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Giovan Vincenzo Ciarlanti

 

MEMORIE ISTORICHE DEL SANNIO

1644

 

 

 

Libro primo (pp. 53-56)

 

 

Cap. XIII

Alife

 

Fu questa una delle sette Città principali de’ Sanniti, secondo il Frezza, e situata in un piano poco distante dalle radici degli adjacenti del Monte Matese della parte di mezzo giorno, e sebene è ora poco abitata, che in questa ultima numerazione, vi stanno solamente annoverati fuochi cinquantasei; tuttavolta stanno questi racchiusi dentro forti mura, disposte in forma quadrata, ove anche al presente sono le torri, e le muraglie d’intorno tutte intere, e con tanto artificio fabbricate, che ben dimostrano essere stata famosa, e forte Città dopo tante rovine, che ha patito; e dove prima dentro le sue spaziose mura erano folte case, e buone abitazioni, ora vi si scorgono ampi giardini,e coltivati campi da quei pochi abitatori, che vi sono. Il Frezza attribuisce questo ancora alla corruzione dell’aere, che per lo più le mattine si vede di denza nebbia ripieno, cagionata dalle molte acque, che per la sua campagna se ne corrono. Vi sta anche in piedi un forte Castelo per quanto appare, se bene ora desolato da quel tempo, in cui quel Conte di Alife, e ‘l suo cognato Conte di Montorio nipote di Paolo IV furono in Roma decapitati nel 1561, a tempo di Pio IV.

Avanti la porta detta Beneventana se ne corre il fiume Torano, il quale ha l’origine da due miglia più sopra nella Terra di Piedimonte, scaturendo in più luoghi del Monte predetto, e piacevolmente se ne passa per il territorio, e per le mura di Alife, e con tanta comodità de’ paesani, che possono portare quelle acque in qualunque luogo vogliono con lor molto utile, e dentro, e fuori per la campagna, e con molta vaghezza, e piacere di chi le vede; e quel che più importa assai facilmente, e quasi senza spesa. Per lo che si rende il luogo molto ameno, e vago, ed il territorio assai fertile, ed abbondante. Del che prese gran diletto il Re Ruggiero, come tutto ciò afferma Alessandro Abbate di S. Salvatore di Telese in questo modo: “Rex Roggerius post haec venit Allifas ut videret eam: qua visa, de ipsius amaenitate loci, Lympharumq. circumcurrentiium magna abundantia, fertur, valde sibi complacuisse. Quarum videlicet lympharum tanta erat obsecundationis facilitas, ut quandocumque qui vellet rivum ex eis productum in hortum suum ubicumq. esset, posset transducere: ejusque ad irrigandum olera pro velle suo famularetur”. Sono eziandio queste acque celebrate da Gio. Carlo Morello Capuano nelle sue opere poetiche. Livio ne fa più volte menzione, e la prima è nel lib. 8° l’anno di Roma 429, anni 323 avanti la venuta del Signore.

Il Frezza dice, che Fabio Massimo ristorasse Alife, e le rifacesse le mura, per la qual cosa gli Alifani volendo mostrarseli grati, a perpetua memoria, gli fecero questa inscrizione, la quale in un bel marmo in detta Città si vede: Q. Fabio Maximo Quint. Consuli Urbis et meniorum instauratori. Omnium peccatorum vindici. Ordo et Populus Alifanoru Patrono. Giano Grutero anche la pone nel suo gran libro delle Inscrizioni, con un’altra, che siegue, ma alquanto diversa, e non mutata la sostanza. Livio nel 22° dice, che Fabio seguitando Annibale, che con suoi fermato si era nel territorio Alifano, passato il Monte ivi da presso, in un’alto e forte luogo si accampasse. Fu questo uno de’ luoghi degl’indugj di sì gran uomo contro l’impeto di sì potente nemico, che aveva poco meno occupato quanto Roma possedeva, col cui indugiare fé di modo, che il tutto si ricuperasse fuor di ogni aspettazione, secondo Ennio, e Plutarco. Vi è un’altra iscrizione, la quale sta anche fatta per Fabio Massimo; ma pare, che sia per un’altro del medesimo nome, che rifece le Terme di Ercole abbattte dal terremoto, come in quella si vede: Fabius Maximus Rector Provinciae Thermas Herculis Vi Terremotus Eversas A fundamentis Restituit.

Avanti la guerra sociale fu una delle Prefetture, ove il Pretore di Roma mandava il Prefetto a reggerle, come dice Festo; che la numera tra le 22 Città, che furono Prefetture, come anche dicono Paolo Merola in Cosmografia, ed il Signo de de Antiq. Jere Ital. E dopo detta guerra vi fu condotta la Colonia chiamata miltare, come nelle altre, della quale così scrive Frontino: “Alife Oppidum muro ductum Ager ejus lege Triumvirali est assignatus. Iter populo non debetur”.

Vi si vedono molte altre inscrizioni, alcune de’ quali sono parimente poste dal Grutero, il quale dice averle avute dal dottissimo Antonio Agostino Vescovo di quella, che pe ‘l suo gran sapere dopo essere stato in Roma Auditore di Rota, e Referendario, alli 8 di Agosto 1561 dal Vescovado di Alife fu trasferito al Vescovado Illerdense, chiamato Lerida in Catalogna, ed ultimamente all’Arcivescovado Tarraconense a presentazione di Re Filippo II.

Gode del Sagro tesoro del corpo di S. Sisto I Papa il quale sta collocato sotto la Catedrale in un’altra Chiesetta inferiore, fatta con qualche spesa, ed artificio, alla quale per la detta Catedrale si scende.

Ha partorito molti uomini illustri, che non poco ornamento recano le hanno, ed in particolare Nicolò Alunno Gran Cancelliere del Regno a tempo della Regina Giovanna I il quale fu molto potente, e ricco, ed ebbe più figli, e fra gli altri uno chiamato Francesco Renzio che da Protonatario Apostolico fu da Urbano Vi Papa suo parente creato Diacono Cardinale del titolo di s. Eustachio a’ 14 di Dicembre 1389 nella quarta creazione de’ Cardinali, che fece a Nocera de’ Pagani. Ed in tali tempi fiorì ancora Monsignor Giovanni d’Alferio, che per la sua gran dottrina fu sublimato al Vescovado di detta sua Patria; de’ quali tutti più ampiamente a suo logo si favellerà.

È nominata ancora questa Città da Diodoro Sicolo, Tullio, Plinio, Silio, Antonino, Tolomeo, Paolo Diacono, Leone Ostiense, Eremperto, e da altri.

 

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