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     Il Rinascimento

 

Il rinnovamento (non la ripetizione) dell’arte antica è il Rinascimento artistico. L’arte antica greco-romana non è vista come «l’ideale che contrasta il reale, ma come la via per arrivare ad una perfetta figurazione della vita», dice lo Springer.

Armonia ed equilibrio fra altezza, larghezza e profondità, fra pieni e vuoti, fra curve ed angoli, fra linea e decorazione; studio e non trasfigurazione della Natura, proporzione delle masse, divisione delle superfici, conoformazione delle parti al tutto: tanto si vede nelle creazioni del periodo.

A Napoli, il movimento artistico rinascimentale non fu importante come a Firenze e a Roma. È che le guerre fra Casa Angiò e Casa Aragona, poi la resistenza della Nobiltà, un po’ l’immigrazione catalana e i Turchi, non lasciarono sereni quei principi.

Da aggiungere un certo attaccamento al gotico, divenuto «regionale». Non mancarono bei monumenti, ma certo anche nel Medio Volturno irradiò poco.

 

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Tutto un fiorire di opere architettoniche e pittoriche distingue Caiazzo, e la rinascita caiatina desta piacevole meraviglia. L’alta tradizione religiosa della cittadina, impersonata in due vescovi santi, nei pii domenicani e francescani (fra essi Giovanni maestro di S. Tommaso), prepara nel fine ambiente della Rinascenza, Stefano Crescarello, sacerdote e maestro di ascetica, e contemporaneamente prepara Franco Cicino che nel colore è maestro di grazia e spiritualità. L’Accademia dei Ventilati (1496) è la voce poetica della fioritura.

Molto è scomparso, ma rimangono gli armonici ed eleganti portali, e decorati con fine gusto, alla SS. Annunziata (1498), a Santa Agnese di Casa Egizi (in cui è la tomba dell’abate Leonardo 14909, a S. Maria del Soccorso, e a S. Francesco (1491).

A Venafro (piazza Cimorelli), s’impone subito il severo Palazzo ducale, quadrato, saldo, dalle rare, piccole finestre, dagli enormi merli che ne lasciano intravedere l’orgogliosa e gagliarda funzione. È l’epoca dei conti Pandone, seguiti dai Caracciolo. A Faicchio, il castello riveste abiti nuovi in qualche finestra e nella cornice di effetto, che spezza l’insieme troppo cilindrico del prospetto. A Cusano Mutri, il Portale di S. Giovanni del tardo Rinascimento, opera di Ferrante di Cerreto, molto distinto col suo piano attico, incornicia un rudimentale fonte battesimale a calice, del 1444: due manifestazioni distanti della Rinascenza. Un altro artista di Cerreto, Martino, nel 1483 scolpisce nella cattedrale di Alife il bassorilievo sepolcrale del vescovo Antonio Moretta. A Prata il conte Scipione Pandone innalza S. Francesco (1460) dal ben proporzionato chiostro. A Piedimonte, nel Palazzo ducale dei Gaetani d’Aragona si lascia ammirare un originale Portale durazzesco, e la bellissima decorazione del solario nel salone dei quadri, graziosa e ricca di tocchi di colore, venuta fuori dopo le distruzioni tedesche del 1943. In San Domenico si eleva l’aerea Cantoria e le piccole cappelle laterali, di cui specie una mostra il suo stile di transizione dal gotico. Sul Monte Muto, Cristoforo Gaetani e i fedeli innalzano S. Maria Occorrevole, ambiente vasto che, dopo l’eliminazione provvidenziale delle sovrastrutture barocche (1934), si ripresenta  nella visione di una fede essenziale e scarna, ma che non nega una misura, un gusto. Prodotto cinquecentesco è, pure in San Domenico, il Coro che l’Ordine dei Predicatori ordinò ad ignoti intagliatori. In esso, secondo la norma squisita della Rinascenza, si alternano misuratamente linee e decorazione, vuoti e pieni, figure e fregi, superfici piane e rilevate.

 

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Nel regno del colore primeggia in questo periodo nel M. V., il maestro Franco Cicino di Caiazzo. Visse approssimativamente negli anni 1475-1525. Nell’artista vive e si agita l’ispirazione per la scuola umbra, unita ad una «arcaizzante volgarizzazione provinciale» dice il Causa. Egli continua i modi pittorici di Antoniazzo da Romano. Le sue tavole ornano gallerie e cappelle napolitane, e a Piedimonte ornano Santa Maria Maggiore (erano gia in San Giovanni). Nell’Annunciazione l’umiltà della Vergine è superata dallo slancio e dalla dedizione dell’Angelo, e il tipico decorativismo dà sfondo aggraziato alla scena. Potrebbero essere opere della maturità. Ora in restauro a Napoli, e fra poco in S. Maria Maggiore, è un bel polittico di un ignoto seguace di Antoniazzo. Riflessivo il S. Girolamo, di gran realismo il Precursore. È del primo ‘500. Di Stefano Sparano, altro maestro caiatino, si sa ben poco della vita. Di alcune sue opere in S. Lorenzo a Napoli e nel Polittico di S. Antonio a Portici (1513), si ricava il suo raffaellismo; e di G. B. Azzolino del primo ‘500 c’è qualcosa in S. Francesco (tre quadri).

C’era altro in queste terre dove avevano dipinto Adanisio a Cerreto, e Negrone a Piedimonte, ma l’incuria, le distruzioni e il terremoto del 1688 s’incaricarono di perderlo.

Interessante manifestazione quattrocentesca locale sono le miniature domenicane (oggi al museo di Piedimonte). È una attività che si prolungherà fino al ‘700 nel modesto tentativo di Fr. Pietro Martire De Stefano. La loro scrittura gotica mostra specie nelle maiuscole, una semplificazione, una linearità nuove.

 

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