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    L’ambiente politico al tempo di Vincenzo de Franchis

 

Sull’annuario dell’Associazione storica, fra gli Illustri del Medio Volturno non poteva mancare Vincenzo de Franchis.

Ho voluto ricordarlo, pur dovendo cimentarmi in una disciplina non mia, pur dovendolo restringere in un breve studio.

Come per altri lavori lo scopo è di ricordare e di riportare all’ammirazione i nostri illustri, e di riportare l’indagine sul Meridione di oggi, l’antico reame di Napoli e le sue istituzioni, ed anche sulle nazioni che vi ebbero contatto, nel caso in esame la Spagna.

Questa irreprensibile figura di magistrato, questa savia figura di uomo incontra la mia reverente simpatia. Non è lo scontento che rimugina mutamenti e rivoluzioni, ma è chi sta fedele alle istituzioni e alle leggi, moderandole con quella mitezza che gli viene da una religiosità sentita, e dalla comprensione dell’umana miseria.

 

 

L’ambiente politico.L’epoca in cui vive ed opera De Franchis è il secolo di Filippo II. Per capirlo in quell’ambiente non farò voli di fantasia assicurando che è storia, né mi esprimerò con giudizi tronfi e astiosamente prevenuti chiamandoli obbiettivi. Dirò che l’impero di Carlo V, anche se decurtato dagli stati austro-boemi e della corona imperiale, continuava ad esistere nella confederazione di stati europei uniti alla Spagna, e nelle immense colonie. Il reame di Napoli era uno di questi stati ereditati da Filippo II. Liberalismo e nazionalismo vedranno in questo legame l’asservimento. Il legittimismo lo ha visto come legame soltanto dinastico, che non asserviva per niente un popolo a un altro, né lo lasciava ingoiare. Nella visione legittimistica, specie se pluristatale, spariva la persona fisica del sovrano, tedesco o spagnolo che fosse, e chi da Vienna o da Madrid regnava sugli stati ereditati, appariva come un poliedro unico per tutti e diverso nei vari stati. Egli era garante dell’esistenza dei popoli ereditati. In questo ambiente ideologico vive De Franchis. L’altezza dell’ingegno lo porta assai in alto, fino a Madrid, e sta a provare che da parte degli stati confederati funzionava una partecipazione responsabile alle direttive centrali.

 

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