(articolo di
Teodoro Mezzullo estratto da Invito al Matese, 1953)
Sul massiccio montuoso del Matese molto si potrebbe
scrivere, volendolo analizzare da tutti i lati più vari e disparati, ma in un
articolo di rivista, non si può che en passant gettare poche pennellate
e sinteticamente restringere la descrizione sulla vasta materia. Il presente
scritto, quindi, ha la sola pretesa di maggiormente divulgare il superbo e bel
Massiccio montuoso Campano tra artisti, industriali, finanzieri e tra quanti
s’interessano allo sviluppo della montagna e a diffondere l’amore
verso la medesima.
Il Matese così descritto dal Biondo (Italia
Illustrata): Mathesium appennini promontorium et in sublime surgens, et
longe in mediterranea lateque diffusum, sterile ut plurimum atque petrosum:
fuitque mons in quo primari Samnitium habitavere, viri fortes, ut pote Montani,
unde Montesii prius appellabantur; a quibus, facta verbicorruptela, Mathesium
dicitur promontorium, si estende, tra i fiumi Volturno, Calore, Tammaro e Biferno,
al confine con l’Abruzzo, per molti chilometri quadrati, con fosse e
pendii e con la vetta più alta Monte Miletto (Mons Militum) di metri 2.050 dal
livello del mare.
È ricco altresì del lago omonimo, della
circonferenza di chilometri 12, estendentesi sull’altipiano alle falde
dell’Esule, Gallinola e Monte Miletto, all’altimetria di m 1007.
È pure ricco di vegetazione di essenza di faggio, e,
fino a pochi anni fa, presentava in pieno, i caratteri quasi selvaggi e rudi.
Da circa un cinquantennio ne fu iniziata la sua messa in valore dalla sezione
del Club Alpino di Napoli, che promosse ed attuò, con il concorso di comuni
limitrofi (S. Gregorio in provincia di Caserta e Roccamandolfi in provincia di
Campobasso) la costruzione di un rifugio, che abbattuto dai fulmini, non è
stato più ricostruito.
E fin da allora un socio del Club Alpino napoletano,
Club che deve il suo nascere in Torino al grande Quintino Sella ed il suo
rapido estendersi in tutta la penisola, un giovane dell’allora highlife
di Napoli, che soleva trascorrere la metà dell’anno all’estero, tra
l’Austria e la Svizzera, in una escursione sul Matese alla visione paradisiaca
di questa Svizzera campana, ebbe ad esclamare, profondamente entusiasta e
convinto: “Se al pié del Matese (forse intendeva dire S. Gregorio) vi
fosse un Hotel e sul Matese uno chalet vivrei qui metà dell’anno”.
Da allora molti anni sono volati, vari pionieri, tra
i quali annoveriamo l’On. Senatore Prof. Dott. Giovanni Caso ed altri
suoi amici, tra i quali il sottoscritto, da circa un trentennio hanno dedicato
il miglior tempo dei loro anni, alla valorizzazione di questo grandioso
massiccio montuoso, che maestoso si erge tra la Campania, l’Abruzzo e le
Puglie.
Ricco di sorgenti limpide, fresche e cristalline, di
una lussureggiante vegetazione arborea, del suo lago a m 1007, di vette alte,
ove nidifica l’aquila, e le nevi vi persistono fino all’inizio
dell’estate, per la sua atmosfera serena che non conosce umidità,
dovrebbe già, dopo tanti anni, avere le sue strade comode, funivie e seggiovie,
alberghi e rifugi, attrezzature complete per gli sports invernali dello sci e
pattinaggio sul lago, nonché per il soggiorno estivo. Ma, purtroppo, poco si è
fatto finora non avendo avuto lo sviluppo delle altre consorelle montagne
italiane, da quelle siciliane alla Sila calabrese, al Gran Sasso abruzzese,
all’Abetone toscano ed a quelle venete nonché alle Valdostane trentine e
dall’Alto Adige. Eppure il Matese sito al centro di una zona densissima,
popolata da milioni di abitanti, ha la posizione ed i requisiti naturali ideali
per la sua valorizzazione e messa in valore, non tanto come problema a se
stante, ma per il beneficio indiretto riflesso per tutte quelle persone che
hanno assoluto bisogno, e non hanno le possibilità di recarsi lontano, di
vivere in montagna una parte dell’anno. Molto è stato scritto e riscritto
sul Matese da Giotto Dainelli al Colamonico, dai pubblicisti Adone Nosari ed
altri, nonché nelle pubblicazioni del benemerito Touring club, con pagine e
periodi, tutti osannanti alle bellezze naturali del Matese, al clima meraviglioso
di queste zone, ma, ripetesi, purtroppo, la sua valorizzazione non si è ancora
attuata in proporzione diretta a quanto su di essa è stato scritto da illustri
scienziati, letterati, pubblicisti e giornalisti vari. E che il Matese sia
degno e meriti l’attenzione di governanti ed autorità lo dimostra quanto
segue.
