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Pedemonti ab Alliphis, Mense Octobri MCMXLV

 

“INVITA MINERVA” NOVA … SEMEL EDITA NEC AMPLIUS EDENDA EPHEMERIS POËTICA

Summarii loco, nosse iuvabit: I. Huius (sui generis) Ephemeridis NUMERUS IN PERPETUUM UNICUS tot laboris socios, habet scriptores quot reliqui fiunt centum, undecentum deductis – II. Deficiente arte et … papyro, pauciores, multo pauciores “viginti quinque lectoribus” Manzonianae memoriae supputat sibi esse futuros. – III. Nusquam gentium prostat, sed per tabellarium, venum datur domi emptoris ipsius … gratis et amore. – IV. Carmina complectitur haud hercle! Uno pauciora.

 

L’Uguaglianza[1]

Fissato nell’idea dell’uguaglianza

Un Gallo scrisse a l’Aquila: - Compagna,

siccome te ne stai sulla montagna,

bisogna che aboliamo sta distanza:

perché non è né giusto né civile

ch’io stia fra la monnezza d’un cortile,

ma sarebbe più comodo e più bello

de vive ner medesimo livello. –

 

L’aquila je rispose: - Caro mio,

accetto volentieri la proposta:

volemo fa amicizia! So’ disposta:

ma nun pretenne che m’abbassi io.

Se te senti la forza necessaria,

spalanca l’ale e vattene per aria:

se nun t’abbasta l’anima de fallo,

io seguito a far l’Aquila e tu er Gallo


De fortunae discrimine inter homines tollendo (?…)

.. Trimetri iambici[2] ..

Prologus

Trilussa lepidam quam[3] composuit fabulam

de galllo et aquila, italicis hendecasyllabis,

hanc ego latinos transtuli in[4] senarios.

Threicii[5] at cycni[6], quem manumisit[7] libens[8]

Maximus Augustus, frustra, hic[9], illa[10] quaeritur

Styli facilitas, candor[11] et elegantia;

suis[12] neque iambis, hic, blanditur[13] auribus

Parius[14] poëta, qui iambi inventor; suis,

neque Veronensis, Venusinus neque[15], hic, olor[16].

Parvae subsidiis[17] artis cum carmen meum

Sit conditum, hoc (licet[18], qua mihi tenus[19] datum,

limam perpessum[20] perpessumque pumicem)

caret nitore[21]; comicisque[22] vatibus

propius[23] accedens, en, pede[24] fertur[25] libero.

Duplex opellae[26] pars est: fabulam prior[27]

continet; altera, quid, ex iudicio interpretis[28],

quoad homines, ficta sibi velit[29] narratio.

Quae carminis dos intima[30]? … Lector arbiter[31].

 

Gallus aquilae scribit …

 

Pervigilis[32] generis, quod lucem praenuntiat,

de iuribus adaequandis[33] gallus anxius[34]

Iovis[35] aliti temere epistolium[36] hoc exarat:[37]

“Me audi,[38] comes,[39] quae montium cacuminis

habitas: oportet avolet[40] longinquitas

quae separat nos: est iniquum[41] et dedecet

memet[42] morari, viden?[43] hic, gallinarij

in sordibus,[44] cum[45] commodius et pulchrius

mihi[46] sit iugorum perfrui[47] fastigiis”.

 

Aquila gallo rescribit[48]

 

Mordax aquila cristato[49]: “Tibi laetans[50] tua

assentior, mi[51] galle, de sententia;

en me paratam, nosque amemus[52] invicem:

hinc ego[53], tamen, cave exigas[54] ut devolem[55]!

Si sat tibi tu[56] nosti[57] inesse virium[58],

alis explicitis[59], eia, assurge in aethera[60]:

sin ausa[61] id genus[62] audere nescis, munere

galli[63], istic, fungi perge … ut aquilae, hic ipsamet”.

 

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[1] Favola di Trilussa, pseudonimo di Carlo Salustri, noto poeta dialettale, nato a Roma nel 1870.

[2] Il metro prescelto è il trimetro giambico acatalettico continuato (metro vivace, pieno di snellezza e di movimento, che be si adatta a un componimento d’indole faceta). Non vi aspettate, però, o giovani lettori, di poter qui gustare i numerosi e … numerosi (armoniosi) giambi puri di Catullo e di Orazio. Le mie non infrequenti sostituzioni di piedi e soluzioni di arsi (tranne nel secondo piede di ogni terza dipodia, sempre puro) vi ricorderanno il senario alla maniera di Fedro e dei Comici (senarius: versus senos continens iambos). Sarà per voi, ad ogni modo, un proficuo trattenimento ricreativo l’esaminare la varietà di struttura di tali piedi. E’ una ridda (cavete vobis … a capitis vertiginibus!) di giambi, di spondei irrazionali, di tribachi, di dattili, di anapesti, e … perfino qualche indiscreto proceleusmatico ha preteso il diritto di ospitalità. Provatevi nella scansione.

