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M. DELLA CORTE

 

ALIFE – Esplorazioni archeologiche

 

(In Atti della R. Accademia Nazionale dei Lincei – Notizie degli Scavi di antichità – estratto dal vol. IV, Serie VI, fascicoli 4°, 5°, 6°, 1928, pp. 229-240)

 

 

 

[235] Sono rimaste finora inedite le notizie relative ad una breve campagna di scavi condotta, con la mia diretta assistenza, dal compianto dott. Innocenzo Dall’Osso nel territorio del comune di Alife, allo scopo di raccogliere una più completa documentazione storico-archeologica per quell’importante lembo del Samnium ai confini della Campania, dopo i saggi che soli se ne erano avuti in precedenza dagli scavi eseguiti negli anni 1880-1884, in contrada « Conca d’oro » dal sig. Giacomo Egg, ed ampiamente illustrati da H. Dressel[1].

Tali esplorazioni non durarono che undici giorni, e misero in luce dapprima in città, nell’ambito delle antiche mura di Alife, gli avanzi di una domus, costruita tra la fine della Repubblica e gli inizi dell’Impero; e poi nella campagna, alla contrada « Croce S. Maria », una cinquantina di tombe sannitiche, ad inumazione, della necropoli Allifana. Povere le une, più povere le altre, le sepolture incontrate e scavate facevansi attribuire per le loro suppellettili ceramiche e metalliche, in parti eguali, le più antiche, che qui per brevità chiamerò arcaiche (=A.), approssimativamente ai secoli V-IV, riferivansi cioè ad Allifae autonoma; le più recenti, o sannitiche tarde (=T.), ai secoli III-I av. Cr., e riferivansi ad Allifae già caduta in potere di Roma (dall’anno 310 av. Cr.: Diod. 20,35; Liv., IX,38)[2].

Do conto qui dei risultati ottenuti dalla breve campagna di esplorazione, pubblicando, con i giornali dello scavo relativi alle due distinte indagini condotte, anche il catalogo di alcune suppellettili funebri che il Dall’Osso ebbe occasione di acquistare dalle mani di privati cittadini Allifani in quell’anno stesso, in due riprese, per le collezioni del Museo Nazionale di Napoli. Tali suppellettili d’acquisto provenivano in massima parte, secondo le dichiarazioni dei venditori, dalla necropoli di S. Angelo d’Alife, ma alcune di esse proprio [230] dalla Contrada Croce S. Maria, che il Dall’Osso volle di poi sondare per conto dello Stato.

A comprovare una civiltà più remota, che potrà col tempo indagarsi nella regione – e non scarsi indizii ne ha recentemente rivelati il ch. Soprintendente dott. A. Maiuri[3] - sta sola per ora una bella scure di bronzo (n. 29 del 1° elenco d’acquisto, fig. 4e); mentre per i due periodi storici di sopra indicati costituiscono una congrua documentazione ceramiche e suppellettili funebri varie, così di acquisto come di scavo, tanto quelle rinvenute dal Dall’Osso nei suoi limitatissimi saggi alla contrada Croce S. Maria, e che qui descrivonsi, quanto quelle ben più numerose e varie che fruttò la ricca e vasta necropoli della contrada Conca d’Oro, sistematicamente esplorata tutta, ed illustrata dal Dressel, alla cui relazione (op. e loc. cit.) avrò frequenti occasioni di riferirmi.

 

 

Necropoli di Croce S. Maria di Alife

 

Come campo di utili ricerche, attese le non poche precedenti scoperte fortuite, fu scelto il giovine oliveto del signor Giuseppe Pisaturo, sito in dolce pendio alla contrada Croce S. Maria, posto ad occidente del fabbricato colonico, e chiuso negli altri lati dalle vie Croce S. Maria, Madonna delle Vergini e viale d’accesso al fondo; e, più precisamente, quell’appezzamento di m 57x9, che si stende da NE a SO fra i due filari mediani di olivi del fondo stesso.

Quivi, adunque, furono successivamente aperti venti cavamenti di m 9x3 ciascuno circa, fino ad esaurire in superficie l’area indicata, e condotti in profondità fino a m 1-1,50, cioiè fino a toccar il sodo, consistente qui di uno strato terroso compatto, duro quasi come tufo (tassone), lì dalla affiorante roccia litica, che è un conglomerato di ciottoli calcarei.

Le tombe più antiche, o arcaiche (=A.), consistevano di casse rettangolari ricavate dalla nuda terra, orientate di preferenza da nord a sud, nelle quali il sito della deposizione dell’inumato era segnalato fuori od a fior di terra da grossi ciottoli calcarei, rinvenuti ordinariamente in numero di 10-15, meno in un caso solo, nel quale i ciottoli costituivano un vero e proprio mucchio[4].