L’importanza del Matese è molteplice e
multiforme sotto vari aspetti e lati che in sintesi possono così raggrupparsi:
Dal lato artistico interessa poeti, pittori e
scrittori che già da alcuni anni si sono portati qui per ispirarsi a questa
sinfonia di tinte, di sereno piacevole silenzio, di riposata vita campestre
virgiliana, ospitando in ordine di tempo il Toma (quale esiliato politico del
governo borbonico) e mecenati il Senatore Del Giudice Achille e l’On.
Beniamino Caso. Il Toma lasciò dipinti ed affreschi della sua età artistica
tanto ammirati da numerosi visitatori. Seguirono il Palizzi con le sue tele
meravigliose, il Fabbricatore, il Bocchetti, e per ultimo Pietro Piciullo.
Dal lato climatologico-sanitario è quanto meglio vi
esista per il suo clima asciuttissimo, non troppo battuto dai venti né da altre
perturbazioni atmosferiche, quali, sovente si verificano in altri massicci
montuosi.
Dal lato industriale-commerciale può interessare
vaste categorie per la sua ricchezza di acque, tanto che la S.M.E. da circa un
trentennio ha costruito due centrali elettriche alimentate dal lago Matese; di
legnami pregiati con le sue migliaia di ettari di boschi, nonché dal lato
mineralogico con i suoi abbondanti giacimenti di bauxite, mercurio ed altri
minerali tanto da interessare la Montecatini ed altre società similari.
Dal lato foro-faunistico con le sue molteplici
spontanee vegetazioni che vanno dalla belladonna, genziana, valeriana,
genzianella e china alle sue piante di alto fusto di faggio, carpino, acero,
leccio e querce da richiamare qui, anni addietro, erboristi e mineralogisti
quali Pareto, Brocchi, Hoffman, Terracciano ed altri che molto hanno scritto
sulla flora e fauna del Matese.
Il Macry trovò sul Matese il Trifolium fibrinum, il
Cuarnieri ed i fratelli Cirillo, Tenore e Gasparini e più di recente il
Terracciano hanno sovente visitato il Matese e v’hanno scritte relazioni
sulla flora e trovate la Menjantes trifoliata, la Poligola alpina, il Doronicum
columnae, la Druba aisoides, il Dente di Leone (la così detta saporosa cicoria
del Matese) il Ligusticum levisticum, la Pimpinella saxifriga e ad ogni passo
si calpesta il ribes, il lampone e la fragrante fragola di montagna.
Dal lato agricolo importante con le sue aziende di
Cirio, Lauro, Scorciarini ed altri minori, con le sue piantagioni di fragole,
ortaggi fuori tempo, funghi squisiti tra i quali primeggia la spignola ed altri
prodotti vari.
Dal lato ittico con i pesci del lago Matese ricco
ormai d carpe, tinche, anguille e trote che oltrepassano già i limiti e confini
provinciali per essere esportati verso il Molise e l’Abruzzo.
Dal lato venatorio è continuo richiamo di cacciatori
di varie province per i suoi lepri, starne, beccacce, quaglie, pernici, faine,
puzzole, tassi, volpi, lupo ecc. ecc., mentre prima vi scorazzavano
indisturbati cinghiali, caprii e cerbiatti.
Dal lato speleologico è importante per le sue grotte
di Campobraca, Camporotondo e Rifreddo ed altre forse inesplorate ancora tanto
da attirare l’attenzione dei cultori di tale importante attività.
Per ultimo la sua importanza si compendia dal lato
turistico e di soggiorno estivo ed invernale per tutti i requisiti esposti e
che non lascia più molto a desiderare perché a San Gregorio (m 800 s.l.m.) già
funzionano due alberghi e varie locande con una ricettività limitata a circa
300 letti.
Il lato che più interessa è il lato
turistico-climatico, perché il Matese è centro ricercato di villeggiatura
estiva, interessando esso milioni di cittadini del meridione d’Italia, ma
che non può estendersi perché non ancora valorizzato, forse a causa che il
problema turistico non è, purtroppo, sentito e studiato come nelle avanzate e
progredite regioni dell’Italia del nord.
Comunque in questa sintetica descrizione
dell’importanza del Matese chiunque vi può scorgere campi molteplici e
disparati di molte attività che certamente possono interessare, sotto diversi
aspetti, varie categorie di individui.
Sui verdeggianti e
freschi monti del Matese, con piacere si ricordano le belle parole di Dumas
nella Dame aux camélias: On a toujours associé la campagne à l’amour
et l’on a bien fait: rien n’encadre la femme que l’on aime
comme le ciel bleu, les sentiers, les fleures, les brises, la solitude
resplendissante des champs et des bois.
Ci vogliamo perciò augurare che queste belle zone
matesine possano presto venire valorizzate come meritano per i numerosi
naturali che posseggono nell’interesse degli abitanti di alcune regioni
meridionali e per lo sviluppo turistico-climatico della nostra Italia.
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