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Vincenzo Mazzacane

 

FERDINANDO II A CERRETO

 E LA COLONNA ERETTA IN SUO ONORE NEL CAMPO DEI MARSI

(in Archivio Storico del Sannio Alifano... Anno II, n. 6, 1917, pp. 139-142)

 

 

 

La notte del 21 novembre 1851, dopo continue e dirotte piogge, violentemente urtato da alcune piante di quercia che la piena dell’acqua trasportava, cadde il ponte di ferro detto Maria Cristina costruito circa sedici anni prima sul Calore, presso Solopaca.

Era stata intanto già finita la strada comunale che dal miglio 23 della Sannitica per Amorosi e San Salvatore mena a Cerreto e di qui a Guardia, ove si ricongiunge con la Sannitica, e vari paesi vollero giovarsi di quella circostanza per chiedere che fosse dichiarata regia e che un altro ponte in fabbrica si costruisse sul Calore, al Torello, presso Amorosi.

Molte suppliche vennero dirette al Re: da una parte, in favore della nuova costruzione, si schierarono S. Lupo, Guardia, Cerreto e Cusano; dall’altra, Solopaca e San Lorenzo Maggiore che temevano la Sannitica prendesse diversa direzione. Ferdinando dette incarico al capitano del Genio Del Carretto di percorrere, insieme al cav. Achille Iacobelli, sia il braccio di strada che dal ponte Maria Cristina mena direttamente a Guardia, sia l’altro che per San Lorenzo Maggiore si innesta con la Sannitica al ponte Paolella, sia infine quello che dal miglio 23 della Sannitica, per Amorosi, S. Salvatore e Cerreto, si ricongiunge presso Guardia a detta Sannitica, e di esaminare tutte le vertenze sorte, presentando gli opportuni rilievi.

Un dettagliato rapporto venne redatto; ma o perché preferisse rendersi esatto conto della posizione dei luoghi, o perché indottovi dalle insistenze del cav. Iacobelli, da lui onorato di affettuosa intimità, il Re si decise a percorrere il primo e il terzo braccio di strada.

 

Il 9 febbraio 1852, tra le ore sedici e le diciotto, accompagnato dal Ministro degli Interni, da quattro ufficiali superiori e da circa trenta usseri a cavallo, Ferdinando II giungeva a Cerreto. La mattina era pervenuta notizia che egli sarebbe arrivato da Guardia; ma il Re muovendo da Caserta percorse invece la strada che dal miglio 23 della Sannitica per Amorosi e S. Salvatore conduce a Cerreto. Smontato di carrozza all’entrata del paese, si recò in Cattedrale ove a quell’ora non si trovava che il solo sagrestano. Questi suonò a distesa e immediatamente accorsero il rettore del Seminario, tutto il clero, il giudice, il capo-urbano con i suoi militi, moltissimi gentiluomini. Fu esposto il Santissimo e dopo la benedizione il Re passò nel Seminario dove visitò le camerate, le scuole e la cappella, ammettendo i seminaristi al bacio della mano. Il teologo Nicola Ciaburri trovò opportuna occasione di impetrar grazia, in nome del paese e del Capitolo, per la separazione della nostra diocesi da quella di Alife, insinuando che si sarebbe potuto provvedere al difetto della Mensa con le rendite della badia di S. Maria delle Grotte rimasta vacante per la morte dell’arcivescovo di Capua don Francesco Cassano-Serra, e il Re annuì sorridendo.

Fuori erasi frattanto radunata una calca immensa che plaudiva. Ferdinando uscì, attraversò il paese lasciando lungo la strada vari doni in denaro; una polizza di ducati cento consegnò al Vicario per i poveri e, largamente acclamato, prese la via di Guardia e per Solopaca ritornò a Caserta.

 

All’avvenimento sono legati due fatti importanti per la storia di queste contrade, e cioè la costruzione del ponte al Torello e la reintegrazione della diocesi di Telese-Cerreto. Il Re infatti accogliendo le suppliche ricevute dispose la separazione delle due diocesi di Alife e Telese-Cerreto, sollecitando dal Pontefice analoghi provvedimenti; decretò la restaurazione del ponte Maria Cristina e volle pure che fosse conservata la strada comunale che parte dal miglio 23 della Sannitica, e che al Torello si costruisse altro ponte in fabbrica. Questo ponte fu poi costruito a sue spese dal Iacobelli, uomo variamente giudicato, ma cui nessuno potrà negare la visione chiara di nuove esigenze, lo spirito irrequieto di iniziative, l’energica facoltà di organizzare; e la costruzione ne travolse i destini e ingoiò le fortune.

