sindacato subdolo, clandestino ed inquisitorio di spie e di birri; lo
studio infine non è più sinonimo di cospirazione, ma un dovere da compiere, un
diritto di sperimentare....».
Ecco altre frasi:
«...l'eccesso di azione
governativa inceppa e diviene ostacolo ad ogni miglioramento civile...».
«Quella immediata ingerenza dunque de' governi sulle università,
prolungata oltre il bisogno, diventò nociva...».
«...i carichi e i gradi corrispondano a' meriti e non vengano
distribuiti dal capriccio, dal favore o dal caso.»
«Quando il
pensiero non potea liberamente manifestarsi, i cultori delle scienze e delle
lettere erano costretti a tenersi in disparte a guisa di anacoreti;...e chi sa
quanti alti intelletti portarono nella tomba il frutto delle loro
elucubrazioni, per non incorrere ne' pericoli che non di rado colpirono gli
scopritori del vero!»
(E' chiaro il riferimento al
Melloni, destituito dalla carica di Direttore dell'Osservatorio vesuviano, per
idee politiche).
Ed ancora:
Dal discorso pronunciato il
dì 16 novembre 1880 all'università di Napoli, dal titolo "Uso delle
ipotesi nelle scienze naturali", qualche frase finale:
«...oggi che l'antico voto degl'italiani è appagato nel veder composta l'unità della patria con governo nazionale...abbiamo più imperioso il dovere di saper bene rappresentare la nostra individualità etnografica.»
La conclusione sembra una sola:
Palmieri aveva sentimenti fortemente liberali, ma durante
il regime borbonico aveva mostrato prudenza per non subire le ingiuste reazioni
del regime, come era accaduto a tanti altri studiosi, tra cui il fisico e
patriota Melloni.
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