Le deposizioni più recenti, o sannitiche tarde (=B.), erano del pari casse rettangolari nella nuda terra, raramente coi piedritti in muratura, orientate quasi tutte da est ad ovest, e superiormente coperte di tegoloni o in piano orizzontale, o in due filari accostati in due pioventi[5]. In un caso solo lo scheletro di un adolescente era chiuso in un rustico sarcofago di tufo. Questo e non altro si [---]

...

[239] i pavimenti di tre ambienti contigui – ed, in secondo luogo, all’angolo NE dell’aia di Cornelio Filomena, dove si scoprì il grande e solido impluvio di travertino della casa stessa.

Del pavimento del primo e più vasto ambiente, poté scoprirsi il solo lembo longitudinale meridionale 8non se ne vide il centro), di m 6,40x1,65: era di buon musaico, a tessellae di m 0,01 di lato, a fondo bianco incorniciato da due listoni neri. A sud del primo, altri due ambienti si notarono, e di essi l’uno, esplorato per m 2,90x2,50, allo spigolo del giardino, aveva il centro del suo fondo bianco occupato da un riquadro a duplice reticolato nero, normale, di tessere di mm 13 di lato; l’altro, immediatamente ad ovest del precedente, esplorato per una superficie doppia all’incirca, dovette essere un grande salone, del cui musaico geometrico, nero su fondo bianco, sconvolto rotto e disperso, avanzava soltanto un breve tratto sotto la parete nord, esibente un grande rettangolo, con larghi fascioni neri terminali, limitanti in giro l’intero pavimento.

A m 0,45 di profondità, dotto questo salone, si scoprirono tenui avanzi di due muri, formanti l’angolo NE di una camera (dal pavimento di solido calcestruzzo) di una casa più antica, sulle cui demolizioni si era distesa la signorile dimora romana incontrata; ed ivi stesso, la canna circolare, di una piscina del sottosuolo, accanto alla quale una fogna in muratura, coperta di tegole messe in due pioventi.

Dal giardino di Cornelio Filomena venne fuori, coordinato con i ruderi delle costruzioni descritte, epperò formante con essi un’unità sola, il grande monumentale impluvio, D, dell’atrio tetrastilo della casa, misurante piedi 18x13, cioè m 5,29x3,97, e consistente di 18 blocchi (ne mancavano soli 4) di travertino finemente lavorati: 9 per il fondo abbassato, solamente spianati, e 9 per le sponde della cornice rettangolare, dalle semplici ma eleganti modinature. Due canaletti di scarico traversavano la sponda occidentale del bordo di travertino, inclinandosi in fuori verso ovest (e presumibilmente, quindi, in direzione del vestibulum e della via). Delle colonne che una volta si ergevano ai quattro angoli dell’impluvio a sostenere il tetto dell’atrio, null’altro si trovò a posto che la base di travertino della colonna N-O di pianta esagonale, larga 0,93.

Di là dal vicolo Giovanni Alferio fu sondato il terreno nei giorni 14 e 15 giugno, nel fondo della Signora Giulia Palmieri, in corrispondenza dell’impluvio descritto, scoprendovisi un tratto di muro, forse più tardo, corrente in direzione SN, ma non coordinato con i ruderi della casa; ed, a pié di esso, un suolo di semplice terreno battuto.

In quanto a suppellettili, non altro che frammenti si raccolsero nei limitati movimenti di terre, determinati dai saggi descritti: frammenti cioè di stoviglie varie di terracotta, di anfore vinarie e di vasi aretini; abbondanti rottami delle tegole e degli embrici dei tetti, pezzi di stucco delle pareti dipinte, scheggie di [240] lastre di marmo e frammenti di pavimenti di ogni varietà e tecnica, un medio bronzo imperiale e quattro monetine medioevali in pessimo stato di conservazione.

 

***

 

Chiudo queste notizie ricordando che nell’aia del signor Giuseppe Pisaturo si conservava un parallelepipedo di travertino, di m 1,04x0,33x0,45, nel cui fronte era conservato il solo inizio di un titolo funebre in grandi e bene incise lettere:

 

L . SAE...

 

(Sae[nius?], Sae[pinius?]). Cfr. C.I.L., IX, p. 724

 

 

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[1] Annali d. Inst., 1884, p. 219-268, e tavole d’agg. O e P; cfr. Notizie degli Scavi, 1880, p. 83, 84; 1881, p. 168-170.

[2] Cfr. H. NISSEN, Italische Landeskunde, II, p. 799; F. Von DUHN, Ital. Gräberkunde I, p. 610 sgg.

[3] Not. Scav., 1927, p. 450 sgg.

[4] La copertura di pietre, riscontrata nelle identiche circostanze anche alla Conca d’Oro (DRESSEL, op. cit., pp. 225 e 266), ma a profondità ben maggiore, è considerata come rituale dal Von DUHN, Ital. Landesk., p. 611.

[5] DRESSEL, p. 224.