A ricordare il viaggio del Re, auspice il Iacobelli, si volle innalzare nel Campo dei Marsi, lungo la strada che da Cerreto mena a S. Salvatore, nel posto ove il Monarca erasi soffermato per circa mezz’ora, su la sommità del cosidetto Epitaffio, una colonna marmorea che attestasse l’affetto dei sudditi e la riconoscenza per le grazie ricevute.

Il monumento sorse a brevissima distanza di tempo, in forma snella, e tuttora, quantunque notevolmente deteriorato, sussiste[1]. Il 30 maggio di quello stesso anno 1852, giorno onomastico del Re, se ne festeggiò la inaugurazione con una cerimonia solenne e brillante al tempo stesso. Fin dal 27 il cav. Iacobelli, che teneva il comando supremo delle guardie urbane per speciale privilegio concessogli dal Sovrano, aveva impartito istruzioni ai dipendenti con quella precisione che la circostanza richiedeva[2]. La mattina del 30 si riunirono in Cerreto alle milizie urbane del paese quelle di Guardia, Pontelandolfo, Morcone, e dopo essersi messe in quadrato in piazza S. Martino sfilarono per il luogo ove il Monumento sorgeva. Erano precedute da due guardie di onore, da dodici carabinieri a cavallo e da sei guardie di P. S. venute da Campobasso e Caserta, e seguite da uno stuolo di autorità e di privati; l’intervento di cinque bande musicali rendeva più brillante la marcia. Sul posto, rimpetto alla Colonna, era stata eretta una magnifica orchestra e dopo la benedizione cento voci cantarono un inno dettato per l’occasione da Filippo Iuliano e musicato dal maestro Giuseppe Paoletti[3]. Seguirono gli spari a salve, le grida di Viva il Re, e poscia si fece ritorno con lo stesso ordine in Cerreto, ove nel Duomo fu cantato l’Inno Ambrosiano. Splendide luminarie, discorsi in lode del Sovrano, recite di svariati componimenti poetici chiusero la festa tra la generale delizia.

 

Occorre per la verità rilevare che l’omaggio reso al Re corrispondeva ai sentimenti che per lui nutrivano queste popolazioni.

Cerreto, ove tra il ’99 e il ’20 non erano mancate affermazioni di giacobini e carbonari, aveva accolto con non ostentata gioia Ferdinando II; e l’occasione felicemente carpita dal clero di chiedere grazia per la vuota diocesi, contribuì ad accrescere nel popolo le simpatie per il Re cattolico. Le quali si tramutarono in entusiastiche manifestazioni di riconoscenza quando Cerreto riottenne il suo vescovo in persona di Mons. Luigi Sodo. È noto che costui, uomo peraltro di rare virtù, era assai ligio e si tenne sempre tale al governo borbonico, come il clero  -tranne qualche solitario-  composto di persone colte ed influentissime in paese. L’affetto ben meritato di cui il popolo circondava il suo vescovo concorse a tener desti i sentimenti di attaccamento al Sovrano, e vari anni dopo, all’annunzio dell’attentato di Agesilao Milano, Cerreto fu tra i primi comuni ad esprimergli con feste e riti religiosi l’orrore per il delitto e la gioia per lo scampato pericolo[4].

 

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[1] L’iscrizione riportata dal monumento è la seguente: AD ETERNA MEMORIA / DEL GIORNO 9 FEBBRAIO 1852 / IN CUI / L’AUGUSTO MONARCA / FERDINANDO II / PER LA PRIMA VOLTA / QUESTI LUOGHI FELICITANDO / QUI FERMAVASI / E DECRETAVA / POTERSI / COSTRUIRE IL PONTE AL TORELLO / DOVERSI / QUESTA STRADA CONSERVARE. Sullo zoccolo, poi, è inciso:  DALLA GRATITUDINE.

[2] Dalla « Corrispondenza del capo-urbano di Cerreto Tommaso Carizzi ». Collez. Mazzacane.

[3] « Per la colonna innalzata a S. M. Ferdinando II nel campo dei Marsi in tenimento di Cerreto – Inno », di Filippo Iuliano, collez. Mazzacane.

[4] Crf. Conte Francesco Viti: « Sul Distretto di Piedimonte d’Alife in Terra di Lavoro – Cenni economici-amministrativi ». Napoli 1857.