[3] In latino, per maggiore efficacia espressiva, talora la proposizione relativa precede la dimostrativa ed il nome che forma l’antecedente viene attratto nella proposizione relativa e nel caso del relativo stesso: è una forma di isteron – proteron.

[4] Notare l’anastrofe della preposizione.

[5] Perifrasi del favolista Fedro, Trace di nascita e liberto di Augusto.

[6] Ellenismo: cycnus (latino puro olor), cigno e, per metonimia, poeta.

[7] Manumettere, liberare, affrancare uno schiavo: “erat mos in manumissione, ut dominus caput, aut aliud membram servi tenens, ter diceret: - Hunc hominem liberum esse volo -; et mittebat eum e manu”.

[8] Volentieri (enallage), agg. attr. con funzione avverbiale, collocato in posizione accentuata in fine del verso, per dar rilievo alla predilezione di Augusto per gli uomini d’ingegno.

[9] In questi senari.

[10] Enfatico: quella ben nota.

[11] Questo sostantivo richiama, in senso metaforico, la voce cycni, che precede con allusione alla lingua di Fedro, che, tranne pochi nèi, ha tutta la purezza della lingua del secolo d’Augusto.

[12] Enfatico a principio di verso: con i suoi puri giambi.

[13] Molce, (fr. Flatte; a Napoli …, nzucchera): blando e blandizie hanno in italiano la stessa radice.

[14] Perifrasi del p. greco Archiloco, di Paro, inventore del trimetro giambico: “Archilocum proprio rabies armavit iambo” (Or. Arte Poetica, 79). Archiloco usò quasi sempre il trimetro giambico puro.

[15] Catullo e Orazio. Notare la disposizione chiastica dei due membri, per varietà di stile.

[16] Cycnus, poëta, vates, sinonimi usati tutt’e quattro, per varietà, in questo Prologo.

[17] Ablativo di mezzo: aiuti, mezzi, espedienti (francese ressource).

[18] Cong. concess. Usata poeticamente in espressione ellittica: “isque, licet caeli regione remotos, mente deos adiit” (Ov.).

[19] Quatenus, fin dove: la tmesi è forse ardita? Paragonarla con questa di Orazio: “ Qui testamentum tradet tibi cumque legendum (quicumque)”.

[20] Il prefisso intensivo (per-patior) e il participio ripetuto servono a far sentire lo sforzo del … poeta con la minuscola. Si è voluto, cioè, con la ripetizione dell’onomatopeico perpessum rendere in qualche modo l’ansia e … l’anima di quel tale poeta. Notare anche la disposizione chiastica dei due membri, il posto accentuato delle voci limam e pumicem (che vorrebbe far pensare: s’è armato fino ai denti, il poverino!), il senso figurato delle stesse voci e (ancora?!) la loro funzione sintattica di oggetto, dopo il participio perpessum che valore transitivo. Meminisse iuvabit, infine, l’uso degli antichi di levigare con la pomice le membrane dei libri che dovevano pubblicarsi.

[21] Espressione contrastante col concetto chiuso fra parentesi. Col sost. Nitore si è voluto accennare a tutto quell’insieme di qualità e di pregi che formano lo splendore dello stile letterario, non esclusi l’urbanus lepos e, ove ne sia il caso i Plautini sales (per la distinzione del significato e anche della quantità dei sost. Lepos, leporis e lepus, leporis, ricorderai il grazioso esametro: “in campis lepores, in verbis quaere lepóres”).

[22] Seguendo più da vicino i Comici, che si permisero le più svariate sostituzioni di piedi.

[23] Avverbio comparativo di prope.

[24] Singolare collettivo, in relazione a quella varietà di sostituzione dei giambi.

[25] Passivo con valore mediale, equivalente a se fert: si muova, va, corre liberamente.

[26] Diminutivo di opera.

[27] Il comparativo, per essere le due parti del componimento: se fossero più di due, si direbbe prima (superlativo).

[28] Del traduttore (come traduttore insieme e dichiaratore del senso).

[29] Che cosa significhe (congiunt. dell’interrogativa indiretta).

[30] Il pregio del contenuto ideale, in antitesi alla forma esteriore letteraria.

[31] Ellissi: est, erit.

[32] Genitivo retto da iuribus. Tutto il verso è una perifrasi della razza dei galli (gallus: praeco diei) ed un’amplificazione del traduttore.

[33] Il gerundivo è obbligatorio, perché il gerundio abl. Da cui trae origine è retto dal prep.

[34] De o pro e l’ablativo (col genitivo ed anche con in o circa e l’accusativo): sollecito, inquieto di (per) qualche cosa.

[35] Perifrasi dell’aquila, uccello sacro a Giove, di cui porta il fulmine (mit.).

[36] Letterina (Catullo).

[37] Exarare vale, propriamente, rompere la terra con l’aratro, e, per meton., scrivere (quasi solcando le tavolette di cera con lo stilo, come usavasi anticamente).

[38] Con le voci me e cacumina in posizione enfatica ai due estremi del v. (quasi: giù giù … e su su …), con l’anapesto habitas rimandato al verso seguente e con la proposizione relativa disgiunta, allo stesso modo, dall’antecedente longinquitas, si è voluto esprimere più efficacemente il senso dell’altezza e della distanza, come sono intese dal gallo.

