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Gioia Conta Haller

RICERCHE SU ALCUNI CENTRI FORTIFICATI IN OPERA POLIGONALE IN AREA CAMPANO-SANNITICA...

(Napoli, Accademia di Archeologia, 1978, pp. 41-43)

 

 

 

CAPRIATI AL VOLTURNO

 

La cinta fortificata individuata a NE di Capriati al Volturno, in località Mandra Castellone, a quota m 647[1], è certamente, tra tutte le cinte qui considerate, la più difficilmente accessibile, e, allo stesso tempo, la più piccola, in quanto, essendo quasi perfettamente rotonda, il suo diametro misura circa m 80 (Tav. XXXIV, figg. 1-2). Essa domina la valle del Volturno nel punto di passaggio obbligato per chi si dirigeva,lungo la sponda sinistra del fiume, verso il Sannio interno[2], e per chi da Venafrum voleva portarsi lungo il corso superiore del Volturno. La cinta è posta sul cocuzzolo più avanzato verso la valle del Volturno dei due colli, aventi la stessa altezza (m 647-646), che sorgono nel vallone tra i Monti Gallo (m 726) e S. Crocella (m 827), appartenenti al massiccio del Monte Cesavaiutti (m 1006).

Il muro di fortificazione, alto fino a m 3,50, è abbastanza ben conservato: i grandi blocchi, piuttosto irregolari, ricordano nella forma grossolana quelli delle cinte di Monte Alifano e di Piedimonte d’Alife (Tav. XXXV, figg. 1-2). La porta si doveva trovare con ogni probabilità nel punto più alto, verso SE, dove sale anche un sentiero, molto erto da Capriati.

La posizione dominante, l’esiguità dell’area compresa tra le mura, la difficoltà dell’accesso, la notevole altezza rispetto alla quota della pianura (m 450 circa), e la mancanza del cocciame, solitamente presente nell’area delle alte cinte, fanno pensare ad un’utilizzazione molto saltuaria della cinta, per scopi esclusivamente militari di avvistamento e di segnalazione.

La zona circostante non è mai stata esplorata, ma numerosi indizi fanno pensare ad un insediamento, almeno in età romana. A S, ai piedi della collina, nei pressi della Masseria Paglietto, presso l’attuale centrale Enel, una vasta zona è completamente disseminata di cocci di età romana, e vi affiorano anche strutture apparentemente di età repubblicana; resti sparsi di ceramica si ritrovano anche poco lontano, più a N, accanto a Masseria Sprofunno, e nel tratto di pianura che scende fino al letto del fiume Volturno.

Non si sono trovate finora tracce di materiale sannitico[3]: d’altra parte il ponte Latrone, più a N, fu forse costruito dai Romani, come è molto comune, su un guado di età precedente[4] (Tav. XXXV, fig. 3). Il ponte permetteva l’attraversamento sul fiume della strada che dal tronco Aesernia-Venafrum portava ad Allifae correndo ai piedi del Monte Gallo e del Monte S. Crocella[5] (dove si trova proprio la nostra cintà). Questa strada è ora ricalcata dall’odierna statale. Per quanto riguarda il Ponte Latrone, esso conserva ancora i resti di pilastri. Le arcate dovevano essere almeno due o tre, rivestite di conci di calcare, mentre il resto del manufatto era in opus incertum. La larghezza del ponte è da calcolare sui m 7,40 e cioè circa 25 piedi. Il sistema di costruzione lo fa datare ad età tardo repubblicana[6].

La zona doveva appartenere al territorio di Venafrum (che dista solo km 6) o forse si trovava al confine fra questo e quello di Aesernia. La diocesi, a cui apparteneva Capriati, era quella di Venafro[7]. Venafrum ha dato finora scarsi indizi della sua origine sannitica, anche se sembra probabile l’ipotesi che l’arce di tale periodo sia da collocare nell’area occupata poi dal castello medioevale[8].

Ritornando alla zona sottostante la cinta, la continuità del probabile insediamento antico è assicurata, per quanto riguarda l’età medioevale, da costruzioni a mezzacosta di cui i resti più notevoli sono costituiti dall’abitato altomedioevale di S. Tomeo (m 312), a SE del costone Cantagallo.

Con questa cinta siamo giunti nel punto più a N della zona presa in considerazioe in questo lavoro: passiamo ora alle due cinte che sorgono fra il lato destro della valle del Volturno, ad O di Venafro, e la media valle del Liri[9].

 

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[1] Ubicazione IGM 161 III NE Capriati al Volturno (rilievo 1946).

[2] Ho rilevato resti di una strada certamente di età romana, ma forse ricalcante un tracciato più antico, tra Monteroduni e Vallelonga (Tav. XLIX, fig. 3).

[3] Solo più lontano, a Fontegreca, presso il vecchio cimitero a SE di Capriati al Volturno nella valle del Sava, è stata trovata una tomba di età arcaica.

[4] Il Trutta, op. cit., pp. 226-228 lo chiama Ponte Ladrone: esso è stato sostituito in epoca moderna con un ponte più a N, il cosiddetto ponte a 25 archi, che testimonia il cambiamento del corso del Volturno.

[5] La Tabula Peutingeriana a questo riguardo è estremamente confusa; anche il tentativo di ricostruzione del Miller non è del tutto convincente (op. cit. fig. 100). Forse più attendibile sotto certi aspetti è il tentativo di Cuntz (op. e loc. cit.) in cui la statio Cluturno viene posta tra Aesernia e Allifae. Tale stazione è forse localizzabile ad O dell’attuale Capriati dove affiorano i resti di cui sopra si è parlato.

[6] Accanto ad esso, in epoca tardo medievale, sorse una piccola cappella.

[7] Giustiniani, op. cit. X, 1805, p. 28.

[8] La Regina, Venafro, cit. pp. 63-65.

[9] Per alcune considerazioni storico-topografiche sulla regione lirina, v. G. Colasanti, Fregellae, Storia e topografia (Biblioteca di geografia storica I), Roma 1906, pp. 1-27, e da ultimo Sommella, Per uno studio degli insediamenti nelle valli del Sacco e del Liri in età preromana, in “St. Etr.” XXXIX, 1971, pp. 393-407. Per la viabilità antica nelle zone dell’alto e basso Liri, v. S. Aurigemma, Configurazione stradale della regione sorana nell’epoca romana.