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I laghi del Matese
I LAGHI DEL MATESE
(tratto da Invito al Matese,1953 a
cura dell’EPT di Caserta e per iniziativa del comune di S. Gregorio M.)
Una delle maggiori
attrattive della montagna del Matese sono le sue
acque. Pur essendo un gran paese carsico, il Matese non difetta in senso
assoluto di acque: nelle zone più alte, con
l’abbondante mantello di nevi che lo ricopre, esso è per gran parte dell’anno
animato dal gorgoglio dei numerosi ruscelli; mentre, lungo il circuito di base,
esso è perennemente abbellito dagli sbocchi spumeggianti di alcune ricchissime
sorgenti. Né solo dalle acque correnti deriva al Matese la nota di vivacità e
di colore che distingue i paesaggi migliori; alle acque correnti si aggiungono
nella montagna le acque che si raccolgono in masse lacustri e che ne
costituiscono uno dei motivi di più suggestiva
bellezza.
Il Matese, infatti, ospita
fra le sue giogaie tre incantevoli laghi, il lago del Lete,
il lago di Campitello e quello da cui proviene il
nome a tutta la montagna, cioè il lago Matese. Si
tratta di laghi artificiali, che l’uomo crea, per
vuotarli a suo arbitrio ed utilizzarne la massa d’acqua con salti che gli
forniscono l’energia idroelettrica.
E il Matese, con le sue
numerose conche, si presta mirabilmente a questa utilizzazione
idrica. Sono, è vero, delle conche carsiche, fornite cioè
di voragini naturali che inghiottono le acque che scendono sulle loro alte
fiancate; ma l’uomo interviene, per l’appunto, a precludere la
strada alle acque dirette agli inghiottitoi e a deviarle in gallerie
artificiali. Così la Società Meridionale di Elettricità
ha fatto per il lago del Lete, a circa
Prendendo in esame i due
laghi del Lete e del Matese, è facile constatare che
la natura dell’uno è spiccatamente diversa dalla natura dell’altro:
si possono tutti e due chiamare laghi artificiali
perché tutti e due sono forniti di gallerie artificiali di scarico e
perché quindi la loro esistenza dipende
dalla volontà dell’uomo, ma il lago del Lete si
è formato al posto di un fiume, mentre il lago Matese si è costituito
trasformando in artificiale un lago naturale. La trasformazione è stata
compiuta nel 1923; solo da quell’anno
l’uomo è diventato arbitro della vita del lago; ma prima del 1923 il lago
Matese costituiva lo stesso una vasta massa d’acque, che si raccoglieva
nel fondo della più grande conca carsica del Matese.
In questa vastissima conca, della lunghezza di circa dieci chilometri e della
larghezza di tre, si venne ammassando, attraverso i millenni, materiale
d’alluvione che le acque trascinavano dalle sue fiancate, ed il materiale
era abbondante perché tali fiancate si ergono per centinaia e centinaia di metri, e sono
dalla parte settentrionale costituite da una imponente cortina di montagne, su
cui spiccano le più alte cime di tutto il Matese, vale a dire il Miletto (
A tale materiale
d’alluvione fluviale altro materiale minuto si aggiungeva, ma di
provenienza profondamente diversa: erano le ceneri vulcaniche, che i venti
trasportavano dai numerosi crateri oggi spenti ma allora
attivissimi dei Campi Flegrei del Somma-Vesuvio
e del Roccamonfina, e che a poco a poco ammantavano
le vicine regioni dell’Appennino, donde le acque dei fiumi le
trascinavano o nel mare o nelle zone più riparate. Il terreno minuto, che, in simil modo, si raccolse nel fondo della più grande conca del Matese e lo spalmò per la massima parte, ne
ostruì pure molti degli inghiottitoi, che prima assorbivano avidamente le
abbondanti acque di pioggia: li ostruì sulla sponda settentrionale e nel centro
della depressione, ma non riuscì a ostruire tutti gl’inghiottitoi della
sponda meridionale, lungo la quale, fra gli altri, due ne rimasero di molto
grandi, uno detto delle Brecce e l’altro dello Scennerato.
In seguito alla parziale chiusura degli sbocchi sotterranei, le acque che
affluivano da tutti i lati nella conca non furono più
così rapidamente assorbite come una volta, ma si raccolsero nel fondo di essa e
dettero origine a uno dei più bei laghi d’Italia, il lago Matese. Lago,
però, spiccatamente diverso dagli altri per la grande oscillazione
di livello; lago, infatti, con un bilancio variabilissimo, formato con
l’entrata molte volte rapida delle acque fornite dalle piogge e dallo
sciogliersi delle nevi e con l’uscita di solito lenta delle acque
smaltite dagli inghiottitoi; lago, quindi, che si gonfiava notevolmente
nell’inverno e sul principio della primavera e si riduceva enormemente di
volume nell’agosto-settembre. Questo era il comportamento naturale della
vasta massa di acqua che la Società Meridionale trovò nel
cuore del Matese prima del
E le opere che a questo fine
sono state costruite nella montagna del Matese non
hanno peraltro turbata, nelle linee generali, la fisionomia naturale della
regione o offuscata la purezza del paesaggio. Perfino la massa stessa del lago
ha modificato di poco il suo comportamento. È vero che la sua esistenza
dipende, come ho detto prima, dalla volontà umana, ma è vero pure che lo
sfruttamento delle acque del lago si compie specialmente nei mesi estivi,
sicché i più bassi livelli corrispondono anche oggi al periodo
agosto-settembre, come avveniva una volta: si può dire
che allo svuotamento che prima ne facevano, senza utile alcuno, gli
inghiottitoi, si sia oggi sostituito lo svuotamento razionale e proficuo, che
ne fa l’uomo per creare ricchezza. Ma il lago
conserva nel complesso l’aspetto di un tempo, ed è sempre caratterizzato
nella parte occidentale dalla diffusa vegetazione acquatica che ne interrompe a
lunghe chiazze lo specchio, e conserva sempre sulla sua fiancata meridionale il
rigoglioso rivestimento di macchie e di boschi. Sicché il lago continua ad
essere il tratto di maggiore richiamo per i turisti, purtroppo ancora pochi,
che visitano il Matese, tanto più che, oltre che per la magnificenza dei suo panorami, esso ha un’importanza di primo
ordine nella montagna come zona di transito per coloro che intendono ascendervi
le più alte cime.
Nel complesso, anzi, tutte
le opere che si vengono costruendo nel Matese per trarre il massimo vantaggio
possibile dalla ricchezza delle sue acque finiscono
col preparare la regione alla penetrazione turistica, col favorire le
comunicazioni con la pianura, col creare sull’altopiano i primi segni del
profondo rinnovamento sociale che la vita moderna suole apportare. E nelle
forme del paesaggio naturale benissimo s’inquadrano le stesse masse
d’acqua artificiali, le quali dànno armonia e
vita alle zone spianate in cui si raccolgono, valgono a differenziarle
l’una dall’altra, accrescono nella montagna le note di incanto e di agreste bellezza, che vi sono peraltro così
largamente e così variamente profuse.