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23) Letino
Il
nome è Tino, cui burocrati e cartografi ignoranti «azzeccarono» l’articolo. Lo
stesso è successo per il fiume Ete, al quale l’articolo è stato fuso, e l’Ete è
divenuto il Lete. Il paese è formato da immigrati greci, stanziatisi sul Matese
in epoca non conosciuta, certamente medievale. L’abitato si è spostato tre
volte, dal campo delle Sécine (= segala), alla località San Pietro,
all’attuale.
Prima
notizia storica ecclesiastica è quella delle Rationes decimarum
(Campania, 152): la notizia lascia adito a discussione: Receperunt ab
archipresbytero castri Tini pro beneficio quod habet idem archipresbyter ab
ecclesia S. Mariae de Tino pro parte archipresbyterialis ecclesie at
obventionibus suis tar. III et gr. X. Item ab abbate Johanne
Fasiolo de Alifia pro fructibus ecclesie S. Marie de Tino pro parte ipsum
contingente de ipsa ecclesia tar. VI.
Se
ne deduce che la chiesa del castello era dedicata a S. Maria, che non vi sono
altri chierici, che l’abate Giovanni Fasulo riscuote dallo stesso beneficio il
doppio di quel che riscoteva l’arciprete. Pure nella riscossione del 1328, a
pag. 153, mancano altri chierici.
La
chiesa è dedicata a s. Giovanni Battista. Sull’architrave della porta
reca la data 18 Luglio 1564; sul campanile 1568; la campana grande fu fusa nel
1718, la media nel 1705, la piccola nel 1822. Radicali restauri sono stati
apportati negli anni 1963-64.
La
principale devozione va al Precursore del Cristianesimo, patrono e titolare,
che viene festeggiato la 1° Domenica di Settembre. È venerato anche s. Teodoro
martire (uno dei trentasei di tal nome), del quale si conserva il teschio, ma
la cui autentica è perduta.
Altre
chiese sono dedicate: a s. Maria, venerata nella chiesa del castello,
festeggiata la 3° Domenica di Settembre, con processione e fiaccolata serale,
quando vi viene riportata; a s. Giovanni Battista (già s. Rocco)
all’inizio del paese; a s. Maria dell’arco al campo delle Sécine, oggi
diruta.
La
chiesa del Tino era recettizia non numerata. Se ne ha notizia da una lapide in
S. Maria al Castello. Un Govanni Tartaglia lascia 500 Ducati; tradidit
ducatos 500 reverendo Capitulo. Questo nel 1689.
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