[39] Che ardire! (deve aver pensato l’aquila).

[40] Sparisca: a è un prefisso di allontanamento. Notare l’uso del congiuntivo senza ut dopo oportet (o necesse est), oltre la costruzione dell’accusativo con l’infinito.

[41] La paratassi per l’ipotassi (doveva dirsi: cum sit iniquum etc.) e l’asindeto causale (nam o enim è sostituito dai due punti) servono a mettere meglio in evidenza l’ansia incoercibile del gallo, di esporre all’aquila la sua misera condizione, per impietosirla. Notare pure l’endiadi: est t. et d., cioè est iniquum dedecus: ovvero est iniquitas indecóra.

[42] Il pronome rafforzato, l’allitterazione consonantica delle due prime parole e il verso reso lento dall’interrogativo dicono che il gallo si sofferma, con cruccio, a mettere in vista d’esser costretto a razzolare in un sordido pollaio.

[43] Videsne (comici, Catullo ed altri).

[44] (Meton., l’astr. per il c.): in sordido gallinario; ed è l’epesegesi dell’hic che precede immediatamente.

[45] Col congiuntivo, ha qui il valore avversativo di mentre, laddove.

[46] Dativo di comodo: per me.

[47] Godere pienamente: intensivo rispetto al semplice frui ed esprime il vivo desiderio del gallo di vivere “ner medesimo livello”. Ricorderai che, in composizione, per significa; a) compimento, accrescimento o continuazione, come in perago; b) il contrario, come in perfidus; c) passaggio attraverso, come in perrumpo.

[48] Risponde.

[49] Aggettivo sostantivato. Di tale nomignolo di disprezzo l’aquila superba avrebbe ben volentieri gratificato il gallo.

[50] (Enallage) aggettivo attribuitivo con funzione avverbiale: laetanti animo. L’aquila è lieta davvero, ma solo per l’imminente amarissima delusione del gallo.

[51] Il possessivo mi (vocativo di meus) vuol essere ridondante di ipocrita tenerezza. Nei primi tre versi della risposta dell’aquila v’è affettata ridondanza di espressione. La (simulata) condiscendenza del superbo animale è resa più sensibile dagli slegati elementi della terza dipodia del primo verso, cioè dallo spondeo irrazionale laetans e dal giambo tua, dai quali si stacca, a sua volta, il tibi (tesi del dattilo precedente, la cui arsi è in cesura hephtemimerés); in altre parole, scandendo qui il ritmo, si è voluto meglio dar risalto al pensiero.

[52] Ha valore concessivo ed esortativo insieme.

[53] Enfatica l’una e l’altra parola: hinc: di qui, dalla mia reggia! …; ego: io, la regina dei volatili!…

[54] Guardati dal pretendere «ma nun pretenne che m’abbassi io». Cave (più spesso senza ne) col congiuntivo è uno dei modi di tradurre, l’imperativo negativo (ricorda che cave ut ha valore di un imperativo affermativo: cave ut proficiscaris guardati dal non partire, parti). Quali sono gli altri modi per esprimere in latino il comando proibitivo? Osserva: il trapasso tra i concetti dal tono prima condiscendente, poi altezzoso, è reso col brusco passaggio dall’indicativo e dal congiuntivo all’imperativo cave. Con esso l’aquila getta la maschera e si sbugiarda da sé.

[55] Devolare è volare giù, discendere a volo: la preposizione de in composizione col verbo, è un prefisso di allontanamento (daal’alto in basso). Hinc e devolem, ai due estremi del verso, vogliono significare con maggiore efficacia che per l’aquila è un assurdo di poter discendere da tanta altezza in così basso loco.

[56] Espresso, ha senso di crudele dileggio.

[57] Forma sincopata di novisti (perfetto con valore di presente: sai, conosci; quali sono gli altri verbi del gruppo?)

[58] Genitivo di quantità retto da sat.

[59] Proposizione tenporale espressa con l’ablativo assoluto, mentre l’italiano dice: «spalanca l’ale e vattene per aria». Il periodo italiano è analitico e preferisce, in genere, la coordinazione (la paratassi), mentre il p. latino è sintetico e preferisce, in genere, la subord. (l’ipotassi). È  necessario, nel tradurre, tener presente questa diversa indole delle due lingue.

[60] Anche in prosa, meglio che aetherem.

[61] Ausa … audere, l’allitterzione vocalica ha del canzonatorio.

[62] Accusativo avverbiale per eius generis 8di tal fatta).

[63] munere galli, le due parole collocate in posizione fortemente accentuata (fine e principio di verso)  e l’avverbio istic (in antitesi col resto del verso “ut aquilae, hic ipsamet”) voglione far sentire tutto il disprezzo dell’aquila per il deluso e deriso crestato. L’ellissi di “munere fungi pergo” tende a rendere con la rapidità dell’elocuzione, più efficace l’antitesi, o, meglio, da cinica egoista.